"Focus on artist": l'iperrealismo e il simbolismo "cosmologico" di Angioletta De Nitto

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Questa settimana protagonista della rubrica “Focus on artist”, dedicata agli artisti che si distinguono nel panorama contemporaneo italiano e internazionale per la loro originalità e valenza innovativa è Angioletta De Nitto. La raffinata tecnica delle velature - tipicamente iperrealista - adottata per realizzare i suoi dipinti e il simbolismo “cosmologico” racchiuso nelle sue creazioni, contraddistinguono l’opera dell’artista originaria di Mesagne, in provincia di Lecce. Da 20 anni attiva sulla scena artistica contemporanea, con personali e collettive nelle più prestigiose gallerie d’arte italiane e internazionali, la ricerca iperrealistica di Angioletta De Nitto è caratterizzata prevalentemente da soggetti simbolici tra i quali le biglie, che rappresentano microcosmi noumenici e da meduse “cosmiche”, simbolo d’immortalità. Recentemente ha realizzato al castello normanno svevo di Mesagne la personale “Frammenti di emozioni”, un’antologica sui temi del mare che racchiude una serie di opere, tra olii e acquerelli, tra il 1999 e il 2003. Lobodilattice ha intervistato Angioletta De Nitto per approfondire ulteriormente la sua opera.

Nell’ambito della tua evoluzione artistica cosa ti ha portato a prediligere l’elaborata tecnica dell’iperrealismo pittorico?

Credo che tutto nasca dal mio carattere. Del genere umano detesto soprattutto l’ipocrisia, le bugie, la falsità. Io sono una persona trasparente e sincera che ha il bisogno di veder chiaro intorno a sè. Non mi piace stare tra la folla e la confusione, non mi piace stare in primo piano, tutto ciò m’indispone. Con questo non voglio dire d’essere una persona solitaria, ma amo condividere quel poco tempo che mi rimane (dopo le dieci e più ore giornaliere, che dedico al mio lavoro) con quelle poche persone sincere e amiche che negli anni hanno conquistato la mia fiducia e che sono capaci di stimolare la mia mente. Il desiderare fortemente “chiarezza” e “pulizia” intorno a me è ciò che mi ha spinto nello scegliere questa tecnica per creare le mie opere. All’osservatore che si avvicina a contemplare una mia opera, ricambio quest’opportunità di chiarezza, affinché non abbia dubbi su ciò che vede e sul messaggio che il soggetto o i soggetti da me scelti esprimono. Spesso si equipara un’opera iperrealista a una foto, o meglio, alla riproduzione di una foto: nulla è di più sbagliato! Le mie opere nascono sia dalla visione diretta (vedi la serie: “Biglie-Uno di noi”, la serie: “Big-glie (or not)?” o quella delle “Nature Morte” sia da uno scatto fotografico; ma il soggetto, la sua collocazione nello spazio, la luce, la scelta prospettica sono elementi tutti studiati e decisi da me, ma ciò è solo il primo passaggio per realizzare un’opera. Si procede con la preparazione della tela, col disegno (bozzetto), e, ancora, la messa in opera del colore che dà vita all’opera dipinta, per finire con i tanti passaggi di velature che rendono l’anima all’opera finita. Per me, dipingere con questa tecnica è il metodo più trasparente e onesto con cui fare arte oggi.

Sempre a proposito dell’iperrealismo, qual è la tua personale concezione della pittura come linguaggio espressivo, in un’epoca - quella postmoderna - che ha spesso visto vacillare la sua centralità? Cosa pensi dell’opera del Maestro Luciano Ventrone?

Dal mio punto di vista sono d’accordo nel pensare che la pittura, intesa come linguaggio espressivo negli ultimi decenni ha quasi perso la sua centralità. Penso che qualsiasi forma di espressione artistica, se creata con capacità d’ingegno e tecnica, sia da rispettare, ma purtroppo è stata fatta troppa confusione e create tante bolle di sapone. Confusione causata proprio da tutti quelli che appartengono al mondo dell’arte: artisti o pseudo tali, e così per galleristi, critici, curatori, e le conseguenze sono state pagate dai collezionisti che, per tutto ciò, hanno perso il credo nell’investimento nell’arte pittorica. Per quanto riguarda Luciano Ventrone ebbi l’occasione di ammirare un suo lavoro dal vivo quando frequentavo ancora il terzo anno del liceo scientifico e ne rimasi incantata. Cominciai a leggere tutto quello che riuscivo a trovare sul suo lavoro, dunque ancor prima di aver superato gli esami di ammissione e poi frequentato l’Accademia di Belle Arti di Lecce. La tecnica pittorica di Ventrone è stata per me, e lo è ancora per tanti giovani artisti, una folgorazione. Quando osservavo una sua opera, quasi mi spaventavo, mi chiedevo come facesse a dipingere quella o quell’altra cosa in maniera così tanto reale da sembrare tridimensionale e ho cominciato a imitarlo per cercare come, quali e quanti fossero i passaggi pittorici che usava per ottenere tale perfezione di dettaglio. Dal lavoro di Luciano Ventrone credo dunque d’aver imparato tanto sulla tecnica dell’esecuzione pittorica iperrealista. Ho studiato tanto anche altri maestri, e tutte le volte che mi è stato possibile, ho visitato mostre, musei e fiere per ammirare dal vivo le opere dei grandi: Caravaggio, Rubens, Vermeer, e tanti altri. Tra gli artisti contemporanei apprezzo anche Giuseppe Carta. Oggi credo che tra gli artisti che meglio rappresentano l’arte iperrealista siano da menzionare: Mattew Cornell, Guennadi Ulibin e altri.

Tra i soggetti che ritrai le biglie, oltre alle nature morte, assumono un ruolo centrale nella tua opera, rappresentando  veri e propri microcosmi e riflettendo l’essenza di ogni essere vivente. Ma anche le “meduse cosmiche”, gigantesche, brillanti e stagliate nello spazio, che dipingi si collegano chiaramente a una concezione analogica tra cosmo e arte. Ci chiarisci questo collegamento nella tua prospettiva filosofica?

Si, le “mie biglie” altro non sono che la metafora dei nostri caratteri; biglie uniche, protagoniste così come lo siamo ciascuno di noi, biglie (le colorate palline di vetro con cui noi tutti abbiamo giocato da bambini) che perdono la loro identità e per divenire ritratti di uomini. Nella storia della filosofia, della matematica, delle religioni si legge come l’uomo si sia da sempre posto al centro del mondo. L’uomo nella sua onnipotenza ha scelto di identificarsi nelle figure geometriche del cerchio, (“l’Uomo Vitruviano” di Leonardo da Vinci) e nella sfera, figura geometrica solida, perfetta per antonomasia, per esaltarsi. Ricordo, a tal proposito, ciò che sosteneva Parmenide: “L’Essere è paragonabile ad una sfera perfetta, sempre uguale a se stessa nello spazio e nel tempo, chiusa e finita”, infatti per gli antichi greci il finito era sinonimo di perfezione. In questa mia produzione artistica io ho deciso di identificare l’uomo in una sfera. Da qui la scelta di dipingere palline di vetro trasparenti o opache, colorate o mono colorate, piccole o grandi, isolate o in gruppo; da prima disposte in uno spazio in cui conservavano la propria ombra, poi in una spazialità assoluta, perdendola definitivamente. La mia scelta di dipingere meduse ha invece avuto inizio dopo aver letto della scoperta, avvenuta circa una ventina di anni fa da parte di un’equipe di biologi marini italiani, capeggiata dal professor Ferdinando Boero, docente all’Università del Salento, di una medusa immortale dal nome scientifico “Turritopsis nutricola”. La mia idea di voler rappresentare l’immortalità aveva trovato il soggetto giusto; meduse il cui “soffio vitale non muore mai”, acqua nell’acqua che torna a rivivere solo se immortalato dallo scatto con il flash di un fotografo subacqueo. Insomma con le mie meduse ho voluto rappresentare quel soffio di vita che continua anche dopo la morte, dunque mi sono chiesta: perché lasciarle nell’oscurità degli abissi? E da qui l’idea di trasportarle nello spazio cosmico e quei puntini che prima erano il plancton (nutrimento per la loro vita) si trasformano in cristalli che disegnano le costellazioni celesti.

Quali sono gli artisti o le correnti artistiche di riferimento che hanno ispirato e   influenzato maggiormente la tua opera?

Se Luciano Ventrone è stato il primo maestro che ho studiato, molto altro ho imparato da altri. E’ bene studiare dai testi, ma, molto di più, si apprendere, osservando dal vivo le opere dei grandi artisti che hanno fatto la storia dell’arte. Ogni volta che mi è stato possibile ho visitato mostre, musei e fiere per ammirare dal vivo le opere dei maestri: Caravaggio, Rubens, Vermeer e tanti altri. Tra gli artisti contemporanei apprezzo anche Giuseppe Carta. Oggi credo che tra gli artisti che meglio rappresentano l’arte iperrealista, siano da menzionare: Mattew Cornell, Guennadi Ulibin e altri.  Le correnti artistiche che seguo? Sono: Il realismo, la nuova figurazione e l’iperrealismo internazionale.

A tuo avviso qual è il futuro dell’arte contemporanea italiana ed internazionale? Cosa ti entusiasma e cosa no della postmodernità?

Credo che la crisi economica, non solo italiana, che stiamo vivendo in questi anni ci costringerà a vivere un futuro non certo roseo. I privati e le istituzioni, sia nazionali, sia private nulla fanno per supportare e stimolare la creatività soprattutto dei giovani artisti, mancano fondi e finanziamenti. Oggi più che mai, per fare arte serve avere denari, per realizzare idee innovative, per sperimentare nuove soluzioni, artisticamente parlando e usare materiali diversi. La commercializzazione dell’arte ha tirato i remi in barca. Il perché ciò sia avvenuto, ormai, lo conosciamo tutti. Per quanto la seconda domanda…rispondo tutto e niente mi entusiasma della postmodernità.

L’artista, oggi più che mai, sente prepotente il bisogno di esaltare più che i simboli della cultura dominante, il vuoto che questi creano.

Secondo Angioletta De Nitto l’arte è rivoluzionaria?

Credo proprio di sì; l’artista ha la capacità di costringere l’osservatore a guardare tutto ciò che lo circonda con occhi diversi, con una percezione visiva diversa che può essere tanto dissacrante quanto consacrante. Una corrente artistica ha in sé la forza del cambiamento, per questo io penso che sia rivoluzionaria. L’arte, in tutte le sue espressioni (pittura, scultura, fotografia, istallazioni, performance) ha la capacità di dire, raccontare, denunciare, pubblicizzare, come anche fantasticare. L’arte non può più essere fine a se stessa, come lo è stata forse in qualche periodo storico o come lo è per un pittore o un principiante-artista nel momento in cui questi sono nella fase della sperimentazione delle tecniche pittoriche, copiando opere altrui o dipingendo una natura morta o un paesaggio d’altri tempi. Secondo me, l’arte che resta lontana dalla realtà, dalla società non può considerarsi rivoluzionaria, lo diventa invece quando restituisce al pubblico, visioni del momento storico attuale con chiarezza e trasparenza, denunciando ciò che non va, ma anche fantasticando ciò che vorremmo.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Negli ultimi mesi ho iniziato a lavorare su una nuova produzione di opere di medio formato, utilizzando sempre colori ad olio su tela. In questa serie ritorno a dipingere la figura umana, ma l’elemento caratterizzante sarà “la maschera”. Maschera che prende vita o copre la vita. In questo periodo storico, in cui tutti ci sentiamo insicuri, ognuno di noi ne indossa una. La voglia di urlare e di piangere si perdono dietro quella facciata di serenità che dobbiamo dimostrare dinanzi a chi ci incontra. Nelle mie opere, i miei volti danno finalmente spazio a tutte quelle emozioni represse e nascoste, perché chi le osserva possa dire a se stesso che non c’è nulla di male a dire che c’è qualcosa che non va, ed essere finalmente sinceri prima con se stessi e poi con gli altri.

 

http://www.angiolettadenitto.it/

 

 

 

 

 

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