L'ABITUDINE A "SIPARIO STRAPPATO" SULLA DIMORA

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Nelle fotografie di Nick Mascioletti spesso il soggetto umano è inquadrato di profilo, oppure di schiena. Là gli estranei finirebbero a posare, inavvertitamente? Nick Mascioletti taglia due elementi sul bordo verticale: l’impalcatura dello spazio espositivo, le scale mobili o le carrozze per la metropolitana, l’albero in riva al fiume, la sedia per consumare al bar ecc… Noi avremo l’impressione che la fotografia apra il “sipario” sulle abitudini del soggetto umano. Qualcosa che si svolge meccanicamente va percepita rinchiudendosi in se stessa. Chi è abituato esperisce l’interconnessione con un’esteriorità sempre “alla fine” del suo aprirsi per lui. L’azione meccanica appare una sorta di “sipario strappato”. Qualcosa in cui l’interconnessione con l’esteriorità “si rinchiuda in sé”, ed a causa dell’immediatezza. Nick Mascioletti esibisce il “sipario strappato” d’una vitalità che “temporeggi”, sui propri fini. Ad esempio, nel divertimento è chiaro che la percezione dell’abitudine ha un’immediatezza paradossale, in quanto la si vorrebbe continua… Nick Mascioletti inquadra il pescatore, “stretto” fra il lembo della riva e la gittata della sua canna. E’ il “sipario strappato” su un tipico passatempo. Il pescatore vuole divertirsi, nell’arco di poche ore! Quanti di noi fanno realmente attenzione alla gittata del Sole, da est verso ovest (dall’alba al tramonto)? Un’immagine solo abitudinaria, che Nick Mascioletti, tramite l’artificio della canna da pesca, ha il merito di svelarci nel suo “temporeggiamento”. Quando si monta in treno, la nostra interconnessione con l’esteriorità fondamentalmente dipende dall’immediatezza d’una destinazione. C’è così il “temporeggiamento” del passeggero, esonerato dall’obbligo della guida! Nick Mascioletti ha inquadrato “il sipario” su due convogli della metropolitana, dall’alto d’un piano a ponte. C’è lo “strappo” dell’avvenuta destinazione, ovviamente. La percezione dell’abitudine all’interconnessione però avrebbe “sfasato” se stessa. Complice il gioco prospettico, pare che una donna “volga le spalle” alla dicitura della sua destinazione. Lì Nick Mascioletti ha scardinato la “saldatura meccanica” nell’abitudine a vivere secondo un fine. Soprattutto la metropolitana pare comoda per recarsi a scuola, a lavoro, da un parente ecc… (evitato lo stress di guidare l’autovettura, nel traffico). C’è la fotografia in cui le persone del bar consumano all’aperto. Nick Mascioletti sceglie di tagliare a sinistra un tavolino, a destra una sedia. Nell’arco d’una giornata, capita davvero a molti di consumare il “rito” del caffè al bar, per esempio. La fotografia mostra bene “lo strappo” d’un sipario. C’è la triangolazione fra il logo in alto e le persone, coi loro accessori. Quella si fa duplicare, “temporeggiando” solo al centro, mentre il nostro sguardo cade dentro “l’antro” del bar. Innanzi ad una vetrina, i prodotti s’espongono in via sempre “meccanica”. Conterà l’immediatezza di convincere il consumatore. Il logo in vetrina, in quanto sia duplicato sia circolare, forse si percepirà in chiave sinestetica, dalla propria “cassa acustica”. Così, si rinforzerebbe il coinvolgimento del nostro sguardo. Lo zaino a destra ci pare “saldato male” con la sua consumazione, per l’allegoria del cliente che “si stravacchi” (temporeggiando al massimo, prima di tornare ad espletare ogni obbligo familiare o lavorativo).

Più in generale, Nick Mascioletti avrebbe rivisitato la moderna dimensione dell’interfaccia. Nei suoi scatti, le persone ignorano d’essere state inquadrate. Spesso si vede una persona “affaccendata” allo smartphone, con le palazzine sullo sfondo (aventi le classiche porte). Esteticamente, è la dimensione dell’interfaccia che “saldi” il proprio “strappo” all’interconnessione. Lo smartphone si percepirà aprendo “un sipario” sugli interlocutori, e verso “l’antro” della loro intimizzazione. Un qualunque avatar ci parrà a tal punto a portata di mano, “strappando” il dito con un “click”. E’ l’evoluzione del display, dove tutta la “meccanicità” del digitale virtualmente potrà trasferirsi nella “consumazione emotiva” d’una videochiamata, ad esempio. Immediatamente si temporeggia, ove la distanza nello spazio si faccia annullare. Allo smartphone, gli interlocutori “si sentono” sempre “vicini” fra di loro.

Chi scatta, rivendica per sé il “privilegio” di vedere ben oltre la mera visione. Egli sezionerà una composizione, oppure esalterà un colore. Il fotografo Nick Mascioletti avrebbe trovato una “dimora”, per le nostre abitudini. Soprattutto chi vive nella città occidentale deve barcamenarsi: fra gli orari d’ufficio, le pause per lo svago, gli “appunti” in famiglia ecc… E’ comodo percepire l’abitudine nella propria immediatezza, senza accorgersene. Inoltre, idealisticamente e romanticamente all’artista si chiederebbe “d’uscire” dall’ordinario. Nick Mascioletti ha inquadrato una bambina, probabilmente dentro ad una mensa scolastica. Lei s’è avvicinata alla vetrata, e guarderà fuori. Una mensa si percepisce in chiave parecchio abitudinaria. Là, i piatti si sfornano per tutti (a prescindere dai gusti personali). C’è poi il rapido scorrimento dei vassoi, sotto le basse mensoline. Forse, all’improvviso la bambina vorrebbe uscire, e dal “sipario” della bifora. Il pianoforte a coda può assegnare romanticamente una “dimora” al suono, aprendone la specchiera superiore… A Nick Mascioletti interessa esibire il rientro nell’abitudinario, perché il servizio della mensa favorisce il prendersi cura di se stessi. Tuttavia la bambina sente che le manca un fine. E’ interessante il dettaglio della bifora, laddove l’arcata “pseudo-oculare” in alto avrebbe “lo sguardo a strapparsi” (se allungato al centro, dalla colonnina). Solo l’interconnessione con gli Altri permette che noi ci diamo un fine. La bambina vorrebbe uscire dall’ordinario, e “strappando” il “siparietto” della bifora come “mensolina” (dove noi allunghiamo la nostra mano, per accaparrarci il piatto preferito!). Se lei avesse il vassoio, questo allora scorrerebbe sul davanzale. Quale può essere il fine della mensa, senza l’interconnessione con gli Altri (prima in famiglia, poi a scuola e quindi – un domani – a lavoro)? Il simbolismo del “controllo sociale” forse s’esprime meglio mediante l’apparente “svago” della televisione, al lato sinistro dello scatto.

Nick Mascioletti ha scelto di conferire una “familiarità” alle “molteplici facce” dell’abitudine. Su questa, in effetti, noi tendiamo a non soffermarci… Una dimora esteticamente si percepisce nell’abitudine di vivere guardando a se stessi. Dunque, citando uno scatto di Nick Mascioletti, noi dovremmo allenarci ad immortalare le “mille facce” della coppia che parli al tavolo, lungo il canale cittadino. E’ la dimensione della dimora, che finalmente si rivendica per se stessi (anche contro la frenesia del lavoro, o l’agognato svago). Più precisamente, il tavolo su cui la coppia si ferma a parlare non ci pare molto stabile. Esso è grezzo, come ad usarlo nella classica “scampagnata”. Nick Mascioletti favorisce la nostra percezione per cui si può dimorare dapprima in se stessi. Quanto è familiare la gita fuori porta! Qualcosa che permette di temporeggiare, nel divertimento di vincere le asperità del territorio (fra i prati e le rive), ricollocandovi il tavolino pieghevole (dove parlare, giocare, mangiare ecc…). La coppia inquadrata da Nick Mascioletti appare nel “sipario” fra due alberi. C’è tutta la rivendicazione d’una dimora che “strappi” le molteplici finestre dell’architettura urbana. Negli alberi, la chioma ha l’interconnessione più “intimistica” delle fronde, pieghevoli sotto “l’emotività” del vento. Il canale cittadino qui esibisce un argine “a tante facce”. E’ la stessa configurazione d’una pellicola cinematografica, tramite la quale forse si simboleggerà il racconto della coppia.

Le fotografie di Nick Mascioletti colgono l’interfaccia della vitalità. Non è un caso che a lui interessino gli ambienti lacustri, quando le rive letteralmente “abbracceranno” il nostro sguardo. Qualcosa che tornerebbe fra le vetrine dei negozi, lungo le strade affollate. Lo specchio favorisce la “liquidità” dell’immagine, con le “rive” della cornice a far naufragare l’Identità. Il pescatore ad esempio lancia la propria lenza? Questa diventerebbe “l’interfaccia” dell’ansia, perché almeno una trota abbocchi... Invece, l’appassionato di fotografia sarebbe capace di montare sul traliccio, pur d’immortalare l’uccello più sfuggente! Si percepirà così “l’interfaccia” dello stakanovismo! Nello scatto di Nick Mascioletti, l’appassionato di fotografia risale un’altana quasi per i tuffi (essendo quella prospiciente il lago). Qualcosa che configuri l’interfaccia delle rive, nel loro arginamento. Ovviamente, attraverso lo scatto fotografico, si percepirà che lo sguardo possa “strappar via” un’immagine del reale. Ci sarà stato “l’abbraccio” d’una lente. Specialmente al fotografo di reportage noi chiediamo “di tuffarsi” nell’ambiente o nella società, e spesso favorendo il “naufragio” d’un Potere.

Citiamo un quartetto del poeta Thomas Stearns Eliot, chiamato The Dry Salvages. Secondo lui, gli uomini “s’incuriosiscono” molto nella previsione del futuro, e nella ricostruzione del passato. E’ un modo per fermare il flusso temporale, percependo l’unicum del presente? Thomas Stearns Eliot spiega che gli uomini ricostruiscono la biografia di se stessi, attraverso le linee delle proprie mani, e laddove scrutano l’accadimento inevitabile, girando le carte da gioco. Ma il poeta preferirebbe che noi percepissimo il “punto d’intersezione” del senza-tempo, o meglio l’eternità. Una dimensione dove il presente non sarebbe nemmeno di rapporto: al passato (per la sua anticipazione), come al futuro (per la sua previsione). Thomas Stearns Eliot aggiunge che l’eternità accade “nell’interferenza” del trascendente sull’immanente. Noi potremo percepirla solo di rado, ad esempio mediante la grazia divina. Thomas Stearns Eliot cita anche la tasseomanzia: una pratica divinatoria basata sull’interpretazione dei fondi, nelle tazzine da tè.

Nick Mascioletti è entrato in un museo, fotografando la parete interna d’una sala. Là, si vede appeso un unico dipinto, abbastanza grande. Ai lati della parete interna, s’apre una sorta di corridoio. Torna così il tema estetico del “sipario” fotografico: questa volta “strappando” addirittura un momento d’intimità, per la coppia che si bacia appassionatamente, alla nostra sinistra. Secondo una statistica, almeno in Italia i tipici tentativi per “l’abbordaggio” accadono più frequentemente al museo, dopo la discoteca… Forse, innanzi al “temporeggiamento” della contemplazione artistica, noi siamo indotti a discutere, anche con gli sconosciuti, in merito al vero significato d’un fenomeno estetico? Al lato destro della fotografia, un signore anziano indossa dei pantaloncini abbastanza giovanili. Egli verosimilmente sta guardando un’altra opera d’arte, e dietro la parete interna. Quanto Nick Mascioletti avrebbe inquadrato simbolicamente uno “scenario” sugli “strappi” per le fasi della nostra vita? Il più grande amore fra i coniugi non potrà evitare che quello alla fine si rompa, quando uno di loro morirà (si spera, in età molto avanzata!). Inoltre, esistono gli “strappi” delle infatuazioni, soprattutto durante l’adolescenza. A destra, il signore anziano almeno visivamente pare solo. Nick Mascioletti avrebbe “scrutato” l’accadimento inevitabile della vitalità che letteralmente “interferisca” con l’eternità. In quest’ultima, la giovinezza “temporeggia” con la vecchiaia. Appeso alla parete interna, c’è un dipinto dove le persone consumano al tavolo, forse con l’aria “pensierosa”. Qualcosa da percepire virtualmente nella sua “tasseomanzia”, intersecandovi l’amore della coppia con la malinconia del vecchio da solo (malcelata dagli shorts un po’ giovanili). La parete interna “magicamente” arriverà a rivoltarsi, come se quella appartenesse ai tarocchi. Sarà il temporeggiamento sul “sipario” d’una previsione, per la coppia che non sfugga alla solitudine.

Nick Mascioletti inquadra la vitalità che “abbraccia” continuamente il suo ambiente. Nella città metropolitana, si esce dall’ufficio, per la piacevole pausa del caffè. Così, avviene che la vetrina del bar virtualmente “pesca” ogni “naufragio” dell’Identità, sotto lo stress per il lavoro. Il caffè si beve dalla tazzina, che è rotonda come la miniatura d’un ameno laghetto. Facendo lo shopping, sempre s’esce con la borsetta in mano. E’ un chiaro “interfaccia” dell’abbraccio fra lo sguardo (dalla strada, verso la vetrina) ed… il “portafoglio”, quando la liquidità simbolicamente “naufraghi”! Nick Mascioletti gioca ad inquadrare le “dissolvenze” della personalità, nei nostri desideri. Ciò si percepisce bene mentre parliamo al cellulare, e spesso facendo tutt’altro (lo jogging per strada, la guida automobilistica, la consumazione alla mensa aziendale ecc…).

Nick Mascioletti ha inquadrato anche il Babbo Natale. Noi siamo indotti a percepire il clima malinconico del momento. Si vede un Babbo Natale che non consegna ai bambini i suoi regali, camminando da solo in città. Qui, si percepirà il temporeggiamento tramite “il sipario” della dissolvenza. Ci sarebbe un Babbo Natale che abbia già consegnato i suoi doni, ai bambini. Ricordiamo che egli in realtà vive come noi, concedendo a se stesso solo una notte “di fantasia”. Nick Mascioletti ha inquadrato la “dissolvenza” del camuffamento. Qui il Babbo Natale manco arriverebbe volando con le renne, bensì come il pendolare della ferrovia.

 

Recensione d'estetica alla mostra del fotografico Nick Mascioletti, dal titolo Una dimora sull'abitudine, ed allestita dal 6 al 21 Febbraio presso la Fondazione "San Domenico" di Crema (CR)

 

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