L'ESTASI DELL'INTASAMENTO A TRONEGGIARE SUL RIPOSO

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A Vicenza, presso l’Apart Spaziocritico è ancora visitabile la mostra Agnello caddi nel latte, coi dipinti di Nicola Caredda. Esteticamente, sembra che a lui interessi un “mistero orfico” della calibrazione. I soggetti sono spesso in caduta libera verso un’Ade degli Astri. In effetti, il pittore cerca un’atmosfera fondamentalmente celeste, benché fra le inquietudini della burrasca, dell’incendio, della glaciazione ecc… Un cavallo giace a terra, i neonati disumanamente clonati scivolano da una cassetta (che il carrello del camion avrebbe “calibrato” male), il viadotto ancora incompleto è pericolante, il congelatore per paradosso emana una “cappa” di putrefazione acquosa, le autovetture si capottano ecc… Nel culto orfico, il corpo va percepito imprigionando l’anima. Meglio dunque sarebbe tornare il prima possibile all’Ade, in vita quantomeno tramite un’esperienza estatica. Nel titolo della sua mostra, Nicola Caredda menziona una laminetta orfica. Guidati verso il nostro ritorno all’Ade, l’agnello diventerà una metafora per il sacrificio di se stessi, a partire dall’innocenza perduta (una volta cresciuti), quando solo ci si faceva allattare. Non è un caso che il pittore “macchi” (tramite la burrasca, il brinamento, la foschia ecc…) la percezione fluente dell’acqua: l’elemento indispensabile perché si viva. I pensieri onirici girano intorno all’individuazione d’un significato, da comprendere. Nicola Caredda raffigura più elementi dai calibri barcollanti: la colonna del viadotto, il materasso divisorio, la ruota panoramica, lo pneumatico a mo’ di salvagente ecc… Ma è tutto intasato, principalmente mediante il “capottarsi” degli astri, nell’Ade per cui l’acqua si sacrifica al latte. I dipinti esibiscono una calibrazione a fermentare, che per il culto orfico accade imprigionando la vita nell’estasi del morire. Laddove gli astri si concedano una “radura” della rivelazione, in cielo, subito quelli “si macchieranno” d’una fosforescenza sulfurea, pure a depositarsi (come se il brinamento potesse “allattare” la riflessione). Un pensiero onirico riversa tutto il suo “imprigionamento” nell’inconscio, in via psicanalitica. Così, il “calibro” del Sé virtualmente “allatterebbe” la mera “fumosità” d’una vitalità che appaia “quasi morta”, dormendo. Il pensiero inconscio ha sempre una riflessione “fosforescente”, fra illuminazioni al loro intasamento. Nicola Caredda esibisce i “calibri allattanti” delle onde in burrasca, dei neonati quasi distillati, dei materassi le cui molle saranno cresciute a dismisura per fini decorativi ecc… Ogni “folgore” del cielo che riveli dovrà tornare alla “fermentazione” d’un grembo. Di frequente, i dipinti si percepiscono facendo “sciroppare” i propri astri. Così il “monolito” di materassi non ammencisce, bensì intasa l’irrequietezza del cavallo, sino a capottarlo. Inoltre, il congelatore emanerebbe per putrefazione, dalle gocce “mal calibrate” sulla fumosità. Si raffigurano più colonne che fungono da “alambicchi” scoppiati, se i “bulbi” sia delle nuvole e delle carreggiate (in alto), sia per l’ondeggiamento o per il brinamento (in basso), sembrano a pungersi. Noi percepiremmo che il “calibro” del distillato si faccia “allattare” per sciroppo. Nel culto orfico, l’estasi dionisiaca in realtà permane sotto una “prigionia”: quella del grembo iniziatico per corona astrale. Nicola Caredda cerca la composizione di tipo circense: non solo su citazioni storiografiche (se Moira Orfei porta il nome di chi presidiava il destino umano, e dall’Ade), ma più semplicemente “capottando al trapezio” la normalità degli elementi (la sedia, l’autovettura, la parete in lamiera ecc…). Certo l’astrologia qui è davvero “mal calibrata”, rispetto a tutta la veemenza del caso (simboleggiata dal mare in burrasca), oppure alla “fredda patina” dell’ineluttabile (la quale coprirà il “verde” del vitalismo). Non rimane altro che “sciroppare” il proprio destino nell’Ade prenatale. E’ la metafora del grembo che “fermenti” all’infinito, e forse “allattabile” dai pensieri soltanto inconsci.

Cecilia Gatto Trocchi ricorda una sentenza di Tolomeo: Il sapiente vincerà gli astri. Questi si comporteranno come gli umani: amando, odiando, accoppiandosi, combattendosi ecc… Allora il sapiente “calibrerebbe” il costume degli astri, influenzandoli tramite le preghiere, i riti iniziatici od i talismani. L’astuzia dell’intelligenza umana permetterà di vincere perfino “l’enorme” potere dell’Universo, su di noi.

Nel dipinto ad acrilico su tela Senza titolo con Moira, Nicola Caredda virtualmente avrebbe fatto cadere un “domino” delle pareti in lamiera (dove sono affissi i manifesti circensi), sotto l’urto del mare in burrasca. Ci divertiamo ad immaginare tutta l’inconsistenza teorica dei tarocchi, mentre il disordine governa quasi il “grembo” del Fato. Perfino la “sapienza” astronomica, calibrata dalla colonna “a razzo”, non riuscirebbe a vincere l’ignoto Universo. Lo spettacolo circense mostra per il nostro divertimento l’umanizzazione degli animali, anche in natura pericolosi. Ma questo a molti sembrerà un po’ finto… Nicola Caredda guadagna paradossalmente in serietà, disarcionando l’impalcatura del trapezista o sdraiando il cavallo frustato verso il salto dell’ostacolo. Si può vivere lo spirito dionisiaco pure innanzi alla “freddezza” del destino ineluttabile, col suo disordine? Non se la passano meglio nemmeno il razionalismo d’un “trapezio” per le autovetture (col viadotto), o quello stoltamente eugenetico (tramite la clonazione), entrambi nel dipinto ad acrilico su tela Senza titolo con calci balilla. Oltre al loro decadimento, ci sarà l’aura insipidamente da pozione magica del congelatore! Una piccola pallina del calcio balilla paradossalmente salterà meno del pilone o della cassetta. Forse, Nicola Caredda invita a cercare lo spirito dionisiaco in quelle attività serie in quanto regolate, ma che non impegnino troppo (come nel caso dell’urbanesimo e dell’eugenetica, rischiose dal loro boomerang per l’intera società).

Per Cecilia Gatto Trocchi, l’uomo pensa che la magia sia possibile soltanto percependola in tutto l’Universo. Quest’ultimo avrà le sembianze d’un gigantesco organismo vivente. Qualcosa che noi replicheremmo in miniatura, tramite la nostra esistenza. La magia consentirebbe all’uomo “d’estendere” la sua vitalità personale, a tutte le cose materiali del mondo. Sempre l’uomo percepisce d’avere un’anima. Se questa appartenesse a tutto l’Universo, allora sarebbe possibile rivitalizzarla in qualunque cosa materiale.

Nel dipinto ad acrilico su tela Senza titolo e brutta fine, Nicola Caredda continua a “disarcionare” l’area già attrezzata per il pubblico divertimento (via pic-nic, giostre, circhi ecc…). Ma la percezione dell’estensione ha qui il suo culmine nei “segnali di fumo” dell’autovettura incidentata. La scena diviene malinconicamente dionisiaca, per ossimoro. Il guidare a noi dà il senso d’una libertà acquisita, e più in generale la percezione del marchingegno ha una vena magica. Ma un incidente rappresenta i “segnali di fumo” nel caso peggiorativo del termine! Dunque Nicola Caredda ci mette in guardia dalla spericolatezza nel vivere lo spirito dionisiaco. Quanto chi causerà un incidente stradale avrà calibrato molto male la convinzione di poter applicare la propria esperienza di guida? La classica bravata è pericolosa perché imprudente, laddove il destino a volte non ci perdona nulla.

Citiamo un passo erroneamente attribuito ad Agrippa, per cui lo spirito del Sole si raffigurava tramite un re avente sia la corona sia lo scettro, assiso al trono, con una sfera ai piedi ed un pavone sullo sfondo. I pianeti materialmente ruotano per rivoluzione, attorno ad un centro di massa. Lo spirito di Mercurio era a volte raffigurato da una donna che filasse, con la conocchia. Nel dipinto di Nicola Caredda ad acrilico su tela Senza titolo con buonriposo, i materassi si vedono alzati e legati fra di loro. E’ quasi la ricostruzione d’un trono, che emana la luce blu ad “Ade degli Astri”. Accanto, giace un cavallo paradossalmente non “imbrigliato” come i materassi. Chi tiene lo scettro vuole calibrare il suo potere, da infondere sugli altri. Ma Nicola Caredda ci esibisce una sorta di Sole “intasato” dalla fosforescenza al blu riposante. Il potere dell’ascesa al trono manca completamente. C’è il sacrificio della grazia, col simbolismo del cavallo liberatosi solo per “lapidarsi” nello spirito apollineo (fra gli abbagli non emanati dall’alto, bensì giustapposti in basso). E’ un’estasi dell’intasamento, come “troneggiando” sul riposo. Nel dipinto Senza titolo con Moira, le pareti in lamiera non “filerebbero” più, cadute dal proprio domino… Pure la conocchia sarebbe rintracciabile, tramite una ruota panoramica. Anticamente il mercurio e lo zolfo acquistarono un valore estetico, in quanto comprensivi in se stessi dei quattro elementi in natura: l’acqua, la terra, il fuoco, l’aria. Essi giungerebbero a “filare” fra di loro, nel ciclo della vita. Al circo, il manifesto di Moira Orfei e la ruota panoramica cadendo avrebbero la stessa falsità alchimistica d’un mercurio rosso? Pare più certo il cielo sulfureo, dove la trasparenza dell’aria potrà riscaldare solo al fine di liquefarsi in terra (svelando così un’Ade degli Astri).

 

Recensione d'estetica per la mostra Agnello caddi nel latte, coi dipinti di Nicola Caredda, ed allestita a Vicenza presso l'Apart spaziocritico (dal 17 Maggio al 30 Giugno 2017)

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