Il sistema dell'arte che si sta configurando in questo secolo, destruttura e ricostruisce il suo universo pubblico e quello privato (un unico processo visibile) in espansione orizzontale, una rete strutturale di relazioni e risultanti visive, questo per sostenere la sfida di un tempo sempre in mutazione, insomma da sistema chiuso che era nel secolo passato, comincia a configurarsi come infinito.
La vera dimensione popolare globale dell'arte contemporanea, passa per il web, per la sua capacità di avvolgere il pianeta attraverso il valore di mercato della notizia. Gli artisti che saranno, oggi adolescenti, vengono da un altro sistema dell'arte, dalla galassia del Cyberspazio, altra rappresentazione del sistema e nuova dimora della mente. Si scontreranno, come a me è capitato da esploratore, tra la fine degli anni novanta e l'inizio del nuovo secolo, con l'aggressività da parte del sistema neoconservatore, di fare valere le sue antiche prerogative e privilegi (risalenti all'oramai scomparsa e archeologica civiltà industriale), ma loro pretesa d'autoritarismo culturale è scomparsa, scomparsi non sono soltanto i confini e gli stati governati da un unico centro, scomparsi sono anche i limiti di sistema con i suoi uomini d'ordine (critici, galleristi e curatori), uomini incapaci di stabilire una loro sovranità concettuale e comportamentale nel cyberspazio. Il problema è che le intrusioni del vecchio nel nuovo, crea una guerriglia semantica del filtro, filtro che violenta continuamente la libertà di ricerca artistica, che nel web è una tensione limitata e governata, ma non è ancora rappresentazione.
Il nuovo (o altro) sistema dell'arte, quello che passa per l'uso massiccio d’internet, non è discontinuo rispetto al sistema dell'arte, figlio dell'economia industriale del secolo passato. In questo momento viviamo la transizione, dove vecchio e nuovo "forzatamente" convivono. La popolarità (o polarità) di piazza dell'artista radicato in un territorio o una comunità, dipende spesso dal suo attivismo di rete, da come filtra il suo linguaggio e la sua ricerca artistica tra "on line" e "off line", tra un sistema mediatico e un altro. Piattaforme come l'attuale facebook, costituiscono (purtroppo? Forse che si o forse che no) una sediziosa adunata comunitaria o associativa.
Un "Altro sistema dell'arte" gli artisti non possono pensare di costruirlo per decreto legge, bisogna farlo gradualmente dal basso, partendo dal ruolo dell'artista stesso nell'attuale sistema dell'arte, bisogna costruirlo dentro il guscio del vecchio e dell'Accademico, basandosi sull'interconnessione e l'autogestione tra gli artisti che sappiano partire e intercettare le pratiche popolari e i luoghi comuni delle loro esistenze.
Attraverso l'interconnessione tra gli artisti è possibile recuperare una "economia del dono del segno artistico" non basata sul calcolo dell'artista, ma sul suo rifiuto di calcolare, aprendo così la possibilità di rappresentare un sistema etico, prima che estetico, dell'estetica del rifiuto e del rifiutato.
Gli artisti, con i loro linguaggi, codici o stili, possono attraverso le pratiche connettive, autorappresentarsi come un popolo privo di uno stato che ne limiti contenuti e operazioni, in grado d'intendersi su pratiche, linguaggi e rituali comuni del fare arte contemporanea, creando in questa maniera un sistema anarchico dell'arte, che sappia fare a meno della logica del mercato, dello stato e della rappresentanza di una fede o ideologia politica.
In quanto rappresentazione immaginaria, questo "Altro sistema dell'arte" è istituzionalmente responsabile della sua esistenza e forma e anche della rivalutazione del classico e Accademico sistema dell'arte figlio diretto della rivoluzione industriale e del lavoro dell'artista intermediato da un "addetto ai lavori".
In questo tempo di trasformazione radicale è possibile inventare nuove forme sociali, politiche ed economiche,inedite nella loro gestazione connettiva e collettiva, anche per l'artista che le pratica e sperimenta.
Questo "Altro sistema dell'arte" sarà una connessione tra miriadi di comunità, reti e progetti sovrapposti e intrecciati, non sarà una conquista e neanche un cataclisma rivoluzionario, sarà un semplice processo di sviluppo attraverso la lenta creazione di nuove forme di comunicazione e organizzazione.
Tratto connettivo e comunante sarà il movimento, il corso conseguente del tempo, muoversi trasformerà un progetto di altro sistema in identità di un nuovo sistema, il movimento ossificato diverrà attraverso la memoria dei social network proprietà collettiva auto evidente.
La matrice di tutto questo? La generazione italiana dei centri sociali, quella che ha rifiutato il lavoro industriale pur difendendone i diritti, una generazione che negli anni novanta ha saputo anticipare tendenze che ora sono planetarie, diffuse e generalizzate, sapendo contrapporre alla finta globalizzazione delle multinazionali una reale globalizzazione dei movimenti, in grado di sfondare muri, limiti e frontiere.
Per questo possiamo definire questo secolo, il secolo dell'artista anarchico in grado di mettere sotto assedio summit Accademici e di mercato dell'arte, in grado di potere fare fronte e causa comune per il sistema dell'arte che verrà assumendosene la responsabilità.
Il sistema dell'arte, appare aperto e mobile, rispetto un decennio fa, i contatti tra artisti differenti sono più facili e costantemente in crescita. Questo crea conseguenze contraddittorie, aperto e disponibile ma anche con maggiori difficoltà di motivare il rifiuto. Attraverso certe imposizioni dettate dal mercato all'investimento politico culturale, intere comunità, con i loro universi iconici, affettivi e simbolici, sono osteggiate e respinte, ripiegate su se stesse, costrette a subire simboli che generano risentimento. Sorvolando sul discorso economico, importante sarebbe favorire il dibattito e le decisioni relative al pubblico, a livello locale. Importante è un dialogo fitto, tra artisti, cittadini e amministratori politici, solo in questa maniera si crea il simbolo identitario e comunitario, favorendo la specificità di un dibattito e un linguaggio artistico, locale e specifico. La discussione è il dibattito, sono l'unico modo per smontare e decostruire la paura di non comprendere e di non potere pronunciarsi sui linguaggi dell'arte contemporanea, le comunità non devono percepire il linguaggio dell'arte come una misteriosa minaccia, qualcosa da temere, di spaventoso.
Il sistema dell'arte, nell'epoca in cui Google ricorda sempre, apre scenari nuovi per l'artista di questo millennio, il suo percorso si accumula in ogni sua traccia, il suo passato e la ricerca è fotografato, non passa mai, diventa un processo monografico, continuamente scrutinato e giudicato socialmente e culturalmente da una moltitudine di persone che hanno accesso alle sue informazioni e non sono più la cerchia ristretta degli "addetti ai lavori" figli culturali di una economia industriale in estinzione. L'artista digitale non è un doppio virtuale, ma la rappresentazione istantanea di un percorso di arte e di vita (virtuale era l'artista protetto dagli "addetti ai lavori", figlio della passata economia industriale). Non esiste più l'oblio su una ricerca artistica, ma soltanto la possibile omissione.
La memoria individuale e la memoria sociale dell'artista di questo secolo sono forza maggiore coincidenti, questo è l'equilibrio e la ricerca da compiere in questo millennio nelle arti visive.
Il popolo della rete, cui si rivolge l'artista contemporaneo, è disteso sull'intero pianeta, oltre ogni confine, di fatto è la comunità di Facebook è la terza al mondo, dopo Cina e India. Questa stessa nuova comunità interconnessa, rivela anche i mutati rapporti di potere di questa nuova comunità globale; Google ha un potere superiore a uno stato nazionale, con gli stati negozia da potenza a potenza. Di fatto è un interlocutore benefattore che offre a artisti e ricercatori di linguaggi, una vastissima possibilità di diffusione del proprio lavoro. Questa ricchezza potenziale, al momento è totalmente fuori controllo.