L'artista contemporaneo? Comunque sia è di classe!

Comunque sia, artista di classe.

Bisogna che attraverso i social network, si trovi la forza, all'interno degli sciami di rete, che lo costituiscono e rappresentano, si demolisca la figura moderna e figlia del boom economico del secolo passato, dell'artista divo. Bisogna che l'arte sappia esprimere i movimenti della rete e non resti estraneo a una società che fonde e confonde locale e globale; servono artisti in grado di rispondere umilmente alle domande che il prossimo può fargli.
Ogni artista è in relazione con diverse collettività, questa sua relazione definisce la sua "identità di classe".
Un artista con il suo linguaggio appartiene a un clan, a una crew, una fascia d'età, un paese, una ragione, a una nazione; si rafforza anche attraverso relazioni simboliche con altri individui e/o artisti che possono anche non appartenere alla sua collettività.

Il senso sociale di un artista si snoda su due assi:
- quello delle appartenenze o delle identità.
- quello delle relazioni o dell'alterità.

L'attività gestuale e rituale dell'artista è la sua mediazione rituale (non servono altri intermediari "addetti ai lavori"), l'attività rituale costituisce la sua appartenenza di classe.
Il rito dell'artista con il suo linguaggio introduce la mediazione dell'appartenenza simbolica e della successiva parola.
Prima il rito-linguaggio, poi l'appartenenza e poi la parola.
In questo gli artisti privi di una storia scritta da altri non sono diversi dagli artisti con una storia scritta da altri.
L'artista come lo spettatore-osservatore connettivo nel suo rituale acquista senso nella relazione, relazione rituale che non ha senso alcuno senza la loro interazione, i confini (quando ci sono) tra l'artista e lo spettatore connesso o tra gli stessi artisti, sono confini culturali e linguistici; sono l'insieme dei luoghi problematici di una cultura simbolica di cui sono espressione.
Nel nostro sistema liberale di valori, l'artista comunque operi, ha una libertà chiavi in mano che non gli consentirà mai di aprire tutte le serrature, sarà sempre iscritto (suo malgrado) in un sistema di classe, che però consente, attraverso il rito dello stesso artista, la presa di coscienza.

"Addetti ai lavori" a Km.zero?

Gli "addetti ai lavori" non possono ignorare il legame, che esiste tra la mobilità economica sovrastimata dell'arte contemporanea e il potere delle banche, tutti i paesi sono coinvolti, anche l'Italia nella rincorsa con i suoi Musei d'arte contemporanea a carico del contribuente. Lo si voglia o no, anche l'ascesa della Cina nell'economia globale, con i suoi artisti alla occidentale, ha aumentato le diseguaglianze tra gli artisti di mainstream e gli outsider. Questa evoluzione del sistema dell'arte contemporanea, ha indebolito il settore del pubblico e della libera ricerca artistica e didattica dell'arte; in altre parole non si discutono i Musei d'arte contemporanea, ma la scuola pubblica, come se la scuola pubblica fosse un cattivo investimento, incapace di rappresentarsi come contemporanea nel campo della ricerca artistica, ma è vero? E' vero che la ricerca artistica e i linguaggi contemporanei dell'arte, appartengono sempre meno al ceto medio? L'evoluzione del sistema capitalistico dell'arte contemporanea con le sue quotazioni, ha evidentemente indebolito la diffusione pratica dei linguaggi artistici. Le banche contano più dei governi, come le gallerie e i musei d'arte contemporanea contano più di Enti e istituzioni pubbliche, è possibile?
Siti d'arte contemporanea e riviste d'arte specializzata, non fanno arte che creare rumors, confondono e distraggono, allontanandoci dal vero linguaggio dell'arte. La macropolitica e gli addetti ai lavori dell'arte contemporanea, sono controllati dai poteri forti, nel senso che a essi si allineano per tirare a campare, l'opinione pubblica, invece, non è mai stata come oggi, attraverso l'uso e l'utilizzo dei social network, immersa nella contemporaneità dei linguaggi dell'arte. Questo è il reale fallimento delle politiche culturali e artistiche che il sistema economico globalizzato impone, questo è quello che induce gli sciami di rete, che si occupano di linguaggi artistici contemporanei, a cercare altre e diverse soluzioni. Come nei primi trent'anni del secolo scorso, il cambiamento c'è, ma la sua origine è fuori dal sistema tradizionale.
Non esiste arte o linguaggio artistico che non abbia tentato di padroneggiare intellettualmente il mondo nel quale si formula; non esiste artista che non abbia una sua costruzione dell'immagine dell'uomo per uso e consumo personale, che non abbia una immagine dei rapporti inter-umana, della natura e dei rapporti tra uomo e natura.
Il linguaggio dell'artista erroneamente si crede venga mosso dal desiderio di conoscere, muove in realtà dall'esigenza di riconoscersi in una immagine.
Gli artisti e gli spettatori che ricevono e donano visioni, non desiderano conoscere il mondo, ma riconoscersi in esso, questo spinge in genere il linguaggio dell'arte a accettare frontiere e sicurezze totalitarie di mondi chiusi,  questo spinge i linguaggi dell'arte e certi artisti, e non una reale interazione linguistica, verso l'errore, verso verità parziali e provvisorie; l'egotismo d'artista allontana il linguaggio dell'arte dall'essere scienza condivisa.
Idealmente gli artisti si dovrebbero svincolare dal "critichese" imposto e da quelle espressioni convenzionali del relativismo comune che ghettizzano i linguaggi dell'arte ("sono generi diversi" o "sono linguaggi artistici differenti"), in questa maniera si determinano "apartheid" del linguaggio che non si integra, interagisce e diffonde.
La realtà è che oggi il problema dell'artista sta nella fatica e difficoltà a pensare al rapporto con lo spazio, vive immerso in grandi spazi economici e aggregati politici, forte e complice di come capitale e  multinazionali abbiano abbattuto frontiere e incredibilmente accetta la crescita esponenziale di musei locali, che fanno riferimento ad "addetti ai lavori" locali e artistici che rivendicano il loro lavoro altamente professionale a km. zero nel mondo dei km. ridotti dai media.
Questo non è il tempo della crisi dell'identità d'artista (che anzi è inflazionata e in ogni dove), questo è il tempo della reale e irreversibile crisi degli spazi preposti all'arte che non hanno più funzione d'essere (se non nella forma di laboratori didattici) e della conseguente crisi dell'alterità, lo spettatore è stato cancellato e bannato dalla determinazione del fatto artistico.

Non riuscendo a pensare all'altro si è creata la figura del dilettante e dell'ignorante, colui che non sa e non capisce.
L'arte come linguaggio in questo momento storico è schiantata dall'eccesso degli eventi, delle immagini e dall'eccesso dell'individualizzazione che di fatto hanno affossato le cosmologie collettive.

RITUALE MAGICO

Per fare si che l'arte sia un fatto totale è necessario che lo spettatore sia parte della sua osservazione (anche lo stesso artista), serve sentirsi e ritrovarsi nella rappresentazione; nei linguaggi non solo dell'arte, sono le idee incoscienti che agiscono e accomunano.
L'inconscio simbolico è il mediatore tra l'artista e la sua opera e tra la sua opera e lo spettatore, gli "addetti ai lavori" sono superflui e non necessari.
Il linguaggio, il fattore sociale di un artista è una realtà autonoma che si muove da sola.
In origine il linguaggio dell'arte era magia, l'insieme di mistico e scientifico del primitivo.
L'artista come un mago compie atti magici anche quando non è un professionista; le rappresentazioni magiche sono le idee e le credenze che corrispondono all'atto magico; l'atto è il rito magico legato alla tradizione, gli atti rituali sono quelli in grado di produrre qualcosa di diverso dal convenzionale, sono efficaci e totali perché creano e fanno, nessun scopo dell'arte è irraggiungibile o distante dall'atto rituale magico.
L'isolamento come il segreto è un segno perfetto della natura intima del rito magico; l'isolamento è un segno quasi perfetto della natura intima del rito magico, il quale è sempre il fatto di un individuo o individui che agiscono a titolo privato; l'atto e l'autore sono avvolti dal mistero, ma attraverso il web diventano condivisione.
Il rito magico e artistico è irregolare, anormale e poco degno di stima.
Il rito artistico deve tornare ad essere magico, non un culto organizzato, per questo privato, sognato, misterioso e tendere verso il proibito.

ARTE è MAGIA?

Quello sull'arte è un giudizio magico, un pregiudizio, una preiscrizione, questa è la forma sotto la quale la si incontra nella mente degli individui.
Il giudizio magico sull'arte è sempre frutto di una affermazione collettiva, costituito sempre da almeno due individui; il mago artista che compie il rito e l'interessato che crede a esso e al suo valore simbolico; nel caso della trasmissione dei linguaggi artistici il mago (l'artista o il Maestro) insegna la ricetta a colui che la mette in pratica; questi pochi elementi bastano a definire un piccolo sistema rituale e linguistico, definisce una società ( a questo punto a cosa servono critici, curatori e galleristi?).
Il giudizio magico sull'arte può teoricamente ricevere l'adesione di gruppi estesi di società e di civiltà, è una quasi convenzione per il quale il segno crea la cosa, la parte del tutto dalla quale scaturisce la parola che definisce il fatto; si tratta di associazioni che si riproducono nella mente degli individui, contrassegni anche generalisti d'origine collettiva.
La materializzazione del gesto magico dell'arte muove dall'artista, lo stregone del villaggio, e l'ansietà del villaggio in cerca di sorgenti e soluzioni; di fatto è sempre presente la società intorno al mago artista, anche quando sembra venire meno e l'artista si ritira isolato nel suo recinto; l'artista è spinto nell'isolamento proprio dalla società tutta, lì sì raccoglie e agisce; il mago artista suggerisce mezzi, amplifica virtù di cose, applica effetti e soddisfa desideri e attese nutrite in comune da intere generazioni, rende rituali ed efficaci i bisogni dell'individuo già diffusi.

Mimmo Di Caterino

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