Motore principale del Blog sull'orlo del Mondo è difatti l'entusiasmo.
Visto che questa mia casetta, per quanto ottimamente frequentata, è ferma al livello di no-profit, mi tengo stretta l'opportunità di parlare solo di cose che mi aggradano. Che allietano questa noiosa e poco soddisfacente esistenza – tra l'altro non richiesta – sul pianeta fangoso chiamato Terra.
A proposito di pianeti: questo settembre è caratterizzato da una sorta di lodevole colpo di reni da parte della fantascienza italiana. Ehi... no... fermi! Non sparate! Non sono zombie: sono scrittori italiani di fantascienza che escono dai loculi.
Loculi in cui sono stati costretti da un'editoria cieca e burina (la nostra) e da un monopolio che alcuni chiamano “edificante” (Urania), ma che invece io trovo soffocante.
Premessa numero due: per me la fantascienza in Italia è morta. Pure la sua versione zombie è morta, e anche quella vampiresca. Non credo che alle nuove generazioni di piccoli italiani freghi alcunché della fantascienza. Come non gli importa nulla dell'horror (tranne quello finto, i vampiri Harmony etc ), né del fantasy (tranne quello Troisiano, per capirci, e non è nemmeno detto).
Allora a chi si rivolgono quei poveri disperati che continuano a scrivere di sci-fi? Alla nicchia. Ho detto nicchia, non m*nchia!
Insomma, è acclarato: in Rete c'è una minoranza, non numerosa ma nemmeno trascurabile, di gente che ne ha piene le tasche dell'immondizia che trabocca nelle librerie del Belpaese. Lettori esigenti, lettori forti, che si rivolgono al mercato inglese, alla piccola editoria, alle autoproduzioni.
Chiamarla resistenza, come fa qualcuno, è ridicolo, perché non c'è proprio un cazzo a cui resistere.
Siamo come gli ultimi indiani ficcati in una riserva, circondati da fratelli e sorelle rimbambiti a furia di alcool e casinò. Diciamo che ci piace l'idea di continuare a cercare Manitou nelle verdi praterie, mentre gli altri si accontentano di sfondarsi il fegato con Bourbon scadente.
Ok, su questa linea, dicevamo, ci sono alcune iniziative meritevoli di attenzione. In primis il concorso indetto da Angelo Benuzzi, e che tra l'altro è solo l'avanguardia di qualcosa di più corposo. Trovate tutte le informazioni qui.
Il progetto ha potenzialità, è interessante e può attrarre molti di noi altri che viviamo nella riserva indiana testé citata.
In seconda battuta segnalo Gemini, la collana della neonata Pyra Edizioni, che si rivolge agli scribacchini amanti della fantascienza. Odio copiaincollare i comunicati stampa, quindi fate uno sforzo, cliccate qui e leggete. Non so che futuro avrà questa coraggiosa iniziativa – io mi fido poco dei lettori italiani – ma il coraggio e l'integrità morale di Giuseppe Tararà (boss della Pyra) merita tutti gli auguri del caso.
Ora, io amo la fantascienza, ma solo quella che piace a me (questa frase demenziale la vorrei incisa a unghiate sul coperchio della mia bara, please). Mal sopporto tutte le cose simili a Star Wars, che tra l'altro ho sempre considerato fantasy sotto mentite spoglie. Mugugno davanti alle millemila serie di Star Trek. In linea di massima non mi piace tutto ciò che racconta di federazioni galattiche che non-si-sa-come-cazzo-sono-nate, e che mi danno sempre quel bizzarro senso di fregatura: “Ehi! Esistono perché l'ha deciso l'autore!”
Mi piacciono invece il dieselpunk, l'ucronia, le storie coi viaggi nel tempo, il planetary romance, la fantascienza apocalittica (probabilmente la mia preferita). Adoro i romanzi basati su universi paralleli e ancor più la fantapolitica.
Ma tutto ciò va oltre gli intenti del mio post.
Quindi per ora mi fermo qui e, se avete qualcosa da dire, vi lascio la parola.