SPIDER JOURNALISM, OVVERO, IL GIORNALISMO DELLA RETORICA
di Alessandro Trabucco
Quanto io dico è stato detto tante volte e con tale forza che pare impossibile che il mondo abbia ancor continuato ogni volta dopo che erano suonate quelle parole». (Carlo Michelstaedter, La persuasione e la rettorica, p. 35).
Un recente evento, che ha visto il mio coinvolgimento in prima persona, mi ha innescato una particolare riflessione, di per sé abbastanza scontata se non fosse, proprio per questo, troppo spesso sottovalutata per la sua reale ed oggettiva importanza.
Fare informazione è un problema molto serio, è una missione, prima che un mestiere, che deve risultare abbastanza naturale visto che la sua “materia” è il linguaggio.
Un linguaggio che non dovrebbe avere nessuna accezione “creativa” (in quanto non costituisce il corpo di un racconto in prosa o di un componimento poetico), ma semplicemente avere un “rapporto matematico” con la propria sostanza, cioè con ciò che sta illustrando: il fatto (titolo, emblematico, di una trasmissione di Enzo Biagi, grande e luminoso esempio di puro giornalismo).
È il “fatto” a dover costituire la “struttura ossea” della segnalazione informativa e non il contrario. Ovvio. Ma spesso avviene paradossalmente l’opposto, è la notizia a plasmare su di sé, come fosse un vestito su misura, l’evento.
Dicesi aberrazione, cioè deviazione da ciò che è normale, un’anomalia, una “modificazione rispetto allo stato originale” .
E questo è quanto avviene da sempre nel mondo dell’informazione, purtroppo, ma è anche inevitabile. Il problema è il “condimento” col quale si insaporisce la pietanza (la notizia), perché quell’elemento condiziona poi la totale percezione del gusto e può scatenare una comprensione completamente falsata del sapore originale. Sfugge dalla memoria il punto di partenza e ci si imbarca in questioni stravolte ed adulterate dal fattore inquinante.
Questo fattore lo definisco col termine di “retorica falsata”, cioè un utilizzo già all’origine ingannatore dell’organizzazione del linguaggio col quale si vuole esprimere il fatto concreto, e non l’opinione su di esso. Il “passaparola” è l’esempio palese di questa struttura discorsiva anomala.
Uscire dai binari di un resoconto significa attribuire una nuova natura a tale oggetto, deragliandolo, snaturandolo dalla sua origine, falsificandolo. È l’aberrazione del giornalismo, una sorta di consapevole “arrampicamento sui vetri” da parte di chi costruisce in verticale le proprie tesi: Spider Journalism.
Le conseguenze sono di una pericolosità subdola, ma effettivamente esistente, in grado di creare disastri. È l’arte di rigirare la frittata a proprio piacimento e per i propri scopi senza più alcun legame con la realtà.
Nel pensiero di Carlo Michelstaedter, la “rettorica” è il contrario dell’essere, una finzione. È la persuasione a rappresentare la conquista di sé e della propria integrità, vitale e di pensiero.
Egli contrappone la conquista di una pienezza autentica, al bisogno, all’anelito per il desiderio insoddisfatto ed alla continua ricerca dell’appagamento di esso. È un circolo vizioso che non porta ad un punto fermo. È movimento, ma fine a se stesso e senza una méta sicura.
Il percorso verso la persuasione è intricato e costellato di difficoltà in quanto caratterizzato innanzitutto da una necessaria e sostanziale verifica di un semplice fattore: quello della propria coscienza. Ogni consapevole tentativo di adulterarla non è altro che un passo indietro nel cammino, un ritorno alla falsificazione.
Mentire, sapendo di farlo, e cercare di convincere (persuadere con l’inganno) l’altro, cioè, nel nostro caso, il lettore, sviando l’argomento principale, il fatto, parlando d’altro.
Questa tecnica è parecchio diffusa soprattutto per ottenere risultati che destabilizzano l’opinione pubblica ed anzi ne confondono le idee.
La retorica è “ampollosità”, costituita da giri di parole, testi lunghissimi ed inconcludenti, costellati di frasi fatte, modi di dire, opinioni abbastanza impersonali ed inconsistenti, perché espresse con l’intenzione di alterare la realtà del fatto e nello stesso tempo costruite “ad hoc” per evitare le eventuali conseguenze delle proprie affermazioni.
È una tecnica di comunicazione neanche tanto raffinata, perché ormai talmente usata, specialmente qui da noi, da risultare poco visibile se non addirittura accettata senza problemi.
Gli “spider journalist” danneggiano prima di tutto loro stessi e la loro credibilità, e poi, commettono un reato: sostengono il falso, oppure tentano di mascherare il vero insinuando dubbi "architettati“ in modo da invertire la reale percezione dell’evento analizzato.
Questo metodo, paradossale, è in grado di provocare danni, reali, incalcolabili, talmente gravi da indurre l’opinione pubblica a dubitare della veridicità del giusto a vantaggio dell’errore e del torto.
Ma fortunatamente la tecnologia sta agevolando un cambio di direzione e l’avvento dei social network (vedi Facebook) sta modificando rapidamente la percezione e la divulgazione di un evento, mantenendo (sembra assurdo ma è proprio grazie all’enormità delle persone che li frequentano) saldo il punto di vista sulla realtà dei fatti.
Una cosa è certa: il sistema informativo sta per fortuna dirigendosi verso una più capillare diffusione, riuscendo ad attivare l’azione di più persone, in grado di sostenere la verità contro l’ormai vecchio e stantìo metodo retorico, ormai simbolo di un giornalismo malato e moribondo.
Molto interessante al riguardo il seguente articolo:
http://mediablog.corriere.it/2009/11/il_giornalismo_nella_nuova_soc.html
[Less is more (Mies van der Rohe) - la Rubrica di Alessandro Trabucco
n. 01 - “Spider Journalism”, ovvero, il giornalismo della retorica"
- pubblicato su lobodilattice il 9/11/2009]