L’ Hangar Bicocca prosegue il suo percorso espositivo dedicato a opere di grandi dimensioni. Dal 25 ottobre al 3 febbraio è l’artista argentino Tomás Saraceno (1973) ad affrontare il grande spazio, affiancando, anzi, sovrastando, le torri di Kiefer e la recente temporanea installazione audiovisiva di Carsten Nicolai. Con uno staff di 20 persone Saraceno sperimenta un’utopia: una scultura contemporanea in bilico tra arte e scienza.
Tomás Saraceno crea una terza dimensione composta da 3 strati di una membrana trasparente, ad altezze diverse: ogni livello ha una sua entrata e l’equilibrio è dato dallo scambio tra aria fredda e calda. Il risultato: una superficie di 400 metri quadri a ben 24 metri d’altezza in sospensione nell’enorme spazio dell’Hangar. Lo scopo: un desiderio, quello di “far volare” le persone. Il pubblico, come in altre opere su grande scala dell’artista argentino, può camminare sulla superficie di plastica fluttuante, che si alza e abbassa al contatto e al movimento, con l’idea di essere tra cielo e terra. Questa è la sensazione che Saraceno vuol far provare con On space time foam: un’opera in situ pensata per lo spazio milanese, città dove arte e produzione hanno sempre convissuto, dove la grandezza ha dato la spinta per un’idea utopica, esteticamente potente, e socialmente interessante, perché mette in relazione, su una realtà diversa, le persone e i loro atteggiamenti, valutando condizioni e regole a cui sottostare, abbattendone certi stereotipi. Una prova riuscita con l’aiuto di uno storico ingegnere aerospaziale, Per Lindstrand, che ha collaborato con Saraceno per la realizzazione scientifica di esperimento e un sogno di un artista definito “leonardesco” da Andrea Lissoni, curatore di questa esperienza. Saraceno si considera infatti un artista (con la base di architetto) che “vive e lavora sul pianeta terra e oltre” (dalla sua biografia ufficiale). Le opere di Saraceno sono immediate e riconoscibili per le grandi dimensioni che solitamente utilizza, il supporto del materiale plastico gonfiabile con cui interagire, la ricerca fisica e scientifica, e una poetica dello spazio da abitare, in questo caso supportata da Pirelli, nella realizzazione di un’opera di tale grandezza e ambizione. All’Hangar dunque è in mostra non solo un lavoro scultoreo di interazione e sperimentazione, ma un grosso gioco d’azzardo e di ricerca. Che non finirà qui.
Rossella Farinotti (pubblicato su Arte n. 470/ Cairo editore / Ottobre 2012)