Giuliana Iannotti è nata nel 1980 a Frasso Telesino, terra ricca di miti, di demoni e di angeli, di streghe, di fate e di maghe. Non si può prescindere da quest’aura antica e magica se si vuol capire la filosofia estetica e i colori dell’anima di Giuliana Iannotti.
Lei nel costruire le sue opere utilizza colori, immagini, forme e simboli così come un poeta e un musicista usano suoni, parole e immagini per comporre poesie e brani. Un elemento, unifica tutte le sue opere: è la maschera. L'uso di questo simbolo si perde nel tempo, non si conoscono le sue origini certo è che si ritrovano documenti e immagini di uomini e donne col viso mascherato in graffiti nelle pareti di templi, edifici e necropoli appartenenti a popoli diversi sia per tradizione, cultura e locazione geografica, come se un'unica coscienza e necessità abbia ispirato i cuori e le menti dell’uomo indipendentemente dal luogo, e dal tempo.
In ogni sua opera quest’artista compie un vero e proprio percorso di conoscenza: lei analizza testi poetici di scrittori classici e moderni e talvolta applica il testo cartaceo sul supporto quasi a sancire che il documento diventi reperto, testimonianza per chi crede soltanto al pragmatismo di questi tempi nevrotici e non ha più motivo per soffermarsi a riflettere o meditare, ma è ormai costretto a un ritmo imposto dalla catena mercantile per cui si morde e si fugge.
Giuliana Iannotti è figlia di quelle entità fantastiche e forse per questo mai tenute nella giusta considerazione dai governi, che si chiamano Accademie di Belle Arti e in quella di Napoli si specializza in Arti Visive e Discipline dello Spettacolo per cui Giuliana sa bene cosa significhi la drammatizzazione di un messaggio e lo fa scegliendo materiali diversi che dal caos diventano armonia.
In ogni sua opera lo scopo primario è quello di stupire, quasi che lei stia dando immagine al momento in cui si apre il sipario e la platea guarda nel palcoscenico: tutti gli attori sul palco come in uno scenario di William Shakespeare ma con il testo di Samuel Becket. Iannotti sa unire il mistero romantico con il caos creativo che ha mosso l’astrattismo degli anni ‘50. E se il caos è la creatività primaria allora è per questo che lei usa materiali diversi ed è complessa la tecnica esecutiva con cui compone i suoi quadri, infatti, lei usa: tessuti, ma anche il filo spinato, tronchi d’albero, cartapesta, silicone e gesso. Poi è magistrale la sua abilità di stendere le cromie, ogni zona è dosata e bilanciata con la materia che la trattiene, ogni colore premette e armonizza il successivo, il caso non esiste, esiste la riflessione e la meditazione della donna-artista su un concetto che è divenuto ispirazione.
Il quadro, l’opera finale per Giuliana Iannotti non è un obiettivo da raggiungere per dimostrare di aver acquisito una meta, il genio di questa giovane artista dal grande talento è che ogni opera è una sorta di isola su cui si approda per poi rispiegare le vele e giungere su un’altra isola un’altra opera, un altro sogno o un altro incubo.
I suo demoni che assumono le sembianze di una maschera non sono diavoli, non hanno niente a che fare con Satana, che nella etimologia antica era colui che non ha la parte femminile. I demoni che prendono la prosopon – maschera nelle opere di Giuliana sono gli spiriti che si agitano nell’essere umano, nell’anima di Giuliana che ha un po’ della Sciamana dall’ancestrale sapore diventano grido, urlo, carezza e graffio, bacio e morso.
Gli spiriti che Giuliana esorcizza con le sue opere sanno di rabbie mai sopite, e di desideri nascosti, le figure che lei evoca sanno di passionalità e di una sensualità che solo le donne di questa terra conoscono.
Le sue opere hanno la forza di chi ha conosciuto la fatica del vivere e il lottare ogni giorno e per Giuliana Iannotti tutto ciò si traduce nel rendere razionale la meditazione sulla simbologia dell’albero: piedi ben saldi nella terra come radici e poi braccia tese verso alto come fronde verso il cielo, per non dimenticare il luogo vero dell’origine di ogni uomo, è così che la tristezza si veste di speranza e la malinconia di gioia.
Con le sue opere Giuliana viene a dirci che la vita è navigare in un mare con tante isole, a volte si naufraga, altre volte il vento ci concede una buona navigazione. In ogni porto lei ci guarda col suo sguardo da giovane donna col cuore di ragazza, sorride velata di malinconia e poi porge la mano e ci dona quella maschera che non copre il nostro viso, è la maschera antica che esalta il vero volto. Dopo? Si riparte per il viaggio più forti e rinfrancati nell’animo, più coraggiosi e avremo nuovi lineamenti e poi colori bellissimi, i colori di Giuliana Iannotti.
Alberto D’Atanasio
Curatore della Mostra In- Tessuto Onirico
Docente di Storia dell’Arte e Semiologia dei Linguaggi non Verbali