Il Segno Poetico di un Esistere
Ho sempre pensato ed affermato che il compito fondamentale, la missione, il senso della vita dell’Artista è quello di lasciare il “Segno”. Il segno del proprio passaggio sulla terra, del sentire di tutta una vita, di un messaggio profondo diretto alle anime dell’umanità, dell’espressione di un mondo interiore infinitamente superiore alla realtà che ci circonda;
il Segno del Sigillo di un Credo posto sullo Scrigno dell’Anima, perché in un vero Artista Arte e Vita si confondono, sono inscindibili.
Maria La Mura ha un suo segno caratteristico usato sempre con spirito sperimentale, che ha una sua storia nel percorso artistico ed evolutivo dell’artista.
Nelle xilografie e nelle serigrafie La Mura scava il segno sulla matrice, nell’acquaforte il segno è inciso.
Nelle sue Opere di qualche tempo fa appare un segno netto e pulito che si muove dinamicamente nel campo visivo e che acquista forti ed espressive cromie.
La Mura interviene poi con altri materiali, come cere molli e polveri granulose. Il segno grafico inciso si arricchisce quindi di nuove valenze pittoriche e materiche.
Questo stesso segno originario si trasferisce poi alla materia, è la materia che viene incisa, scavata, il segno diventa quindi plastico.
Nei lavori meno recenti, La Mura offre la presentazione di un disordine visivo che al contrario è la rappresentazione di una sorta di ordine interiore.
Questo segno prima astratto e cromaticamente dinamico, sembra aver assunto nei lavori attuali un moto più ordinato: mantenendo un’intensa qualità espressiva, sembra seguire adesso una traiettoria, un cammino proprio, sembra aver trovato un ordine anche nella rappresentazione.
La forma ha preso come l’oneroso compito di riscattare le imperfezioni della vita, ora fa parte del flusso di quella vita stessa.
Quello di La mura è “il segno poetico di un esistere”.
È come un segno che continua, che ha il suo percorso, ma che segue un filo conduttore, quello del suo sentire. È un segno che scandisce la vita dell’Artista come il tempo, come il battito cardiaco, e affonda nelle superfici che l’artista sceglie. È un segno che la racconta, che non si ferma, in continua evoluzione. Segue il moto continuo degli eventi e, come l’io profondo dell’Artista, è in continuo divenire.
Le opere ora diventano anche installazioni e quel segno continua in un’altra dimensione, ora è in grado di dialogare anche con lo spazio, è diventato plastico-dinamico.
È vero che lei usa il monocromo, ma il suo non è un bianco assoluto, perché nel momento stesso in cui lei scava la superficie e crea una profondità, i contrasti chiaroscurali che determina non creano la smaterializzazione che si avrebbe con il bianco assoluto.
Inoltre il suo segno non è mai affidato al caso, anche nelle opere precedenti, perché lei incide e scava, costruisce gli strumenti che provocheranno quei segni, quindi li previene, li determina, li stabilisce e solo una percentuale è affidata al caso, ma è lo stesso margine che si ha in ogni forma d’Arte. Quindi non si tratta di una valenza creativa fine a se stessa.
L’Arte si serve di simboli: l’artista usa determinati elementi e determinate forme, a volte anche inconsciamente, dimostrandone l’universalità.
Il segno di Maria nella sua evoluzione ha assunto un moto concentrico: è vortice, è spirale.
La spirale è un simbolo antichissimo che nella cultura celtica rappresenta l’espansione, la crescita, lo sviluppo. Simboleggia l’universo e l’infinito, il sole ed il suo moto, la strada da seguire alla ricerca di se stessi, quindi proprio ciò che l’artista sta compiendo.
In queste opere vi è una traccia intesa come tensione ed energia permanente, un’avventura percorsa da una linea costruita, i simboli grafici di uno svincolamento esistenziale, di pulsanti forze che abitano la mente dell’Artista, con un’attenzione per le caratteristiche essenziali proprie del materiale utilizzato.
L’artista ha acquisito una materialità che nega e ridisegna le cose in un diverso regime dell’immaginario, che mette in atto un tipo di esplosione controllato, una via di accesso per penetrare il significato di ciò che è astratto e di ciò che è reale.
George Steiner scriveva in “Linguaggio e il silenzio” che l’arte non è tanto il prodotto dell’immaginazione quanto il moto dell’immaginazione stessa.
Giuliana Iannotti