La Bocca dell’Inferno

Russia, febbraio 1944. Sono ore che la colonna di soldati sovietici marcia verso il fronte. All’improvviso, un boato squarcia il silenzio e, nel cielo, compaiono dei paracadute cui sono attaccati piccoli barili di metallo. A un centinaio di metri da terra, i barili scoppiano, rilasciando nell’aria una sostanza giallastra. Pochi secondi dopo, tutti i soldati iniziano a sanguinare da naso, bocca e orecchie. Prima di morire, un ufficiale riesce a vedere l’immagine disegnata su uno dei paracadute: fauci nere che racchiudono una svastica bianca in campo rosso.
Brasile, un mese prima. È un enigma inquietante: un sottomarino giapponese abbandonato nel bel mezzo della foresta amazzonica, a centinaia di chilometri dalla costa. L’equipaggio è scomparso, così come il carico che era contenuto nella stiva. Secondo il maggiore Patrick Hendry, il sottomarino trasportava un velivolo, usato poi dai giapponesi per una missione top secret. Per far luce sul mistero, Hendry ha già mandato una squadra di ranger dell’esercito, che però non è mai tornata. E adesso tutte le sue speranze sono riposte nel capitano R.J. MacCready, zoologo di fama mondiale. Perché solo lui ha il coraggio e le competenze necessarie per seguire le tracce dei giapponesi e inoltrarsi nella Bocca dell’Inferno, un lungo canyon sull’altopiano del Mato Grosso da cui nessuno è mai uscito vivo. Costantemente avvolta nella nebbia, la Bocca dell’Inferno è una giungla impenetrabile, difesa dagli spietati guerrieri xavante. Tuttavia ben presto MacCready si renderà conto che in quel luogo si cela un segreto molto più oscuro e pericoloso. Un segreto che potrebbe rovesciare le sorti della guerra…

In questo periodo sono alla ricerca di racconti e romanzi d’avventura di vecchia scuola, ma di recente pubblicazione. In Italia “l’avventuroso” è un genere che ha vissuto una certa fortuna, soprattutto grazie al boom di autori quali Clive Cussler, James Rollins e, più recentemente, Steve Berry e Andy McDermott.
Ciò che di solito mi allontana da questi scrittori è la loro tendenza – richiesta dal mercato e dai lettori abitudinari – a ripetere trame già viste e a riproporre personaggi seriali che, per esigenze di marketing, diventano praticamente immortali, un po’ come i protagonisti dei fumetti di supereroi.
Questo fattore di prevedibilità toglie gusto alla lettura (alla mia, quantomeno) e mi annoia.
Per tale motivo ritengo – per esempio – che i migliori lavori di James Rollins sono i primi: romanzi autoconclusivi pieni di idee brillanti e di elementi fantastici ben dissimulati in trame ricche di fringe science e di solidi background tecnologici.

Recentemente ho acquistato La Bocca dell’Inferno, romanzo di due autori a me finora sconosciuti: Bill Schutt e J.R. Finch. Editrice Nord ha il merito di averlo portato in Italia, e ha fatto bene, visto che siamo in presenza di un’ottima storia di avventura, quasi un pulp, ma scritto in stile moderno, godibilissimo.
La storia, evitando gli spoiler, è quella riassunta nella sinossi. Due sottomarini, uno nazista e uno giapponese, sono incagliati in un fiume nel bel mezzo della foresta Amazzonica. È evidente che si sono spinti fin lì per un motivo importante, ma i servizi segreti americani non sanno qual è. Per questo mandano uno zoologo, un esploratore nato, a indagare. La missione non è di quelle facili: il plotone di ranger che l’ha preceduto è sparito nel nulla, forse sterminato dagli indios, o magari dai nazisti, o forse da qualcosa che si cela nel cuore della foresta…

Ne La Bocca dell’Inferno ci sono molti aspetti interessanti: azione, esplorazione, nazisti (e giapponesi) cattivi, scienza avveniristica (quantomeno nell’ottica degli anni ’40, epoca in cui è ambientato il romanzo), una succulenta pagina di criptozoologia su cui non vi dico nulla, per non rovinare la sorpresa.
E ancora: protagonisti carismatici, dai cattivi agli eroi, location fantastiche, la giusta dose di mistero, lo scenario sempre appassionante della Seconda Guerra Mondiale.
È dunque un romanzo che si fa leggere in fretta e con godimento, ammesso che vi piaccia il genere.
Una di quelle belle storie old style, ma di intramontabile interesse, che mi piacerebbe leggere più spesso, soprattutto nella nostra lingua.

Lo trovate qui (cartaceo e digitale).


Articolo di Alex Girola: https://twitter.com/AlexGirola
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