La città e l'Italia si sono accorti di loro due anni fa quando, dopo un controllo ad un capannone, all'Osmannoro, la zona industriale a cavallo con Sesto, è scoppiata la rivolta. Ma la comunità cinese di Firenze è vecchia di decenni e numerosa. Ed un romanzo giallo, per la prima volta, ci racconta questo mondo e la vecchia e nuova mafia cinese, con una lingua lucida e tagliente, una trama incisiva e appassionante, un'immersione profonda in culture e tradizioni millenarie.
C'è il protagonista sempre un po' fuori posto, mister Onofri, ci sono femmes fatales di hugoprattiana memoria, delitti efferati e misteriosi, le arti marziali, la passione per il gioco di azzardo e le auto di lusso tipiche degli orientali, un gioco di specchi dove praticamente nulla è come sembra, una Firenze inconsueta; c'è la Triade e non solo.
La storia di Little china girl (Betti Editore) - opera prima del cinquantenne Massimiliano Scudeletti, che dopo una zigzagante esperienza lavorativa e un'antica passione per la Cina e l'Oriente si occupa si scolarizzazione di immigrati adulti - inizia proprio in un anonimo capannone all'Osmannoro, zona di confine tra italiani e cinesi, dove si trova quasi nascosta la casa da gioco delle Otto Fortune. E dove Alessandro Onofri perde una fortuna e si trova a non poter dire di no alla richiesta di aiuto per fare luce su un feroce assassinio all'interno della comunità cinese.
Il thrilling è incalzante, gli omicidi si moltiplicano come gli interrogativi e l'ex video reporter di guerra deve cercare rapidamente risposte, stando attento a salvare assieme la pelle e la faccia, come impongono i rigidi codici della comunità cinese che frequenta senza l'illusione di farne parte, legato alla famiglia dello Zio Hu più di quanto vorrebbe ammettere a se stesso, agli amici, alla ex fidanzata Lien, alla bella Phoung che gli è stata messa a fianco, più per controllarlo che per aiutarlo.
Scudeletti squaderna situazioni e sentimenti, certezze ed ambiguità, usa la chiave del giallo per un viaggio in un mondo che evidentemente lo affascina, evitando ogni esotismo, ogni luogo comune, qualsiasi scorciatoia o ammiccamento per conquistare il lettore; spostando continuamente il confine tra le due comunità che a Firenze, come a Prato o Milano, sembra invalicabile.
L'idea di Little china girl, il cui titolo riecheggia la famosa canzone di David Bowie, è vecchi di anni ed il lungo lavoro dell'autore è evidente in ogni pagina, in ciascuna frase, nell'assoluta mancanza di cali di tensione, impresa certo non facile per un esordiente che non vive di scrittura. Il romanzo è stato finalista al concorso di Radio Rai1 Tramate con noi e Claudio Gorlier ha spiegato "mi ha conquistato una singolare capacità di fondere l'avventuroso, il realistico e il simbolico, con una naturalezza che mi ha sbalordito. Ho cercato di cogliere l'autore in fallo, ho assunto un atteggiamento aggressivo ma mi sono arreso", sintetizzando il valore dell'opera.
Perché Scudeletti, come l'amato Hugo Pratt, scrivendo di avventura racconta molto altro.
(Mauro Bonciani)
C'è il protagonista sempre un po' fuori posto, mister Onofri, ci sono femmes fatales di hugoprattiana memoria, delitti efferati e misteriosi, le arti marziali, la passione per il gioco di azzardo e le auto di lusso tipiche degli orientali, un gioco di specchi dove praticamente nulla è come sembra, una Firenze inconsueta; c'è la Triade e non solo.
La storia di Little china girl (Betti Editore) - opera prima del cinquantenne Massimiliano Scudeletti, che dopo una zigzagante esperienza lavorativa e un'antica passione per la Cina e l'Oriente si occupa si scolarizzazione di immigrati adulti - inizia proprio in un anonimo capannone all'Osmannoro, zona di confine tra italiani e cinesi, dove si trova quasi nascosta la casa da gioco delle Otto Fortune. E dove Alessandro Onofri perde una fortuna e si trova a non poter dire di no alla richiesta di aiuto per fare luce su un feroce assassinio all'interno della comunità cinese.
Il thrilling è incalzante, gli omicidi si moltiplicano come gli interrogativi e l'ex video reporter di guerra deve cercare rapidamente risposte, stando attento a salvare assieme la pelle e la faccia, come impongono i rigidi codici della comunità cinese che frequenta senza l'illusione di farne parte, legato alla famiglia dello Zio Hu più di quanto vorrebbe ammettere a se stesso, agli amici, alla ex fidanzata Lien, alla bella Phoung che gli è stata messa a fianco, più per controllarlo che per aiutarlo.
Scudeletti squaderna situazioni e sentimenti, certezze ed ambiguità, usa la chiave del giallo per un viaggio in un mondo che evidentemente lo affascina, evitando ogni esotismo, ogni luogo comune, qualsiasi scorciatoia o ammiccamento per conquistare il lettore; spostando continuamente il confine tra le due comunità che a Firenze, come a Prato o Milano, sembra invalicabile.
L'idea di Little china girl, il cui titolo riecheggia la famosa canzone di David Bowie, è vecchi di anni ed il lungo lavoro dell'autore è evidente in ogni pagina, in ciascuna frase, nell'assoluta mancanza di cali di tensione, impresa certo non facile per un esordiente che non vive di scrittura. Il romanzo è stato finalista al concorso di Radio Rai1 Tramate con noi e Claudio Gorlier ha spiegato "mi ha conquistato una singolare capacità di fondere l'avventuroso, il realistico e il simbolico, con una naturalezza che mi ha sbalordito. Ho cercato di cogliere l'autore in fallo, ho assunto un atteggiamento aggressivo ma mi sono arreso", sintetizzando il valore dell'opera.
Perché Scudeletti, come l'amato Hugo Pratt, scrivendo di avventura racconta molto altro.
(Mauro Bonciani)