I cliché vendono?

cliche

Ce lo chiedevamo tra amici, qualche giorno fa: i cliché, nella narrativa così come al cinema, vendono?
A sentire i pareri degli appassionati parrebbe di no. Commenti quali “la trama era prevedibile” o “il libro/film manca del tutto di originalità” sono i più gettonati in fase di discussione.
Eppure libri e film zeppi di cliché sono quelli che, bene o male, garantiscono sempre un buon tornaconto economico. Viceversa, appena si esce un poco dai binari dell’ordinarietà, il lettore/spettatore si insospettisce e storce il naso.
Si tratta di una generalizzazione, è ovvio. Per fortuna ci sono anche persone più curiose e di mentalità aperta, che giustificano il successo di sottogeneri narrativi quantomeno particolari, come il tanto citato weird west, i mash-up storico-orrorifici (vedi Risorgimento di Tenebra) e i vari -punk.
Eppure i cliché, per quanto stantii e stancanti, hanno i loro ammiratori.

Personalmente non credo nell’originalità assoluta, né in fatto di contenuti né per quanto concerne lo stile.
Ci sono degli stereotipi che, se ben gestiti, garantiscono un senso di familiarità ai lettori, senza però scadere nella sterile ripetizione di trame già viste/lette migliaia di volte.
Vi faccio un piccolo esempio pratico: tra le decine e decine di romanzi zombie tutti tanto simili da sembrare intercambiabili, ci sono un paio di titoli che si distinguono per originalità e per un alto livello qualitativo:

Il primo è una versione non-morta del capolavoro del Boccaccio, un romanzo a episodi, godibilissimo e ricco di suggestioni.
Il secondo incrocia due generi che nei fumetti si sono già fusi in diverse occasioni: quello supereroistico e quello zombesco.
In entrambe i libri è bastato adeguare il cliché della zombie apocalypse a dei contesti insoliti per ottenere dei risultati molto, molto apprezzabili. Non a caso vi consiglio una volta in più di recuperare questi ebook.

Sono solo due esempi, come ho già detto, che si perdono nel mare magnum di zombie novel tutte identiche l’una all’altra.
Eppure molti lettori apprezzano questa ossessiva ripetitività di temi e situazioni: l’apocalisse improvvisa, i morti viventi romeriani, il manipolo di sopravvissuti alla Walking Dead, i militari cattivi etc etc.

Un altro esempio di cliché che vendono è quello – già citato più volte su questo blog – dei fumetti Bonelli. Le testate più famose sono restie a rinnovarsi, perché i lettori storici vogliono (banalizzando) sempre e soltanto le stesse storie, le stesse battute, gli stessi personaggi. Ne avevamo parlato qui.

Va da sé che non sempre parliamo di un uso sapiente di cliché e stereotipi, purtroppo.
Certi generi in particolare, vedi l’urban fantasy e recentemente la fantascienza distopica orientata a un pubblico di 18-20enni, sono praticamente intercambiabili in quanto a titoli, trame, protagonisti e perfino copertine! Ma un certo tipo di pubblico pare accontentarsi di questa ripetitività ossessiva, perciò editori e produttori non osano proporre nulla di nuovo.

Voi che ne pensate? Quanto, come e in che modo tollerate i cliché narrativi?

Uno dei cliché più abusati al cinema.

Uno dei cliché più abusati al cinema.

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