Il volto di Dorian Gray (art work di Ken Meyer Jr. http://kenmeyerjr.deviantart.com/)
Questo post nasce dall’articolo dell’amica Lucia, in morte di George A. Romero. Vi cito un passaggio che mi ha colpito molto.
Sì, lo so, la sto facendo troppo lunga per un tizio che non ho mai visto in vita mia, sto esagerando. Forse è vero, il mio stato d’animo è eccessivo, usare termini come dolore è, in qualche modo, sbagliato.
Ma, anche in questa circostanza, come non potevo fare a meno di creare preoccupazione nei miei genitori da bambina, quando mi vedevano traumatizzata e felice davanti ai miei morti viventi, oggi non posso fare a meno di provare una sofferenza reale, perché con certi personaggi si sviluppa un legame affettivo, anche se non li conoscerai mai. Arrivi a volergli bene come se fossero dei parenti, arrivi a considerarli dei padri putativi. Per certi periodi bui della tua vita, questi personaggi diventano i tuoi migliori amici, diventano il tuo conforto, diventano i tuoi pilastri, alleviano la tua solitudine e ti fanno sentire meno strana, meno perduta, meno incompresa.
Sono le tue certezze.
Quanti di voi si sono trovati in queste parole?
Io sì, ma scommetto di non essere l’unico.
Sono cose su cui non ci si sofferma spesso. I pensieri vanno altrove. Ci sono il mutuo e le bollette da pagare, ma anche Facebook da aggiornare con uno status sarcastico, e la nuova maglietta da fotografare per Instagram. C’è da discutere di quanto sia nerd o meno il successo di Game of Thrones. Ci sono anche cose molto più brutte, a monopolizzare la nostra vita adulta: i genitori che invecchiano e si ammalano, crisi di coppia, disoccupazione.
Nel mentre continuiamo a rincorrere l’eterna giovinezza. A fingere che il tempo non passi mai. Non per noi.
E poi? E poi succede che una delle “certezze” citate da Lucia muore, e tu ti scopri vecchio.
Vecchissimo.
Questi ultimi mesi sono stati un tour de force per Sorella Morte.
Non sto a citare tutti i volti celebri passati a miglior vita, ma ce ne sono alcuni che hanno decisamente lasciato il segno nel sottoscritto.
David Bowie
Joe Dever
Paolo Villaggio
George Romero.
Nomi e volti con cui sono cresciuto. I famosi padri putativi del pezzo che ho riportato a inizio post.
Crescendo attraverso i loro film, i loro dischi e i loro libri, arrivi a considerarli archetipi immortali.
Può capitare che per lunghi periodi ti scordi di loro, almeno a livello cosciente. Eppure sono lì.
Villaggio? Non lo vedevo in TV da tempo ed erano trascorsi un paio di anni dall’ultima volta che avevo visto Fantozzi. Eppure usavo le sue battute quasi quotidianamente.
MONKEY SHINES, Director George A. Romero, 1988. (c) Orion Pictures.
Romero? I suoi ultimi film non mi sono piaciuti granché, così non li ho rivisti più di un paio di volte. Gli altri – la prima trilogia – li conosco talmente bene che non ho avuto la necessità di ripassarli per l’ennesima volta.
Eppure l’essenza del suo cinema, la visione dell’apocalisse dei suoi film, continua a influenzare la mia scrittura in ogni cosa che scrivo, o quasi.
Idem per Dever, nemmeno a dirlo. Il creatore di Lupo Solitario? L’uomo che ha spinto centinaia di migliaia di giovani ad avvicinarsi alla lettura? Praticamente un precursore (molto meno celebrato) di J.K. Rowling.
E Bowie? Devo davvero raccontarvi quante volte la sua musica ha incrociato il mio cammino, sebbene io non possa dichiararvi un suo fan nel senso letterale del termine? No, non è necessario.
Per un ragazzo di provincia tendenzialmente solitario (non musone né introverso, ma con interessi diversi dalla partita di calcio e dalla vita d’oratorio), questi personaggi sono stati davvero mentori, compagni di viaggio, amici.
Quando altri erano fuori a sgasare coi primi motorini, io imparavo a memoria le battute di Dawn of the Dead e di Fantozzi. Tralasciamo quanto già detto in altri post, a proposito di giochi di ruolo e librogame.
La mia è stata un’adolescenza più triste rispetto ad altre? E chi lo dice? A me è piaciuta. Mi è piaciuto come ne sono uscito – anche se non è stato indolore né facile. Ma quando mai lo è?
Ogni volta che qualcuno di questi personaggi muore, io mi sento sempre più vecchio. Come una sorta di Dorian Gray moderno.
È capitato anche a voi, lo so, magari con personaggi diversi. Ne ho avuto la prova leggendo i ricordi che avete lasciato in occasione della morte di Chester Bennington (sciacalli e metallari psicopatici a parte).
Però il mondo di oggi non consente troppe menate nostalgiche.
Come dicevo, c’è molta fretta. Ci sono i social da aggiornare, ci sono i personal brand da rendere più fighi del concetto stesso di figaggine. C’è da dimostrare al mondo che, anche se siamo dei 30-40-50enni trasudiamo di giovinezza, di vitalità e di fascino, come e più di quando eravamo diciottenni.
E poi – hey! – è estate. D’estate bisogna essere felici. C’è sempre una spiaggia in cui spararsi un selfie, una canzone latino-americana con cui tirarsi scemi e un aperitivo da fare, da qualche parte.
Gli esperti di comunicazione dicono che bisogna trasmettere un’immagine serena e vincente.
Usate foto in cui sorridete. Parlate di cose allegre. Inventate dei meme divertenti. Non parlate dei vostri momenti no, di cose che mettono malinconia o malumore.
Insomma, non scrivete post come questo.
Sono da vecchi.
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