In questo post unisco due fonti primarie della mia passione per un certo tipo di letteratura: la Divina Commedia di Dante Alighieri e i classici greci, storie di eroi, mostri e Dei.
Tutto ciò che viene raccontato ancora oggi deriva spesso (quasi sempre) da queste opere. Lo stesso Dante recuperò delle consolidate figure mitologiche per adattarle alla sua immortale opera.
Oggi voglio citare proprio questi riadattamenti fatti dall’Alighieri, che si è preso la briga (e il gran divertimento, a parer mio) di usare Enea, Teseo, Ulisse ed Ercole per la sua narrazione. Il risultato, manco a dirlo, è spettacolare.
Certo, anche voi siete stati obbligati a studiare la Divina Commedia a scuola, magari da professori annoiati e stanchi. L’avete odiata (forse), quindi accantonata. Eppure è una miniera di gemme rare…
Gli eroi greci nella Divina Commedia
Teseo
Personaggio della mitologia classica, figlio di Egeo e di Etra, collegato al ciclo di leggende minoiche: uccise il Minotauro grazie all’aiuto di Arianna, figlia di Minosse, che gli fornì il filo per introdursi nel labirinto. È protagonista con l’amico Piritoo di una discesa agli Inferi nel tentativo, poi fallito, di rapire Proserpina.
Dante lo cita in Inf., IX, 54, quando le Furie si rammaricano di non aver respinto il suo assalto in occasione della sua discesa agli Inferi, e in XII, 17, quando Virgilio allontana il Minotauro ricordando che ad ucciderlo era stato il duca d’Atene. Lo cita anche in Purg., XXIV, 121-123 come l’eroe che combatté contro i centauri (è uno degli esempi di gola punita).
Enea
Enea è citato per la prima volta da Dante in Inf., I, 73-74, quando Virgilio si presenta come il poeta che ha cantato del giusto / figliuol d’Anchise. Dante lo nomina nuovamente in Inf., II, 13-27 con la perifrasi di Silvio il parente (il padre di Silvio, nato dalle nozze con Lavinia e succeduto al fratello Ascanio nel governo di Alba Longa), in quanto Enea era stato protagonista come san Paolo di un viaggio nell’Oltremondo, quello narrato da Virgilio stesso nel libro VI dell’Eneide. Dante non si sente all’altezza di compiere un viaggio simile e cita l’esempio di Enea, scelto da Dio come fondatore de l’alma Roma e di suo impero. Enea viene poi descritto tra gli «spiriti magni» del Limbo (Inf., IV, 122), accanto a Ettore, il più grande eroe troiano, e a Cesare, primo imperatore romano.
Ulisse
Dante lo colloca fra i consiglieri fraudolenti dell’VIII Bolgia dell’VIII Cerchio dell’Inferno, dedicandogli buona parte del Canto XXVI. Il poeta nota che una delle fiamme in cui sono avvolti i dannati ha due punte e ne chiede spiegazione a Virgilio. La guida risponde che dentro di essa sono puniti Ulisse e Diomede, colpevoli di aver escogitato l’inganno del cavallo di Troia, di aver smascherato Achille a Sciro, nonché di aver compiuto il furto del Palladio. Dante manifesta il desiderio di parlare con Ulisse e Virgilio acconsente, a condizione però che sia lui a rivolgersi a loro in quanto, essendo greci, potrebbero essere restii a parlare col discepolo. Il poeta latino chiama i due dannati e invita uno dei due a spiegare come e quando morì, quindi il maggior corno de la fiamma antica inizia il suo racconto.
Ulisse narra che dopo aver lasciato la dimora di Circe non volle tornare coi suoi compagni a Itaca, ma si mise in mare aperto affrontando un avventuroso viaggio. Giunto con la sua nave allo stretto di Gibilterra, limite delle terre conosciute, aveva rivolto ai compagni una orazion picciola per indurli a oltrepassare le colonne d’Ercole ed esplorare il mondo sanza gente. Il folle volo nell’emisfero australe, completamente invaso dalle acque, era durato circa cinque mesi, finché la nave era giunta in vista del monte del Purgatorio. A quel punto si era levata una terribile tempesta, che aveva investito la nave di Ulisse e l’aveva fatta colare a picco, causando la morte dell’eroe e di tutti i suoi compagni.
Ercole
Personaggio della mitologia classica (Eracle in greco), figlio di Zeus e Alcmena, protagonista delle celebri dodici fatiche che lo opposero, fra l’altro, a vari mostri e animali del mito. Secondo una nota leggenda, Ercole avrebbe posto le colonne che poi presero il suo nome presso lo stretto di Gibilterra (in realtà le due rupi di Calpe e Abila), a indicare il limite estremo delle terre emerse.
Dante lo cita varie volte nell’Inferno, spesso quale protagonista vittorioso di lotte con creature mostruose: indirettamente in IX, 98-99, quando il messo celeste ricorda ai demoni della città di Dite l’episodio in cui l’eroe aveva trascinato Cerbero fuori dagli Inferi; in XXV, 28-33, alludendo all’uccisione di Caco; in XXVI, 108, quando Ulisse racconta del suo viaggio oltre Gibilterra; in XXXI, 132, ricordando la sua lotta col gigante Anteo.
Nota Bene: Tutte e quattro i passaggi relativi agli eroi sono tratti dal favoloso sito “La Divina Commedia”, una vera e propria wikipedia sull’opera dantesca. Utilissimo in fase di documentazione. Ne ho fatto un uso intensivo per la stesura di Biondin all’Inferno, tanto che questo sito mi è risultato utile quanto un saggio sul celeberrimo capolavoro dell’Alighieri… Orientarmi nella geografia infernale è stato al contempo piacevole e inquietante. Fra qualche giorno, quando il libro comparirà magicamente su Amazon*, potrete fare il mio medesimo viaggio.
* Però potete già ordinarlo, a prezzo scontato. Sì, questa chiusura promozionale è vergognosa :D
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