1952.
Sono passati dieci anni da quando la disfatta britannica subita a Dunkirk ha costretto il Regno Unito a una scomoda pace con Hitler.
In Africa la svastica sventola dal deserto del Sahara alle rive dell’Oceano Indiano. Nuovissime autostrada tagliano giungle e savane, jet a propulsione solcano i cieli. La brutale presenza delle SS naziste si fa sentire ovunque, nel Continente Nero.
Ora Walter Hochburg, plenipotenziario nazista in Africa, minaccia ciò che resta delle poche colonie britanniche in loco. A un mercenario inglese in disgrazia, Burton Cole, viene offerta un’ultima missione: uccidere Hochburg. Se il nazista sopravviverà, potrà portare a termine il suo piano di sterminio della popolazione nera.
Ma la missione di Cole presenterà più di una complicazione. Costretto alla fuga tra i campi di schiavitù del Congo e l’Angola devastata dalla guerra, il vecchio mercenario si troverà a combattere soprattutto per salvare la propria vita.
Da più di tre anni attendevo di leggere Afrika Reich, il romanzo ucronico di Guy Saville, purtroppo mai tradotto per il mercato italiano.
Lo avevo comprato spinto dall’entusiasmo – come sapete amo l’ucronia – e da una copertina tanto semplice quanto spettacolare.
Poi, complici alcune recensioni non proprio positive, il libro di Saville è finito dietro molti altri titoli in lista di lettura, rischiando di essere dimenticato.
Ecco, non sempre è opportuno fidarsi delle recensioni lasciate su Amazon.
Afrika Reich è stato bocciato da alcuni acquirenti perché – la faccio breve – sarebbe troppo pulp (e non nel senso di “pulp fiction”).
Il protagonista è un antieroe sconfitto dalla vita ma quasi invincibile, capace di uscire vivo da sparatorie, esplosioni, inseguimenti. Un tipo alla Bruce Willis, o alla Charlton Heston.
I cattivi – vale a dire i nazisti- sono caratterizzati come quelli dei film di Indiana Jones, ma in versione più crudele. Da loro ci si aspetta il peggio e l’autore ci offre il peggio. I villains sono molto stereotipati, questo è vero. Sono in linea con una certa tradizione letteraria. Un recensore ha utilizzato il termine “nazisti da fumetto”, il che non è sbagliato.
Forse questi lettori si attendevano un’ucronia alla Fatherland. In tal caso hanno effettivamente sbagliato acquisto. Saville offre un contesto di storia alternativa dettagliato quanto basta e lo utilizza – come già detto – per scrivere una storia di avventura, di azione, di sparatorie e inseguimenti.
Conosco più di una persona che sarebbe ben felice di leggere un romanzo così. Anzi, per dirla tutta credo che farebbe gola anche a molti grandi editori italiani, che pubblicano tutto ciò che scrive gente del calibro di Glenn Cooper e James Rollins. Con Saville siamo su questi livelli – alti, medi o bassi, decidete voi – con l’aggiunta dell’elemento ucronico, di per sé sempre intrigante.
Se siete interessati, dategli un’occhiata.
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