In un non meglio precisato futuro, una guerra nucleare ha spazzato via buona parte della civiltà umana.
Siamo in un bunker, freddo, mai baciato dalla luce del sole, ma grande abbastanza per ospitare una piccola comunità di sopravvissuti. Questi cercano di andare avanti, di ricostruire una pallidissima parvenza di normalità, tra lezioni per i bambini e una gestione oculata delle risorse alimentari a loro disposizione.
Il sogno del mondo che era – e che probabilmente non sarà mai più – è la piccola speranza che nutre il piccolo Jesus, voce narrante della storia.
Ma la comunità di superstiti è minacciata da creature tanto reali quanto sfuggenti e pericolose. Sono gli Stranieri, gli invisibili. Essi compaiono di tanto in tanto e fanno sparire chi ha la sfortuna di finire nelle loro grinfie…
Parlo di questo film con un notevole ritardo. L’ho rivisto da poco e ha confermato tutte le buone impressioni della prima volta.
Specifico che si tratta di una pellicola spagnola del 2006, del regista Elio Quiroga, con un cast del tutto privo di star, e con un budget limitato (anche se non miserevole come quello di certi film amatoriali che riescono in qualche modo ad arrivare alla distribuzione internazionale).
La Hora Fria è un piccolo gioiellino fantahorror, che unisce diversi filoni del fantastico: dal postapocalittico alle storie di zombie, rielaborando anche le situazioni del cinema di assedio e talune atmosfere della fantascienza distopica degli anni ’70.
Forse non stiamo parlando di una pellicola cult – fosse anche perché praticamente nessuno, qui da noi in Italia, ne ha parlato (alzi la mano chi lo conosce) – ma si tratta di un film girato con molto mestiere, con una conoscenza approfondita dei meccanismi di genere e con un respiro internazionale.
Eh già, una delle cose belle de La Hora Fria è che esso, pur essendo spagnolo, funziona per qualunque tipo di pubblico.
Siamo molto lontani dai campanilismi ottusi del cinema italiano, che insiste nel produrre insipide commedie (o, peggio ancora, drammoni pseudo-realisti), che non sono sono tremendamente autoriferiti, ma che richiamano persino a campanilismi regionali. Pensate alle commediole in romanesco, a un certo sottofilone di film con comici meridionali o alla stucchevole costola milanese dei film usciti direttamente da Zelig o da Colorado Cafe.
Il film di Quiroga è lontanissimo da tutto ciò, e si dedica agli appassionati di ben altro genere di cinema, offrendosi a tutti quegli spettatori stanchi di battute da caserma e di storielle di amanti, di equivoci o di lacrime tra innamorati.
La Hora Fria è un film d’atmosfera (credo di averlo già detto), che ha come protagonista principale il bunker in cui è ambientato.
Un bunker che “respira”, che offre situazioni al cardiopalma senza però dover ricorrere ai mezzucci di certi teen horror, concepiti per chi ama le storie banali, da seguire a cervello spento (si dice così, no?).
Se vi capita, cercatelo e poi mi saprete dire.
Anche il colpo di scena finale, una volta tanto, è davvero ben pensato e ben realizzato.
Alex Girola – follow me on Twitter
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