Anche se sono tendenzialmente ateo, ho molto rispetto per il Culto dei Morti.
Credo fermamente nell’affermazione “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma“, fatta dal chimico, biologo e filosofo francese Antoine-Laurent Lavoisier. Credo anche che essa possa valere tanto nel campo della fisica quanto in quello della metafisica.
Nessuno ha ancora provato l’esistenza dell’anima, tuttavia, se essa fosse reale, pare davvero improbabile che muoia col corpo fisico. Allo stesso modo mi pare eccessivamente bizzarro che essa venga “giudicata”, per poi finire all’Inferno, in Paradiso, nello Sheol o nell’Ade.
Anche se ho scritto alcune novel ambientate nell’Aldilà – concetto che, a livello narrativo, mi affascina moltissimo – stento a credere nell’esistenza di luoghi del genere.
Quindi dove vanno a finire le anime dei morti?
No, non credo nemmeno nella reincarnazione, che appare lontanissima dalla mia concezione del… beh, del tutto.
La mia domanda se la pone l’umanità intera, da diversi secoli.
In questo periodo si celebra il ricordo dei cari estinti, che in qualche modo vuole essere anche una ricorrenza per esorcizzare la paura di essere dimenticati da chi ci sopravvive.
O almeno, io la vedo anche così.
Per quanto possa esserci cara la persona scomparsa, che sia esso un genitore, un coniuge o perfino un figlio, la vita ci porta inevitabilmente a occuparci di chi resta. Certo, a volte occorre molto tempo, spesso il dolore rimare sempre lì, come una spina conficcata nella carne, ma in realtà il presente e il futuro riescono ad allontanare il passato, per quanto esso ci stia a cuore.
Molti popoli celebrano il culto dei defunti quasi a livello di religione nazionale.
In Cina, per esempio, la venerazione degli antenati rappresenta un valore assoluto, anche se più a livello filosofico, che non di fede astratta. Rispettare i defunti, gli antenati, è un onore e un obbligo morale.
In primavera e in autunno vengono celebrati i “festival degli spiriti” (o dei fantasmi), con tanto di offerte rituali ai morti.
Anche nel resto dell’Asia il culto dei defunti è molto praticato. Penso soprattutto alla Corea, dove tale fenomeno si chiama Jerye, al Vietnam, dove quasi ogni casa ha il suo altarino dedicato agli antenati e all’India, dove attraverso il rituale del Tarpan, dove si offrono doni a base di cibo ai defunti.
In Madagascar, terra esotica e affascinante sotto un’infinità di punti di vista, il culto dei morti è praticamente diffuso in tutta la popolazione.
I Razana (gli antenati) sono ricordati spesso e volentieri, anche attraverso delle esumazioni fatte a intervalli regolari. In queste occasioni i corpi vengono esposti periodicamente, quindi si cambiano i loro sudari con altri di seta pulita, e si procede a una nuova sepoltura.
Ci sono poi dei piccoli gesti quotidiani che ciascun malgascio fa per “salutare” i propri antenati, come per esempio offrire un sorso di rum in loro memoria.
In alcune aree rurali della Cornovaglia e del Galles vengono tuttora celebrate delle feste dedicate ai morti. Esse cadono in corrispondenza con quello che banalmente viene definito Halloween, ma ricordano più la tradizione celtica di Samhain. Queste occasioni si chiamano rispettivamente Kalan Gwav (in Cornovaglia) e Calan Gaeaf (in Galles).
Chiudo questa piccola e incompleta rassegna citando il celeberrimo Dia de los Muertos, di origine messicana, una tradizione che mischia antichi riti mesoamericani e le classiche feste dei morti di origine europea e anglosassone. Il Giorno dei Morti messicano è un’ottima occasione per celebrare i defunti, ed è anche una festa pittoresca, dove sbucano altari in ogni vicolo, adornati di fiori, fotografie e ritratti dei morti. Altra caratteristica singolare di questa occasione sono i Calaveras, repliche di teschi umani realizzati in argilla o in zucchero.
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