Il rapporto tra fascismo e zombie apocalypse

Thatcher-zombie

Parlare di politica è una cosa che amo fare quanto cavare un dente.
Però ogni tanto è giusto fare qualche riflessione ad alta voce – vale a dire qui sul blog. Lo faccio anche perché la politica ogni tanto tange anche i miei campi d’interesse, ossia quella letteratura fantastica a cui dedico tanti sforzi.
Per esempio, discutendo coi colleghi, ci siamo spesso domandati quante e quali relazioni ci sono tra i fanatici delle zombie apocalypse e chi aspira a una “rivoluzione fascista” che ribalti l’attuale società, ponendo le basi di un mondo nuovo.
Innanzitutto è corretto affermare che esiste qualcosa del genere?
Secondo me sì, e non solo il solo a dirlo. Basta fare un giro su Amazon per trovare quantità industriali di racconti e romanzi che narrano la solita storia: il mondo finisce per colpa della zombie apocalypse, grezzamente utilizzata dall’autore come metafora del marciume della società moderna, rimbambita dal capitalismo, dal buonismo, dalla tecnologia, dalla scienza e via elencando.

In queste zombie apocalypse fortemente ideologizzate i sopravvissuti in grado di salvare la pelle (sempre e comunque) sono generalmente ex militari disillusi (maschi alpha), che combattono per sé stessi e per un gruppo di soggetti-beta di cui diventano i leader naturali.
Nel loro vagabondare tra i resti della civiltà umana, questi eroi duri e puri affrontano zombie, ma anche piccoli/grandi tiranni locali, eliminando senza pietà chiunque – a loro insindacabile giudizio – non è degno di vivere nel nuovo mondo post-apocalittico.
Parliamo di “eroi” che si ergono a tribunali, giudici e boia.
In taluni casi è il realismo della situazione a richiedere un comportamento tanto deciso e spietato, mentre in altri l’autore vuole – più o meno dichiaratamente – far capire quali dovrebbero essere i leader di un mondo “giusto” e sano.

Peccato che il genere zombie moderno nasca da un’ottica inversa.
George A. Romero è stato anticonformista, antimilitarista, fortemente critico nei confronti dei poteri forti e delle autorità, ma anche convinto fustigatore di chi, dopo il crollo della civiltà cerca di sfruttare armi e violenza per sfruttare i deboli.
In questo senso Day of the Dead è forse il suo film più politico, ancor più di Dawn of the Dead, dove a essere preso di mira è il consumismo, senza però offrire un’alternativa di senso morale/politico opposto e contrario.
Negli anni ’70 e ’80 i registi di zombie movie interpretavano i militari – uniche forze di opposizione ai morti ritornati dalle tombe – come ottusi, violenti e incapaci di risolvere alcunché. C’è stato perfino un eccesso nel rappresentare questo cliché, oramai abusato e stucchevole.

zombie policeman

Ora però assistiamo a un processo contrario.
Non è un fenomeno diffuso tanto nei film quanto nella letteratura zombie, come ho già detto.

Volendo azzardare un’interpretazione sociologica, potrei affermare che i fan delle zombie apocalypse fortemente militariste sono gli stessi che sui social network augurano impiccagioni ai politici, bombe nelle sedi di istituzioni e governi, oppure un ritorno alla vita rurale “da veri uomini”. Oppure sono quelli che evocano l’uomo forte al comando, quello che risolve i presunti problemi di “minaccia identitaria di un popolo” a calci nel culo e a cannonate.
Ovviamente non è sempre così.
C’è anche chi, da buon bullonaro, ama le storie di zombie apocalypse e soldati perché è appassionato di armi da fuoco e di scontri campali, senza retropensieri e ideologie.
C’è poi chi scrive storie di zombie apocalypse belliche i cui protagonisti sono soldati o membri delle forze dell’ordine che combattono per gli stessi motivi dei loro omologhi nella vita reale: per proteggere gli innocenti.

I migliori zombie guy (così vengono definiti gli autori specializzati in zombie) sanno soprattutto scrivere buoni racconti, che siano essi metaforici oppure soltanto divertenti.
Mi vengono in mente Brian Keene, Max Broox, David Moody o Claudio Vergnani. Perfino uno scrittore dal tratto fortemente militaristico, J.L. Bourne, non cade mai nella tentazione di connotare di aneliti fascisti i suoi romanzi. Perché un conto è colorare di significati politici una storia di zombie, un altro è trasformarla in un triste manifesto in cui si anela a un modo dominato da un gruppetto di maschi alpha che si comportano “come veri uomini”.

Proprio ieri, tanto per fare un esempio fresco fresco, è uscito un nuovo racconto zombie, Jugglerz of the dead, che l’autore Massimo Mazzoni presenta così: “… Quindi pochi pistolotti morali sulla degenerazione della società attuale e sulla glorificazione degli ultimi tutori dell’ordine, ma tanta azione, fluidi marcescenti e molta giocoleria!
Se si vuole si può sempre uscire dagli schemi che stanno incatenando il genere, e non tocca farlo solo ai “big”, ai grandi autori citati poco sopra, ma anche a noi autori indie che amiamo ciò che scriviamo e che odiamo essere associati a certi elementi.

jugglerz

La cosa curiosa – e poi concludo – è che il “fascismo zombie” non è di solito orientato contro le minoranze tanto odiate della destre estreme (omosessuali, musulmani, ebrei), bensì contro la nostra società, vista come decadente, debole, distratta da cose giudicate inutili, come la televisione, Internet, i social network, lo sport, l’eros, il cinema. Non a caso la zombie apocalypse spazza via tutto questo, lasciando l’essenziale e permettendo la nascita dei nuovi leader, gli “uomini veri”.
Si tratta di un vetero-fascismo che richiama ai Bücherverbrennungen (i roghi di libri), in cui vennero bruciati migliaia di volumi “non tedeschi”, ma anche molti libri giudicati colpevoli della decadenza e della mollezza morale dell’uomo moderno.

L’uomo tedesco del futuro non sarà più un uomo fatto di libri, ma un uomo fatto di carattere. È a questo scopo che noi vi vogliamo educare. Come una persona giovane, la quale possiede già il coraggio di affrontare il bagliore spietato, per superare la paura della morte, e per guadagnare il rispetto della morte – questo sarà il compito della nostra nuova generazione. (Joseph Goebbels).

Vi viene in mente forse qualcun’altro che ce l’ha tanto con la modernità, con uno stile di vita “molle” e “decadente”, talmente nocivo e blasfemo – dicono loro – da dover essere spazzato via con violenza purificatrice?
Ma voi vi sentite davvero in colpa perché usate Facebook, perché mangiate hamburger, perché ascoltate musica pop, perché siete a favore dei matrimoni gay, perché vi piace ogni tanto comprare un vestito bello, perché ogni tanto guardate le donnine nude su Internet, perché la figlia dei vostri vicini ascolta Miley Cyrus?
Io no.
La nostra non è una società perfetta. Siamo pieni di difetti, siamo distratti da mille sciocchezze e pubblichiamo stupidate sui social network. Eppure ci evolviamo, cerchiamo – con risultati alterni – di costruire un mondo a misura delle stramberie di tutti quanti.
Non voglio che le mie zombie novel di fantasia – di intrattenimento – vengano prese per manifesti pro-estinzione, per incitazioni ad accendere i roghi sacri da cui si ergeranno i virili custodi della nuova umanità.
Queste pezzenterie wagneriane le lascio al macho di turno, al survivalista da tastiera, al Rambo da osteria.

E con questo chiudo.
Scusate se sono stato pesante, prolisso, magari un po’ eccessivo, ma io sono Alessandro Girola, uno zombie guy convinto, e volevo distinguermi da quella gente lì.

zombie apocalypse


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