Intervista a Germano M: a proposito di scrittura, editing e blogging

Credo che sia il momento buono per pubblicare questa chiacchierata fatta al mio amico, collega ed editor Germano M (Hell per gli amici – e probabilmente anche per i nemici).
In anni di attività nel campo del blogging, della scrittura e dell’editoria indie, Germano è senz’altro una delle pochissime persone che sono arrivato a considerare davvero – come già detto – un amico.
La stima, spero reciproca, è sia professionale che umana ed esula dal freddo concetto di do ut des, che pare dominare sempre più spesso i settori artistici.
Ma questa non vuole essere una sviolinata, bensì l’occasione di mostrarvi come lavora un ottimo editor, che è anche scrittore indipendente e blogger.
Ma bando alle ciance: vi lascio all’intervista.
Spero che vi piaccia e magari possa tornarvi utile in qualche modo.


A: Uellà, buongiorno! Inutile fingere un formalismo da telegiornale RAI, visto che collaboriamo da anni, giusto? Inoltre qualcuno sostiene che io e te siamo la stessa persona. A proposito: siamo la stessa persona?

G: Certo che lo siamo. Quindi in questo momento mi sto intervistando da solo, tipo allo specchio. Qualcuno penserà che sia pazzo.

A: In questa intervista voglio far conoscere il tuo lavoro come editor, e ci arriveremo a breve. Però tu sei anche blogger e scrittore. In questo momento della tua vita, come ripartisci il tuo tempo e le tue energie tra questi tre lavori?

G: In questo momento gestisco tre blog, due legati strettamente a altrettanti universi narrativi di cui mi occupo. E poi, sì, c’è l’editing, che assorbe (per fortuna) gran parte del mio tempo.
La precedenza ce l’ha, ovviamente, l’editing, che poi è l’attività grazie alla quale riesco a campare e a svolgere le altre due.
Penso che gestire questi tre aspetti appaia molto complicato, dall’esterno. Si fatica a comprendere che una persona sola possa svolgere tre attività diverse allo stesso tempo, si preferisce attribuire una sola etichetta, per non fare confusione. Quindi, complice anche il fatto che pubblicizzo di più la mia principale attività, sono diventato l’editor. Che scriva o che gestisca dei blog è qualcosa che arriva solo agli esploratori della rete.
Poco male, per ora sta bene così, anche se mi dispiace, perché gradirei avere le stesse possibilità di gradimento per i miei scritti, ai quali tengo molto.

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A: Già, blogger, scrittore ed editor sono lavori, non hobby o “passioni” (non soltanto, quantomeno). Hai mai difficoltà a far capire questo concetto ai tuoi interlocutori, sia online che offline?

G: Offline no, cosa stranissima. O forse sono solo stato fortunato con le mie conoscenze. Tutti capiscono che l’editing è lavoro remunerato. Nessuno obietta. Certo, in passato ho incontrato tanti scettici, gente mentalmente condizionata da un’Italia che non c’è più, quella dei loro nonni, e nemmeno loro. Forse non è mai esistita.
Per ciò che concerne scrittura e blogging, be’, il discorso è più ampio: lì i primi a non crederci sono i “colleghi”, che sono sempre i primi a sbraitare sulla passione, forse perché sono abbastanza fortunati da mantenersi con altri impieghi, sminuendo di fatto i tentativi di chi, legittimamente, vuole fare della scrittura il suo lavoro.
Finché non cambia la mentalità d’accatto di questi personaggi, la sensibilità del pubblico ne sarà sempre condizionata.

A: Il tuo blog, Book and Negative, e uno di quelli storici, nella realtà della blogosfera italiana. In questi anni ha subito diversi mutamenti, evoluzioni, restyling e chi più ne ha più ne metta. Da cosa nascono questi cambiamenti?

G: Dal fatto che sono uno che si annoia in fretta, dell’estetica, delle polemiche, degli argomenti, della gente delle discussioni. Dei film, delle serie TV, dei libri. Sì, sono quello che, se s’è annoiato dopo dieci pagine di un volumazzo di mille e più, non ha alcuno scrupolo a chiuderlo e a buttare le restanti 990 pagine dalla finestra. Per cui cambio. Il cambiamento è la mia costante, credo. Ed è, di conseguenza, la costante del mio blog: otto anni di sperimentazione. Per fortuna non mi sono mai annoiato del suo nome.
Sono in controtendenza col pubblico che, al contrario, si affeziona alla tradizione. Insomma, sono sbagliato per questo internet.

A: La blogosfera italiana fa acqua da tutte le parti. Facebook l’ha quasi ammazzata, aiutato dagli altri social. Quanto ti mancano, se ti mancano, i bei tempi in cui i blog erano tanti, vivi e ricchi di idee?

G: Non troppo, in verità. Sì, erano tempi ricchi e fecondi, e parliamo non di trenta, ma di appena sei-sette anni fa, ma la ricchezza e la fecondità erano per lo più di facciata: era un microcosmo di gente ambiziosa e in gamba che fingeva amicizia e apertura mentale solo per secondi fini, ovvero, per la maggior parte, entrare in quello stesso sistema che davano l’idea di aborrire sui loro blog.
Ora siamo rimasti in pochi, la maggior parte è andata a inquinare i social media o è stata arruolata da quello stesso sistema, o s’è arresa e ha chiuso. Ma per me è meglio. Quei pochi rimasti non hanno ipocrisie. Be’, più o meno. Bisogna sempre fare attenzione a chi si incontra.

A: Se dovessi dare tre consigli a un giovane e giovane blogger desideroso di diventare il tuo padawan?

G: Non accetterei, non sono un maestro. E, diversamente da Luke, che gode nel farsi pregare di tornare in azione e salvare l’universo che la sua stessa inazione ha condannato, io me ne frego, sto bene sulla mia isoletta, lontano da tutti.

A: Parliamo della tua scrittura. Hai diversi e-book all’attivo, molti cicli narrativi in corso d’opera, spazi dalla fantascienza al dark fantasy, passando per l’horror. Qual è finora il racconto che hai scritto che più ti piace?

G: Uhm… difficile dirlo. Perché non sono affezionato a un genere. Da sempre aborro i generi e mi diletto in atmosfere.
Diciamo che sono tre: Gli Ulivi, Perfection e La Signora dei Sogni. Per ragioni diverse.

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A: Un po’ come me fai spesso uso di personaggi femminili, molto lontani dallo stereotipo e va di moda nella letteratura romance. Come la mettiamo con tutte le menate riguardo alla presunta incapacità degli autori maschi di “interpretare” delle donne?

G: La mettiamo col fatto che pochi mi hanno letto. Questo è. Le donne che, al contrario, l’hanno fatto, hanno trovato le mie protagoniste ottimamente caratterizzate: sono donne, né più né meno. Non macchiette create da un uomo.
Leggete e scopritelo.

A: Quali sono gli archetipi della narrativa del fantastico che preferisci? Di quali ti piacerebbe scrivere una tua versione romanzata?

G: Uhm… non credo di sentirmi a mio agio in questo genere di operazioni. Non ora, per lo meno, ma in futuro, chissà…

A: Anche tu sei un autore indie per scelta ragionata. Che vuoi dire a quelli che non credono che si possa essere indie per volontà, e non per ripiego?

G: Che sono dei mentecatti.
Troppo duro?
Sì, la loro è un’opinione. Ma è un’opinione stupida, perché pregiudizievole. E io non rispetto la stupidità e nemmeno il pregiudizio.
È questo che sono, mentecatti. Così come erano mentecatti quelli che siccome una cosa l’aveva scritta Aristotele allora non poteva essere diversamente, in barba alle evidenze che dimostravano il contrario. Dei mentecatti con troppo potere a disposizione.
Che noia, la specie umana.

A: Finalmente parliamo di editing. Facciamola breve: cosa offri a un autore, lavorando in fase di editing?

G: Offro un miglioramento dell’opera in esame. Ne curo la forma, il contenuto, lo purifico da errori e refusi, propongo interventi per incrementarne la scorrevolezza e per impreziosire lo stile. Là dove possibile.
È un lavoro intimo e c’è chi non gradisce che il proprio scritto sia violato nel suo intimo.
Però finora ho avuto clienti che ho fatto crescere e che mi hanno fatto crescere. È un mutuo scambio molto importante.

A: C’è chi pensa che l’editing sia un servizio caro, quindi ne fa a meno. Il risultato di solito è disastroso. Tuttavia ti lancio una provocazione: in un settore in cui girano pochissimi soldi è sempre più complicato fare degli investimenti. Secondo te c’è un modo per uscire da questo impiccio?

G: Per come sta messo adesso il settore in Italia, le mie previsioni da qui a cinque anni oscillano tra carestia severa e apocalisse con susseguente estinzione di massa.
Sì, sono ottimista, però è questo che succederà.
E sì, la favoletta che la qualità verrà premiata dalla selezione naturale rispetto alle schifezze è sempre seducente e, ti dirò, persino sensata, però… no, là fuori i lettori sono troppo imbarbariti. Cosa ha portato a questo imbarbarimento non so dirtelo con esattezza. Occorre uno studio di settore serio. Stiamo assistendo a un cambiamento culturale enorme, la cui portata non riusciamo a intuire e ci limitiamo a intravedere.
Soluzioni? Ne avrei, ma non essendo popolari sono inapplicabili. E poi, non dispongo di alcun potere. Posso solo provare a proporre altrettanta qualità col mio lavoro e con ciò che faccio, ma il mio impatto è quello di un granello di sabbia su una finestra.

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A: Avere una solida cultura del fantastico (oltre a quella classica) ti aiuta a lavorare meglio come editor?

G: Senza dubbio. Ma non farei differenze. La cultura è cultura, da qualunque parte provenga. Aiuta sempre, in ogni situazione. Nella vita come nell’editing. Andrebbe difesa con le unghie e coi denti, la cultura.

A: Senti, io da questa intervista ci devo pure guadagnare qualcosa! Quindi mi faccio un po’ di promozione: dei tanti racconti che ti ho affidato per l’editing qual è il tuo preferito?

G: I miei preferiti sono due: Brianzilvania e Imperial. Lo sono da anni, ormai. Perché adoro quel tipo di horror che riesci a creare nella provincia italiana. Sottile, inquietante e persino verosimile, nonostante si parli, che so, di auto demoniache.
Per una volta, vedere nomi italiani in una storia horror di provincia mi fa sentire bene.

A: Ma un editor è capace di fare autoediting?

G: Sfatiamo un’altra leggenda: sì, è capace di farlo, ma non in quanto editor, in quanto conoscitore della lingua.
Però… nel caso si scelga di andare avanti da soli si deve mettere in conto che il testo potrebbe non essere al 100% e contenere imprecisioni che, per quanto si abbia un occhio allenato, non si riusciranno a individuare mai.
Io, per i lavori più grossi o importanti, mi avvalgo di un editor. È imprescindibile.

A: C’è poi chi pratica il baratto di competenze. Per esempio: in cambio del tuo editing un autore si offre di disegnare la copertina del tuo prossimo e-book. Premettendo che io sono tendenzialmente contrario a questo sistema, vorrei sapere cosa ne pensi tu.

G: Che l’ho abbandonato da tempo.
D’altronde, se voglio campare di editing, alla fine della giornata il pane non lo compro con una bella copertina, ma con la moneta sonante.
Penso che sia un sistema onesto se praticato agli inizi, o una tantum, con persone stimate. Non sono contrario allo scambio, ma al fatto che questo divenga o sia percepito come l’unico sistema.

A: Facciamo una scommessa? Ora tu pubblichi il link della tua wishlist di Amazon. Se entro e non oltre tre giorni dalla messa in onda di questa intervista qualcuno ti fa un regalo, io vinco la scommessa e tu mi devi una birra. Sennò succede l’esatto contrario.

G: Ok, facciamolo: https://www.amazon.it/gp/registry/wishlist/2VVD87MQD3RWQ

A: Esiste la vera stima tra colleghi blogger, o è sempre una questione di do ut des?

G: Esiste, esiste. È rara come la stella alpina, ma esiste.

A: Ma cosa vogliamo dire della marea montante di imbecilli che invade giornalmente Facebook?

G: Che mi fanno un po’ pena. Sono sincero.
E poi, che un po’ mi fanno temere per il futuro della società globale. È vero, forse non arriverò a vedere le brutture del domani, o forse altre intelligenze illuminate sistemeranno ciò che noi altri non siamo stati capaci di sistemare. In ogni caso, trovo che i social media siano uno specchio davvero atroce di ciò che siamo diventati.

A: OK, siamo arrivati alla fine. Torniamo e chiudiamo col Germano scrittore: qual è il prossimo racconto o romanzo che pubblicherai?

G: Eh… se Marte e Venere non influiranno negativamente, dovrei uscire con la versione definitiva di Cavour il Cacciatore. Ma siccome mi piace complicarmi la vita, allo stesso tempo sto lavorando a un horror rurale ambientato in meridione. Così, per peggiorare lo scenario infausto che ho tracciato lungo tutta questa intervista.

Ora direi che possiamo mollare questo specchio e tornare alle nostre… alle mie faccende. Ciao a me.

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