JFK il DIVO //// dalla VITA al CINEMA di Pino Farinotti

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John Fitzgerald Kennedy è stato il primo presidente attore. È un’affermazione diretta e può sembrare superficiale, ma è un fatto. John era bello, alto, elegante, affascinante. E poi aveva appeal ed era ricco. Ed era giovane. Ma come avrebbe potuto perdere. “Perdere” in quel famoso confronto televisivo con Nixon del 26 settembre del 1960, quando Nixon portava argomenti più solidi, ma Kennedy portava se stesso. Estendo, estremizzo il concetto dicendo che John Fitzgerald era sempre in un film. Non esiste un presidente più “documentato”. E naturalmente più ricordato grazie alla sua storia e alla sua fine. Insomma tutti i segnali di una leggenda reale: quella vita e quella morte. Non sarebbero esistiti sceneggiatori capaci di tener testa a tante vicende e a tanto destino. Tutto questo è notorio. Fu il primo ad assumere dei professionisti dell’immagine, truccatori, parrucchieri fotografi, che lo seguivano dovunque. Il Kennedy “immaginifico” prevale sul Kennedy della realtà, del politico puro. La sua leggenda sorpassa la qualità della sua opera. Infatti non si sa ancora se sia stato un grande presidente oppure solo normale, se non addirittura negativo. Ci sono stati pensieri e ripensamenti, esaltazioni e revisioni, letture e riletture, magari opposte, della sue azioni. Ma Kennedy è lì, inserito nella memoria collettiva non solo dell’America ma di tutti coloro che cinquant’anni fa ebbero la notizia della sua morte e hanno l’età per ricordarla. “Come in un film”: il Presidente era attento e capillare, e sapeva che tasti premere, quali immagini privilegiare, quali situazioni costruire. Nessun presidente aveva mai fatti riprendere i propri figli, bambini, mentre giocavano nella sala ovale, in quell’ambito dove si decidono i destini del mondo. Lui lo fece. La sua straconosciuta attitudine di seduttore diventava agli occhi dei puritani conterranei un simpatico, divertente vezzo perdonabile. Trapelava la vicenda delle amiche introdotte nella Casa bianca richiuse in bagagliai di grandi macchine adibite all’uso, e neppure i nemici repubblicani avevano voglia di strumentalizzare la notizia. Adesso è molto diverso, sappiamo. Dunque John Kennedy, il presidente che visse più di immagini che di sostanza. Ma la sostanza non è che fosse inesistente, c’era. Per forza. La sostanza sta per esempio in certe frasi che hanno fatto storia. Alcune in chiave poetica, magari astratte “Il coraggio della vita è un magnifico miscuglio di trionfo e tragedia”. Oppure “Dobbiamo usare il tempo come uno strumento, non come una poltrona”. E non si può non ricordare la visita storica nel 1962 a Berlino, squarciata dal muro. E lì non c’era solo poetica, ma l’istantanea di un momento tragico: “Duemila anni fa l’orgoglio più grande era poter dire civis Romanus sum (sono un cittadino romano). Oggi, nel mondo libero, l’orgoglio più grande è dire “Ich bin ein Berliner” (io sono un berlinese). Tutti gli uomini liberi, dovunque essi vivano, sono cittadini di Berlino, e quindi, come uomo libero, sono orgoglioso delle parole “Ich bin ein Berliner!”. Ci sapeva fare John. In questa chiave di immagine e di comunicazione in America vale questa ipotesi: Franklin Delano Roosevelt il più grande presidente dall’epoca di Lincoln, eletto in quattro amministrazioni consecutive, fra il ’932- 45, -dunque di fatto “re” degli Stati uniti- non aveva l’uso delle gambe, procedeva su sedia a rotelle. Se nella sua epoca l’immagine, i media, fossero stati così decisivi, ebbene Roosevelt non sarebbe stato eletto.
I film e i filmati naturalmente hanno abusato di Kennedy. Qualche citazione indispensabile. Non si può non partire dal primo, tragico reale, realizzato casualmente da tale Abraham Zapruder che si trovò in quel posto di Dallas in quell’istante. Lo abbiamo visto centinaia di volte, e ogni volta con un percettibile salto del cuore. Importante è JFK – Un caso ancora aperto, di Oliver Stone, con Kevin Costner nei panni del famoso procuratore Garrison che non accettò la versione accreditata e dimostrò che (forse) l’assassino del presidente non era il solo Oswald. Epico e spettacolare è Thirteen Days, che racconta i giorni drammatici della crisi di Cuba, quando il presidente, e suo fratello Bob, resistendo alle pressioni della Cia e dei militari, trovarono la soluzione che forse, davvero, evitò la terza guerra mondiale. Nel 1963, proprio nell’anno della tragedia, Hollywood dedicò al presidente una storia pregressa, una sorta di prequel. Il film si intitolava Pt 109 – Posto di combattimento, la regia era di Leslie Martinson, il protagonista Cliff Robertson. Il Pt 109 era la silurante di cui il giovane John Fitzgerald era comandante durante la guerra nel Pacifico. Quando la nave venne colpita dai giapponesi, Fitzgerald riuscì a salvare l’equipaggio. Ottenne una decorazione che poi si sarebbe rivelata utile. Grande, completo attore, quel presidente. (Pino Farinotti, da Mymovies.it, domenica 24 novembre).

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