The Manchurian Candidate

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Remake di un film poco conosciuto del 1962, Va’ e uccidi (di John Frankenheimer, con Frank Sinatra come protagonista), The Manchurian Candidate è il secondo adattamento dell’omonimo romanzo di Richard Condon, pubblicato nel 1959.
Il remake è a opera di Jonathan Demme e il ruolo di Sinatra tocca questa volta al sempre bravo Denzel Washington.
Non so quanto The Manchurian Candidate del 2004 sia noto al pubblico generalista, ma parliamo comunque di un ottimo film, una pellicola fantapolitica che farebbe la gioia di molti cospirazionisti, tranne per il fatto che la maggior parte di essi non comprenderebbe il significato implicito di questa opera.

Sorpreso da un’imboscata nel corso della prima guerra del Golfo, il maggiore Ben Marco perde i sensi, ma lui e la sua squadra vengono salvati dal sergente Raymond Shaw. Al termine del conflitto, l’ondata di popolarità sollevata dal suo eroico gesto porta Shaw – entrato in politica e “assistito” dall’influente madre – alle soglie della vicepresidenza. Ma nella mente di Marco qualcosa non torna: ossessionato dagli incubi, comincia a sospettare che l’episodio in cui è stato coinvolto e i suoi successivi sviluppi nascondano un diabolico complotto… (Fonte: Film TV)

The Manchurian Candidate è un film che tratta due tematiche: la politica (o fantapolitica) occulta, quella che tesse le sue trame lontano dai riflettori e dai talk show, e la delicata questione del lavaggio del cervello.

La componente fantapolitica della pellicola è ben sviluppata e inquieta non poco. Demme ci mostra una Washington fatta di intrighi, di giochi di potere, di progetti segreti per manipolare il consenso popolare.
Se nel film del 1962 il nemico era d’oltre cortina – il Comunismo – nel 2004 globalizzato il nemico non può che essere interno. Ed ecco che il regista ci narra una storia in cui sono le multinazionali – le corporazioni – a insidiare, a corrompere il potere democratico, quello derivato dall’elettorato, dalla legittimazione popolare.
Che poi non è nemmeno questo gran messaggio rivoluzionario, né un’epifania, tranne per il fatto che The Manchurian Candidate tratta quello che a tutti gli effetti è un tentativo di colpo di stato nella culla stessa della democrazia occidentale, l’America.

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Quindi, commentando in modo grossolano, potremmo affermare che il film di Demme tratta la delicata faccenda della supremazia di economia e finanza sulla politica. Supremazia che va avanti da qualche secolo, ma che ha stravinto su tutti i fronti con la caduta delle ultime ideologie.
Non a caso il film del ’62 è un tipico esempio di pellicola della Guerra Fredda, mentre quello del ’04 è il perfetto esemplare di favola nera dei tempi della globalizzazione.

La faccenda del lavaggio del cervello, elemento fondamentale di entrambi i film, è assai meno fantascientifica di quanto si pensi.
Fin dai tempi della Cina comunista ci sono stati esperimenti e progetti di brain washing, come denunciato nel libro Brain-washing in Red China. The calculated destruction of men’s minds (Lavaggio del cervello nella Cina Rossa. La distruzione calcolata della mente dell’uomo), scritto nel 1951 da Edward Hunter.

La simpatica pratica di riprogrammazione cerebrale è stata poi perfezionata da altri paesi, dalla Corea del Nord all’Unione Sovietica, anche se gli stessi USA sono stati spesso accusati di aver finanziato complessi progetti segreti per il lavaggio del cervello (vedi alla voce  progetto MKULTRA).
Quindi, in questo senso, sia il film del ’62 che quello del ’04 non inventano nulla, bensì sviluppano tematiche che attraversano quasi cent’anni di storia recente.
Fantapolitica?
Mica tanto.

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