Preda e predatore tra Liguria e Sudamerica

Le cose si accettano. Come il fatto di sentirsi quel rotolo di pancia sotto la canottiera o avere solo un nome, e lui è Leo e basta. 

Leo, che in questa storia abbraccia due epoche e due continenti. Leo, che  non sai più se sia preda o predatore. Leo che si affanna per accaparrarsi un rudere di villa ma che più di un atto di proprietà si contenterebbe di conoscere il destino di una persona cara. Leo, il protagonista del libro con cui Marino Magliani torna al romanzo: Prima che te lo dicano gli altri, edizioni Chiarelettere.

E' bello inseguire Leo pagina dopo pagina, immergersi nella trama degli eventi, persino stare col fiato sospeso per vedere come andrà a finire, nemmeno fosse un thriller. Bello anche semplicemente immergersi in una scrittura che, a mio modesto parere, è assieme lirica e potente, scabra e intensa, allergica agli effetti speciali eppure affilata come una lama. 

Quante cose che ci sono, dentro questo libro: alcune, certo, che ho avuto modo di scoprire dentro altre opere di Marino, non fosse altro che fanno parte della sua biografia. Solo che anche quest'ultime si sciolgono dalla precedente scrittura - di viaggio e paesaggio - e si mettono al servizio di una storia dura, intensa, a volte spiazzante. 

E ci sono due anni, a mezzo secolo di distanza l'uno dall'altro: uno, il 1974, che è stagione battuta dalla nostalgia, l'altro, il 2024, che è futuro già compromesso dal nostro presente.

C'è la Liguria di una volta, di carrugi e campi coltivati, ma anche la Liguria di oggi, con il cemento, le multiproprietà, la speculazione e il degrado che dal mare son saliti in montagna: La Liguria invasa da tedeschi e dai rovi.

C'è l'Argentina, che più o meno è l'Argentina di oggi,  tango, pampa e malinconia, ma anche troppi scheletri negli armadi. L'Argentina con il suo passato che è spettro ed è ingombro, con le efferattezze dei generali e il silenzio assordante dei tanti desaparecidos. 

E c'è Leo, appunto, Leo alle prese con il mistero di un morto che si può dubitare sia morto.

E oltre alla storia, ai suoi personaggi, ci sono frasi che a volte sono sciabolate di luce e a volte sembrano fatte della stessa terra che descrivono. Altre volte ancora sembrano raccontare qualcosa, molto, dello stesso Marino, lui che in questi anni ha saputo portarci tanta buona letteratura dal Sudamerica.

Mi piaceva, sai, tradurre. Perché tradurre è far finta di raccontare la stessa cosa, ma mai quella.

Forse in questo libro ha fatto qualcosa del genere anche con Leo. E con se stesso.


 

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