Prosegue il viaggio a ritroso nelle epoche del “punk punk” (o, come lo chiamo io, “-punk”), il filone a metà tra solida fantascienza ucronica e fantasy, che riscrive diversi periodi storici inserendo elementi anacronistici e, almeno a volte di carattere fantastico/soprannaturale.
Dopo aver esaminato il clockpunk (epoca rinascimentale) e il sandalpunk (età del ferro e del bronzo) spendo oggi qualche parola sull’ancora meno noto stonepunk.
Questa volta siamo davvero al principio della civiltà umana. Immaginate i primi sapiens organizzati in clan e tribù, pensateli alle prese con tecnologie più complesse di quelle, invero molto semplici, a loro disposizione, e avrete già uno scenario clockpunk fatto e finito.
Se volete un esempio comico ed esagerato, ricordatevi dei Flintstones: a loro modo erano una famiglia al 100% stonepunk!
Ovviamente però la loro è un’esagerazione, una parodia.
In realtà lo stonepunk è molto più attento a non sfalsare troppo le abitudini dei popoli primitivi a cui fa riferimento il genere, inserendo elementi anacronistici, ma non tanto soverchianti da compromettere un’evoluzione della specie tutto sommato simile a quella che conosciamo (o almeno non sempre).
Un film decisamente stonepunk è il caciarone, esagerato ma divertente 10.000 AC, film di Roland Emmerich.
In una tribù situata sulle montagne, un giovane cacciatore di nome D’Leh troverà l’amore della sua vita, la bella Evolet, la ragazza dagli occhi blu, che sarà allevata dall’Anziana del villaggio. Ma tutto ad un tratto una banda di misteriosi guerrieri a cavallo attaccano il suo villaggio e rapiscono Evolet insieme ad altri membri della tribù.
Ma il giovane D’Leh si mette subito sulle tracce dei rapitori insieme ad un piccolo gruppo di cacciatori, tra i quali Tic-Tic e il giovane Baku, per salvare i loro compagni. Il giovane ragazzo si imbatterà in uno smilodonte e dei fororaci e si inoltrerà alla scoperta di terre a lui sconosciute e mai viste, dove scoprirà l’esistenza di altri popoli con un grado di civiltà molto più evoluta rispetto alle tribù di cacciatori e raccoglitori che aveva incontrato fino ad allora.
Esagerato, dicevamo, ma a suo modo gradevole.
E, sì, senz’altro stonepunk.
Così come lo sono film come La terra dimenticata dal tempo e Gli uomini della terra dimenticata dal tempo. Essi appartengono in realtà al genere pulp/avventuroso, ma presentano caratteristiche tipiche dello stonepunk: un continente (o un’isola) sconosciuta al resto del mondo, in cui sopravvivono civiltà primitive, con elementi mistici e anacronistici che le differenziano da altre civiltà scomparse, note agli storici e agli archeologi.
Nel caso dei film appena citati tale elemento si identifica soprattutto nel popolo dei Naga, qualcosa a metà tra i Pitti di Robert E. Howard e dei malvagi guerrieri samurai. Il look curato dal grande Franz Frazetta rende il tutto più credibile e inquietante.
Citando queste pellicole non si può fare a meno di tirare in ballo Edgar Rice Burroughs, autore dei romanzo da cui sono stati ricavati i film, ma anche di tutto il ciclo di Pellucidar, che conta sei romanzi e una novelette. In sostanza si tratta di un’ambientazione che riprende e sviluppa la teoria del “mondo al centro della Terra” (o della Terra Cava, poco cambia), in cui vive una civiltà ferma all’età della pietra.
In realtà la saga è assai più complessa e variegata, nonché estremamente interessante. Questa che avete letto è soltanto la mia sintesi spiccia, ma ovviamente vi consiglio di recuperare almeno i primi romanzi del ciclo narrativo. At the Earth’s Core (il volume uno) lo trovate gratuitamente online.
Occorre poi ricordare la saga I figli della Terra, della scrittrice Jean M. Auel, ambientata nell’Europa preistorica.
Questi libri ebbero una discreta diffusione anche in Italia, tanto che ancora oggi è facile trovarli nei mercatini dell’usato.
Citando Wikipedia:
Il ciclo narra le avventure di Ayla, una donna Cro-Magnon che, orfana, viene allevata da un gruppo di Neanderthal. Successivamente, scacciata dal gruppo che la considera troppo diversa, conosce gli altri (la sua specie) nella persona di Giondalar, un uomo con il quale instaurerà un rapporto dapprima diffidente che sfocerà nell’amore. Le successive avventure si snodano attraverso il lungo viaggio, dall’Ucraina alla Francia meridionale, che porterà i due a ritrovare il villaggio natale di Giondalar.
Nel complesso, la serie costituisce un romanzo di formazione. Nonostante poi gli elementi di pura fantasia (i protagonisti sono di fatto gli sviluppatori di tutte le prime tecnologie umane, come la pietra focaia, l’addomesticamento degli animali selvatici, il propulsore per le lance) e nonostante la trama a tratti decisamente rosa, presenta spunti interessanti riguardanti la botanica, la fitoterapia e l’erboristeria, l’antropologia e l’archeologia.
Più interessante è complesso è il Ciclo degli Ylanè (o Yilanè).
Circa 65 milioni di anni fa un gigantesco meteorite colpì la Terra provocando un cataclisma che cancellò la maggior parte delle specie viventi in un breve lasso di tempo. Questo segnò la fine dell’era dei dinosauri che per milioni di anni avevano dominato il pianeta, ma anche l’inizio dell’evoluzione dei mammiferi così come oggi li conosciamo. Ma come sarebbe ora il nostro pianeta se quella meteora non fosse mai caduta? In questo grandioso romanzo, Harry Harrison ha elaborato proprio una simile ipotesi… un mondo parallelo dove l’evoluzione dei grandi rettili e continuata, raggiungendo il culmine con gli Yilanè, la razza più intelligente e progredita della Terra. La loro civiltà, basata su tecniche avanzatissime di ingegneria genetica, è un miracolo di stabilità e si trova in perfetto equilibrio con l’ambiente, mentre le loro città in Africa e in altri luoghi del Vecchio Continente rappresentano altrettanti capolavori d’ingegno. Tuttavia, l’avvento di una nuova éra glaciale costringe gli Yilanè ad esplorare e colonizzare il Nuovo Mondo al di là dell’Oceano Atlantico. Diventa quindi inevitabile lo scontro violento con una nuova razza selvaggia di mammiferi che gli Yilanè non avevano mai incontrato prima d’ora… Mammiferi che camminano in posizione eretta, che usano rozzi utensili e armi di pietra, dimostrando un odio istintivo e viscerale nei confronti degli Yilanè… Un’appassionante vicenda che contrappone due popoli e due culture: i grandi sauri dominatori del pianeta e le primitive tribù di umani, protagonisti di un’epica lotta per il predominio e per la sopravvivenza, sullo sfondo di un mondo alternativo che è tra i capolavori dell’ immaginazione.
Un’opera complessa e monumentale, composta da tre corposi volumi.
In questo caso lo stonepunk sconfina in un altro sottogenere, quello del biopunk.
Ma questa è un’altra storia e ne riparleremo in futuro…
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(A.G. – Follow me on Twitter)
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