“James ha insegnato a me e a mio marito a guardare il cielo” ricorda Giovanna Panza Di Biumo durante la conferenza stampa, seduta accanto a James Turrell. Un racconto toccante della compagna di una vita di Giuseppe Panza Di Biumo, grande collezionista del nostro tempo, e primo importatore di quell’arte Minimale e del Paesaggio che ancora in Italia – negli anni ’60 e ’70 – era guardata con sospetto. E Villa Panza ne è un grande esempio, oltre che uno dei luoghi più magici che possediamo in Italia. Villa Panza è magica per la sua struttura e per la collezione permanente – come non conoscere le stanze colorate dai neon di Dan Flavin, o le tele dall’apparenza monocroma di Simpson – e per le ottime condizioni in cui ancora si trova, grazie al FAI e alle sue cure.
Quest’ultima mostra, AISTHESIS - All’origine delle sensazioni. Robert Irwin e James Turrell a Villa Panza, rappresenta il risultato di un grande lavoro di squadra tra gli artisti, ritornati alla Villa dopo quarant’anni (i primi lavori di Irwin e Turrell a Villa Panza risalgono al’ 73/’74) con delle opere realizzate ad hoc, la famiglia Panza, il FAI, il LACMA di Los Angeles, rappresentato da Michael Govan, direttore del Museo americano e co-curatore della mostra insieme alla direttrice della Villa, Anna Bernardini, e importanti appoggi come quello di ENI e del Comune di Varese.
I temi portanti sono “luce, percezione e spazio”. Tre elementi che il fruitore perde una volta scattata l’interazione con l’opera. Entrando in una stanza creata appositamente dall’artista, o dove viene inserita un’opera spiazzante, lo spettatore perde il controllo prima di tutto visivo, e in secondo luogo sensoriale. Non si è più in un luogo fisico, materiale, ma si è arrivati oltre. E Irwin e Turrell riescono in questo modo a portare lo spettatore verso un pensiero più alto: il pubblico non guarda, ma pensa.
Secondo le parole di Giuseppe Panza tratte da L’umana avventura (Jaca Book, Milano 1987) “a Turrell interessava avere una visione più ampia, percepire l’esistenza dell’universo, la volta del cielo sopra la terra, l’integrazione dei due opposti, la presenza del finito e dell’infinito nella sua manifestazione più totale, per questa ragione era necessario cercare una soluzione dove la coercizione dello spazio doveva sparire”, come per Irwin dove “lo spettatore di sentiva lontano dalla superficie terrestre, testimone di un evento difficilmente immaginabile in viaggio verso una meta sconosciuta, forse le lontane origini oppure uno sperato mondo ideale, impensabile”.
Il pensiero verso cui l’artista guida il suo pubblico, il luogo in cui le opere sono inserite, non un Museo, ma una Villa, i materiali e le tecnologie utilizzate (luci e pigmenti particolari) portano a un’inevitabile smarrimento che, durante il percorso espositivo, inizia attraverso opere di piccole dimensioni come Wallen (White) del 1976, o Shanta (Blue) del 1967 di James Turrell, o come le storiche tele di Robert Irwin Untitled (Dot Painting, One of a Series of 10 each unique), e termina con due stanze elaborate appositamente per questo momento a Villa Panza. La prima è Villa Panza 2013, di Robert Irwin, una sorta di labirinto bianco all’interno della vecchia Limonaia della Villa. Un labirinto delicato, dove la relazione tra esterno – visibile attraverso verticali fessure trasparenti – e interno asettico immerge totalmente lo spettatore, e dove una serie di strutture geometriche creano un passaggio stretto e obbligato. La seconda è il Ganzfeld (Campo totale) di James Turrell: lo spettatore entra in una stanza, dopo essersi tolto le scarpe, come se entrasse in un grande monitor colorato. Salite le scale la percezione cambia. Pare non toccare un suolo sicuro, e andare avanti risulta difficile: la stanza cambia colore, non ci sono ombre, non ci sono punti non illuminati, come in un limbo nebbioso. Ma è solo colore.
Una mostra ben calibrata tra video documentativi, opere storiche in relazione tra loro e dunque Irwin e Turrell in dialogo a loro volta tra di loro, dopo quaranta anni ancora nella Villa, e sensazioni mutevoli via via che il cammino prosegue tra le opere.