Come faccio spesso, spendo qualche parola riguardo al making of del mio ebook di recente pubblicazione, Führer Bianco, una novelette di storia alternativa che mischia due ucronie differenti: quella di una Guerra Fredda intervallata da una breve (ma intensa) terza guerra mondiale, e quella – assolutamente personale – di un’icona della modernità, David Bowie.
Alcuni miei lettori si sono detti titubanti dal leggerla, per paura che Bowie abbia subito stravolgimenti assoluti, forse irriguardosi.
In parte i loro timori sono giustificati.
Tuttavia Bowie è forse il mio cantante maschile preferito, perciò tutto ciò che ho inventato e scritto è solo per amore della narrativa, e per tributarli la mia ammirazione, nell’unico modo in cui uno scrittore può farlo: con la fantasia. Tra l’altro, non si tratta nemmeno di una fantasia assoluta. Per questo ho scritto una postfazione del racconto in cui spiego più o meno come nasce l’idea del Führer Bianco, il nemico giurato del Patto di Varsavia.
Ve la riporto integralmente, avvisandovi però che proseguendo la lettura potreste incorrere in qualche piccolo spoiler.
Come nasce il Führer Bianco
Lo spunto del racconto nasce da una vecchia e chiacchierata diceria su David Bowie (che, per inciso, è uno dei miei artisti preferiti di sempre). Questa leggenda metropolitana lo vuole come un appassionato di nazismo e in particolare di misticismo nazista.
Il tutto nasce da un’effettiva infatuazione giovanile di Bowie per certe tematiche tipiche di Friedrich Nietzsche, per la magia e per il concetto di superuomo. Infatuazione che andò presto a tangere il nazionalsocialismo. Un accostamento pericoloso, che per qualche tempo David usò come provocazione o pretesto per far parlare della sua arte.
Come recita con una certa precisione il suo profilo su Wikipedia Italia:
Nel periodo delle sessioni per l’album Station to Station, Bowie si immerse in intense letture su Hitler e la storia del Terzo Reich. Iniziò quindi a definire il proprio nuovo personaggio, The Thin White Duke, come una sorta di “vero ariano fascista” e a rilasciare dichiarazioni alla stampa in cui prevedeva l’imminente avvento di un nuovo regime fascista in Inghilterra. Nel maggio 1976 vi fu l’incidente alla Victoria Station, dove fu fotografato nel gesto di fare un saluto nazista rivolto alla folla, circostanza che Bowie smentì. A posteriori avrebbe affermato di essere stato affascinato dal lato puramente teatrale ed esoterico del nazismo, considerando il suo approccio politico dell’epoca “molto immaturo”.
Come se non bastasse, esistono leggende ancor più strane riguardanti il suo soggiorno a Los Angeles, al al 637 di North Doheny Drive. Era il periodo in cui Bowie era dipendente dall’uso di cocaina e sigarette e in cui dichiarò di vivere in un costante stato di “terrore psichico”.
Alcuni resoconti dell’epoca, principalmente derivanti da un’intervista fatta al cantante da Cameron Crowe, riportano che viveva in una casa piena di antichi manufatti egizi, candele nere sempre accese, circondato da varia iconografia nazista, intento a studiare trattati di magia nera.
A questo punto ho lavorato su una doppia ucronia (come ho già fatto in passato).
Nel macroscenario del racconto c’è stata una (limitata) Terza Guerra Mondiale, che si è risolta senza attacchi nucleari, bensì con la conquista della Germania da parte dei sovietici e della DDR, e con la replica americana, che ha occupato militarmente Cuba, sbarazzandosi di Castro. Una sola bomba atomica è stata lanciata dagli USA, su Rostov, ma non c’è stata alcuna escalation.
In questo contesto, dieci anni dopo la guerra, mi sono reinventato un David Bowie nuovo di zecca. Traumatizzato dalla perdita in battaglia del fratello (nella nostra timeline, al contrario, Terry Burns morì suicida sotto un treno) e affascinato dalla mistica Nietzschiana, il Bowie “alternativo” ha accettato di diventare un terrorista (più che una spia) al soldo dei servizi segreti britannici.
Il nome che si è attribuito, Führer Bianco, richiama ovviamente al nickname “Duca Bianco”, che però il vero Bowie si inventò soltanto nel 1975-76, e non (come affermo nel racconto), nei primi anni ‘70.
Anche il nome d’arte Daggers è una storpiatura di Bowie, nota marca di coltelli da caccia e pseudonimo scelto dal giovane (vero) David Jones, che voleva qualcosa che lo rendesse “tagliente come una lama”. (Dalle note conclusive di Führer Bianco)
Bowie meets the press, Helsinki 24 April 1976.
Articolo di Alex Girola: https://twitter.com/AlexGirola
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