Scontro di titani
di Desmond Davis
Produttore: Ray Harryhausen
USA/UK, 1981
Sinossi
Perseo, figlio di Giove e di Danae, viene abbandonato in mare dal nonno Acrisio. Ma sul neonato, futuro eroe greco, veglia il padre che gli garantisce dapprima una serena adolescenza, poi l’amore di Andromeda che Perseo sposa dopo averla sottratta alle ire di un mostro marino, creatura di Nettuno, grazie al potere della testa di Medusa che l’eroe usa per pietrificarlo.
Commento
Torno a parlare di sword and sandal, questa volta con indirizzo marcatamente mitologico, spenendo due parole per una pietra miliare del genere: Scontro di titani, film del 1981 che ha avuto un abominevole remake (Scontro tra titani, notare la “finezza” nel titolo) e un remake (La Furia dei titani.)
Confrontato a queste due opere derivative, girate circa 30 anni dopo l’originale, il film di Desmond Davir e Ray Harryhausen può essere tranquillamente definito un piccolo capolavoro.
Sebbene la produzione si prenda ampie libertà nel narrare la vicenda di Perseo, Pegaso, Andromeda e Medusa, il film risulta essere un godibilissimo carrozzone mitologico-fantasy, in grado di strizzare l’occhio allo spettatore poco amante della mitologia classica, e al contempo di non far gridare allo scandalo gli accademici.
Buona parte del merito va a Harryhausen, maestro degli effetti speciali. Proprio in Scontro di titani ha dato il meglio di sé e della sua arte, portando alla realizzazione di mostri spettacolari. Su tutti vanno ricordati Medusa (l’intera scena della caccia alla gorgone è fantastica) e il Kraken. Quest’ultimo viene rappresentato in maniera assai diversa rispetto al mito classico. Il nome stesso, Kraken, appartiene alla tradizione scandinava. L’intento del regista era quello di sostituire il mostro “originale”, Cètos, con uno dal nome più noto e altisonante.
Se Perseo è interpretato da un attore poco carismatico (Harry Hamlin), il resto del cast si avvale di un paio di comprimari di lusso: Laurence Olivier nei panni del divino Zeus, e Ursula Andress in quelli di Afrodite.
Il film però funziona al di là degli attori; è l’insieme a stupire, a conquistare.
A margine di questa breve recensione (come se poi fosse sensato recensire un cult) voglio far notare quanto una pellicola del 1981 riesce a essere ancora oggi più completa e divertente del suo remake.
Non si tratta solo di effetto nostalgia. Gli effetti speciali roboanti del remake, un vero e proprio videogioco per il grande schermo, non riescono a dare la benché minima anima ai protagonisti o ai mostri. Qualcuno dovrebbe riflettere su queste cose ma, finché i risultati al botteghino saranno buoni, ci toccherà vedere altri sword and sandal senza il benché minimo gusto storico e narrativo.
A Hollywood credono che la mitologia sia solo composta da eroi nerboruti che si menano con creature create con la computer graphic.
Videogiochi, appunto.
Mi sento vecchio.
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