Frammenti di storie, inseguimenti, curiosità sulle vite degli altri, esperimenti relazionali, fotografie, feticci collezionati, diari, parole scritte, lettere, immagini del passato, travestimenti … questi alcuni degli elementi che Sophie Calle utilizza come mezzo, come approccio del suo fare arte. La Calle da diversi anni racconta di sé e anche degli altri, persone della sua cerchia affettiva, come la madre – a cui dedica il lavoro che vince la Biennale di Venezia del 2007 – o l’ex fidanzato, soggetto dell’intero padiglione francese due anni dopo, o persone sconosciute che la attraggono per caso, scrutandoli per strada.
Il castello di Rivoli le dedica un’esposizione, Madre – fino al 15 febbraio – curata da Beatrice Merz, dove il punto di partenza è il rapporto con la madre e la documentazione della sua morte attraverso una telecamera posta ai piedi del letto. Il video Rachel, Monique racconta infatti questa perdita, e d è accompagnato in mostra da un altro video, più recente (2011) dal poetico titolo Voir la mer. La Calle ha ripreso di spalle diverse persone che mai avevano visto il mare, per studiare la reazione – a Istanbul di fronte al Mar Nero – di questa nuova scoperta.
Sophie Calle parla di “vita nuda”, secondo le parole di Vincenzo Trione (Corriere della Sera, domenica 19 ottobre 2014), “muovendo da una dimensione intima compie messe in scena teatrali e coinvolgenti, nelle quali si trovano a convergere media diversi (video, fotografie, lettere, interviste). Sono eventi tesi a insinuare interrogazioni sui rapporti tra il vedere e il non-vedere, tra amore e ferite d’amore, sul ruolo dei ricordi, sul valore degli affetti, dei legami, delle perdite, delle emozioni”.