Chi specula su Auschwitz? Artisti, politici o giornalisti?

 

Chi specula su Auschwitz? Artisti, politici o giornalisti?

Ragionando sempre su forme performatiche figlie della smartphone generation, spopola via Facebook, delle foto di un ballo collettivo e dei selfie nei luoghi della Shoa.

L'autore dell'operazione questa volta è collettivo, un gruppo di studenti e studentesse israeliani.

Le foto pubblicate?

Selfie sorridente accanto a un cumulo di ceneri umane, danze in luoghi di morte, baci sul treno che veniva utilizzato per portare via i prigioneri, insomma foto che trovate in qualsiasi album facebook di studenti liceali in gita, non fosse che in questo caso si ragiona su Israele e Palestina.

Se si tratti di una provocazione non è chiaro, l'ambiguità è la prerogativa dei linguaggi dell'arte e qualcuno sembra avere addirittura apprezzato la vitalità riportata in un luogo di morte.

Migliaia di pollici verso l'alto sul gruppo Facebook intitolato: "Con le mie ragazze ad Auschwitz".

Le immagini sono diventate, visti li ingredienti mediatici e la serietà della questione politica globale, virali, la notizia è finita nei maggiori quotidiani ed è divenuta un caso.

L'autore o l'autrice, insomma chi gestisce il gruppo a questo punto, difendendo la superficilità progettuale e la leggerezza delle foto ha sentito l'esigenza di dichiarare che: "Si tratta di una critica al premier Benjamin Netanyahu, che sfrutta la tragedia solo per fini politici. Per me è duro usare del sarcasmo su un argomento come questo ma il dolore che provo per chi sfrutta l'Olocausto per fini politici è intollerabile. E mi risulta difficile biasimare quei ragazzi quando il ministro rispolvera la shoah dentro qualsivoglia discorso".

I media di massa non hanno memoria, ma noi si, l'operazione critica in realtà è una citazione dell'artista australiana Jane Korman, che aveva realizzato insieme ai tre figli e al padre Adolk, 89enne sopravvissuto ad Auschwitz, una , anche allora, discussa videoinstallazione.

"I will survive: Dancing Auschwitz" , mostrava le tre generazioni - nonno, figlia e nipoti - ballare sulle note della canzone di Gloria Gaynor davanti ad alcuni ex campi di concentramento europei

Presentato nel dicembre del 2009 in una galleria d'arte di Melbourne, il video non ha mai smesso di fare il giro del mondo a causa delle numerose critiche che gli sono state mosse dalla comunità ebraica internazionale:

L'accusa? La stessa: troppo irrispettoso per i sopravvissuti e per i defunti dei campi di concentramenti.

"Un'interpretazione fresca della memoria storica", rispondeva l'artista , accusata come la scolaresca israeliana  di aver strumentalizzato il dramma dell'olocausto.

Il Padre? "Ballando abbiamo solo affermato la nostra esistenza".

La fortuna e la viralità  del video era dovuta  anche alla sua divulgazione in numerosi siti e blog neonazisti che hanno commentato l'opera con dichiarazioni antisemite.

Insomma questi due lavori e operazioni artistiche, ci fanno riflettere su una impegnativa questione: Chi è che nel nome della memoria, realmente sciacalla e specula sui luoghi dell'olocausto?

Un altra domanda però mi va di sollevare, meno politica e più vicina all'asse dei linguaggi dell'arte: La leggerezza, l'allegria, la causticità e l'ironia, impediscono forse di conservare e preservare la memoria?

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Mimmo Di Caterino

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