Steamboy (2004): Recensione

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Steamboy
di Katsuhiro Otomo
Giappone 2004

Sinossi

1866, Inghilterra vittoriana alternativa. Alla vigilia della prima Esposizione Universale, Ray Steam, figlio di una famiglia di scienziati di Manchester, trascorre giorni e notti a escogitare nuove invenzioni. Ray aspetta con impazienza il ritorno del padre e del nonno, partiti per l’America per proseguire le proprie ricerche. Un giorno il ragazzo riceve una misteriosa sfera metallica inviatagli dal nonno. Ma l’Ohara Foundation vuole impossessarsi della sfera e rapisce Ray portandolo a Londra, nel padiglione della Ohara Foundation. Qui il ragazzo scopre i poteri della sfera: si tratta di un contenitore di vapore compresso ad alta densità, che può generare un’energia di proporzioni incredibili. Ray dovrà impedire in ogni modo che la sfera venga usata per scopi malvagi. (Fonte: Wikipedia)

Commento

Lo steampunk è un genere che suscita sempre più interesse e investimenti, quindi non è affatto da escludere la realizzazione di qualche costoso film hollywoodiano, da qui a qualche anno.
Nel mentre dobbiamo accontentarci di serial tv e di produzioni minori che strizzano l’occhio a questo filone, senza però entrarne a pié pari.
Sicché Steamboy, realizzato dallo stesso regista del cult d’animazione Akira, deve essere considerato a tutti gli effetti una vera rarità: steampunk al 100%, con tutti gli elementi richiesti dall’ortodossia del genere.

Eppure il film non è molto amato, tantomeno dagli appassionati.
A quanto pare ci si aspettava di più da un regista leggendario come Otomo, mentre in questo caso ci regala una storia che effettivamente sembra mancare di qualcosa.
Forse è troppo veloce nel suo svilupparsi verso un finale pirotecnico, o magari, come dicono taluni critici, difetta di una sceneggiatura che non è complessa e intrigante come ci si aspettava.

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Tuttavia, a mio parere, i fans sono esagerati nel bocciare Steamboy. Il film è infatti gradevole e maturo. Regala un’estetica steampunk ricchissima di dettagli e meraviglie, soprattutto sul finale. La sceneggiatura, è vero, poteva essere più sviluppata, eppure non mi pare inferiore a molti film con attori in carne e ossa, che vengono osannati quando esconono nelle grandi sale cinematografiche.
Non sono un esperto, ma posso anche dire che il livello dei disegni e dell’animazione è decisamente alto, con fondali spettacolari, vere e proprie opere d’arte per gli amanti dello steampunk vittoriano.

La mia conclusione è quindi questa: il genere steampunk non è ancora pronto per il grande pubblico. Non a livello di film.
Sono ancora troppo diverse le aspettative, da spettatore a spettatore. C’è chi vuole l’estetica, chi la sostanza, e ottenere il giusto punto di equilibrio tra i due fattori è davvero molto difficile.
Steamboy è però un esperimento positivo, anche se, a diversi anni dalla sua uscita, rimane attestato su una sufficienza e una generale freddezza da parte dei fan.
Io invece sarei curioso di vedere un seguito. E’ trascorso quasi un decennio e si potrebbe benissimo rimediare alle pecche e alle mancanze dell’originale. Si farà? Non si farà?
Al momento non c’è nulla alll’orizzonte, ed è un peccato.

Chiudo con una nota polemica: ho sempre pensato che il grande male dello steampunk siano i fan più intransigenti. L’ho capito da tempo, seguendo taluni blog monomaniaci di gente proiettata in un mondo tutto loro, dove l’allontanarsi dall’ortodossia (immaginaria) è punibile coi peggiori insulti.
Dopo aver letto alcuni pareri su Steamboy, ne sono ancora più convinto: il male di questo genere è rappresentato dai fan.

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