Storia di un ladro, storia di tutti noi

Il silenzio di una persona che non c’è più. Di un padre che si è portato via persino i ricordi della figlia. Questo silenzio. Il silenzio di un uomo che era anche altro. Qualunque cosa abbia combinato.
E, qualunque cosa abbia combinato, comincia a riguardarmi questo silenzio.


 Mi ha riguardato così tanto, quel silenzio, che qualche anno fa è finito per diventare un libro. Uscì per una piccola e coraggiosa casa editrice che oggi non c'è più - la Romano editore - e le copie in distribuzione sparirono quasi subito. Ritorna oggi in libreria grazia a un editore di qualità come Betti, dentro una collana - Strade bianche - che spero molti di voi possano incontrare e aqpprezzare. Sono contento che ci siano editori così e sono contento - ovviamente - di ritrovare in questo modo un mio libro.

 Il babbo era un ladro - questo è il titolo -  recupera una storia della Firenze del dopoguerra, peròmi sembra più attuale oggi che qualche anno fa. Ruota intorno alle vicende di Cicoria, al secolo Ubaldo Cecchi, all'epoca additato come il pericolo pubblico numero uno, in realtà il capo di una “banda del buco”: in effetti assai più efficace nei suoi colpi di quella del film di Mario Monicelli, I soliti ignoti.

Oggi non entrerebbe nemmeno nella graduatoria dei criminali più pericolosi, anche perché non ha mai sparso una goccia di sangue, allora fu il protagonista di una gigantesca caccia all’uomo, un guardie e ladri che finì con la sua cattura (anzi con più di una cattura perché, secondo copione, non mancarono le evasioni) e poi con il suo “seppellimento” in carcere – alle Murate, a Porto Azzurro e in altri temibili carceri.

In realtà più che una storia di malavita, è la storia degli affetti spezzati intorno a un uomo che in carcere provò anche a riscattarsi anche attraverso la scrittura e l’arte (dipingeva, nemmeno male, componeva e rappresentava commediole). Il tutto raccontato attraverso la storia della figlia, persona vissuta nell’assenza di un padre che non riuscirà più a incontrare…

Mi sembra che raccontare la storia di Cicoria sia come affermare che non ci si può arrestare alla superficie, che non basta affidarsi alle sentenze, che bisogna maneggiare con cautela giudizi che si tramutano spesso in pregiudizi. La vita di un uomo è sempre più ampia, complessa, contraddittoria. Ci si può trovare molto, ci può sorprendere. Anche in bene.

Ce n'abbiamo bisogno, in tempi cupi, in cui l'altro minimo ci fa paura.  E inve
ce, non sarà che nella storia di un ladro c'è la storia di tutti noi?

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