Settimana scorsa discutevo con amici e colleghi riguardo alla percezione di ebook ed ereader nel cosiddetto “mondo reale”.
Perché, come è noto, sui social tendiamo a fare gruppo e a credere di rappresentare una qualche sorta di maggioranza.
Succede soprattutto in politica, dove una cinquantina di persone iscritte a un gruppo Facebook maturano presto la convinzione di potersi candidare e di ottenere la maggioranza in Parlamento.
Succede in molti campi dell’intrattenimento e della cultura, quando quattro tizi chiassosi possono aprire un blog che si occupa, che ne so, di steampunk e dichiararsi i padroni di questo genere, in quanto ne incarnano il presunto dogma.
Ma sto divagando.
Si discuteva – dicevo – di quanto gli ebook possano essere conosciuti al di fuori dagli addetti ai lavori e dei lettori forti (tutti i lettori forti si sono convertiti anche al digitale, se vi dicono il contrario mentono).
Il quadro che ne è uscito è abbastanza… inquietante, e va ben oltre il problema degli ebook.
Pare che le nuove generazioni – i giovanissimi – siano molto refrattari all’uso di qualunque tecnologia non sia touch.
Il che vuol dire, per esempio, che un numero sempre più grande di studenti delle scuole superiori non utilizzano o non sanno utilizzare un personal computer.
La comunicazione avviene unicamente tramite messaggi di WhatsApp e Facebook. Anzi, ultimamente non si tratta nemmeno più di messaggi scritti, bensì di messaggi vocali.
Ciò riporta in luce una delle vecchie tematiche di questo blog, ovvero il rischio di “estinzione” delle parola scritta.
Mi capita ogni tanto di avere a che fare con ragazzi molto giovani (diciamo sui 18-20 anni) e constato che alcuni di loro non hanno un recapito email, o quantomeno non lo usano.
Ancor più strana è la situazione di un paio di persone che conosco, che studiano per diventare giornalisti, ma che non possiedono un computer personale. Utilizzano quelli redazionali, oppure fanno tutto tramite smartphone.
Non a caso il giornalismo (soprattutto quello online) sta diventando qualcosa i cui concetti si limitano a pochi caratteri.
A un titolo.
A un tweet.
Contenuti raggiungibili, appunto, con un touch.
Con un tablet (quando va bene, visto che ho scoperto che anch’essi sono poco usati tra i giovanissimi) o con un cellulare di ultima generazione.
Non c’è più spazio per l’approfondimento, per i concetti elaborati, e questo è un problema che di certo non riguarda soltanto i giovani.
Non voglio fare discorsi da vecchio o allarmisti.
Credo sia inutile affrontare i cambiamenti opponendo la nostalgia per il passato o il disprezzo per le cose nuove.
Semmai è più utile cercare di capire dove va il mondo.
Che poi magari la direzione presa sia un tantino inquietante, è un sentimento lecito.
(A.G. – Follow me on Twitter)
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