Nel weekend un amico mi gira delle foto.
Sono di due presentazioni di libri. Salette spoglie e disadorne – credo di locali presi in affitto, o prestati da qualche biblioteca/ludoteca (etc etc) – pochissimi spettatori presenti, facce stanche o annoiate, atmosfera da cineforum della megaditta di Fantozzi.
E questo è lo standard italiano. Sì, so che affermando ciò sto per farmi dei nemici.
Ho partecipato ad alcune presentazioni letterarie. Una dozzina o poco più. In almeno dieci casi ho trovato esattamente le condizioni viste in fondo. Sale vuote, pochi presenti, i più interessati al buffet. Ma anche relatori svogliati o poco coinvolgenti (parlare in pubblico è complicato, diffidate di chi sostiene il contrario) e autori col carisma di ramarri spalmati su un muro in pieno agosto.
Magari anche autori bravi, eh! Non sto discutendo della qualità dei romanzi, bensì solo delle loro presentazioni.
Viceversa mi è capitato anche di assistere a un paio di showcase letterari molto più riusciti.
In entrambe i casi l’autore è stato tanto furbo da invitare un po’ di ospiti interessanti, per ravvivare la serata.
La presentazione più bella che mi è capitato di vedere riguardava un libro sulla musica italiana. Autore ed editore avevano invitato due giovani cantanti, allora non note né famose (come sarebbero diventate in seguito) per cantare dei pezzi a cappella. Con un po’ di passaparola su internet, complici le due invitate, la libreria dove si teneva lo showcase era strapiena.
Molti dei presenti NON erano lì per il libro, ma sono uscite dal negozio con una copia regolarmente acquistata.
Un successone.
Una cosa simile è capitata a un altro showcase, supportato dalla presenza di alcuni cosplayer di personaggi della Marvel e della DC Comics. Questa volta il volume al centro della presentazione era un saggio sui fumetti, perciò l’idea di fare un po’ di spettacolo era in topic e – di nuovo – si è rivelata vincente.
Non sempre è possibile organizzare incontri così elaborati, ma si può sempre pensare di movimentare l’ambiente, di aggiungere elementi di “colore”, che attirino un pubblico non necessariamente interessato al libro.
Ci vuole poco: fantasia, creatività, un po’ di coraggio.
Sto pensando all’eventualità di realizzare un paio di presentazioni del mio catalogo di ebook, tra l’estate e l’autunno.
Non so se lo farò – non amo molto interagire col pubblico – ma valuto l’eventualità con un certo interesse.
Se facessi davvero qualcosa del genere, la prima cosa che non mi farei mancare è la presenza di un collega in gamba, a farmi da relatore non svogliato, e quella di due o tre tra le mie testimonial, come promotrici dei titoli di cui vorrei parlare.
Belle ragazze e letteratura! Che orrore! Che onta! Che schifo!
Sì, dai, immagino il pensiero di alcuni di voi.
Ed è proprio quello che ha ridotto la letteratura del nostro paese a una faccenda intima tra pochi radical chic che se la tirano all’infinito.
Il soporifero e parrocchiale salotto televisivo di Fabio Fazio è il non-luogo simbolo di ciò che, per molti italiani, vuol dire parlare di libri.
Ovvero spaccarsi le palle in tanti, piccolissimi pezzi.
Lo dico da sempre in circostanze differenti e lo ribadisco anche oggi: chi scrive deve trovare un pubblico dove pensa che esso non possa esistere.
Il cliente che passa per caso in libreria, vede una presentazione divertente e acquista il libro senza aver preventivato il tutto vale i nostri sforzi.
Tutti gli altri ragionamenti, da brontosauri intellettualoidi, portano lungo la comoda strada dell’estinzione.
(A.G. – Follow me on Twitter)
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