Anche solo parlare dello spettacolo diventa resistenza.
Oggi che è lo spettacolo è indubbiamente più potente, non solo la critica risulta sempre più difficile, ma diventa difficile addirittura parlare della realtà che ci circonda. La vuota discussione sullo
spettacolo è così organizzata da esso stesso.
Marx: "Tutta la vita delle società moderne in cui predominano le condizioni moderne di produzione si presenta come un'immensa produzione di merci". Debord: "Tutta la vita delle società moderne in cui predominano le condizioni moderne di produzione si presenta come un'immensa produzione di spettacoli". Lo spettacolo non è una cosa marginale della società.
La falsa coscienza si manifesta in una falsa prassi, una divisione della coscienza dalla prassi e dalla storia.
Perché la merce diventi compiutamente spettacolo, è necessario un ultimo tassello, la trasformazione del lavoratore in spettatore attraverso il concetto di contemplazione. Lukàcs fornisce
l'analisi del morbo consumistico nel propagarsi ad ogni giro di ruota, nella costruzione dello spettacolo da idolatrare: la scaletta è oggettivazione, reificazione (processo mentale mediante il quale si dà concretezza all'oggetto di un'esperienza astratta) per infine chiudere il sipario incamerando un pubblico lobotomizzato desideroso di immedesimarsi nella perfezione della schiavitù allo spettacolo stesso.
L'antidoto proposto è integrità e totalità, critica dell'esistente se disgiunto dalla natura che va ascoltata come madre saggia e rispettata in qualità di bene comune, studio del presente come
storia e culla del futuro.
La concretezza dell'individuo in qualità di soggetto vigile è base delle lotte rivoluzionarie che si attuano nella formazione di una nuova società evoluta solamente in presenza di una forte coscienza culturale adempiente nella prassi, che possa portare la teoria ad essere pratica.
In Marx è già presenta l'astrazione del valore nello scambio. Debord allunga la catena delle profezie prevedendo il concetto di sdoppiamento del valore dello scambio in profitto + immagine; Debord è il Marx del consumismo. Il lavoro di promozione del modello consumabile collega il mondo delle merci a quello dei media. Svelando che la vera essenza seduttiva della merce sul fruitore strumentalizzato e lobotomizzato dai poteri forti è la spettacolarizzazione, si potrebbe aprire le gabbie che hanno prodotto lo svuotano l'individuo e lasciarlo libero di scegliere il giusto appagamento fisico e spirituale. Ri-armare l'umanità del potere sensibile porta a una reale rivoluzione non-violenta dal basso.
L'altro giorno Giancarlo Politi Direttore e Editore di Flash Art mi ha scritto: "Ma le performance fanno parte del sistema dell'arte come pittura, scultura, foto e vengono abitualmente commercializzate: una performance di Marina Abramovic o di Shirin Neshat sono estremamente costose. Poi successivamente lo sono anche le foto della loro performance. Non esiste nulla in arte che non sia commercializzato o commercializzabile. Solo l'arte scadente. GP"
Un brivido gelido ha resuscitato l'eco del pensiero di Yves Klein "Non esistono limiti obiettivi all'espressione artistica, né nel contenuto, né nella forma. L'unica autorità che ho sempre riconosciuto è la voce dell'intimo." E l'esibizione, divenuta famosa come Le Vide (Il Vuoto), che ebbe luogo nell'unico giorno del 28 aprile 1958, nella Galleria Iris Clert di Parigi. Klein eliminò tutto l'arredamento della piccola galleria di soli 20m² e in 48 ore pitturò di bianco l'intera stanza. Ai visitatori fu offerto un cocktail blu.
E ancora Carla Lonzi quando apre una questione sui giochi di potere e le maschere del sistema dell'arte: "La nostra società ha partorito un'assurdità quando ha reso istituzionale il momento critico distinguendolo da quello creativo e attribuendoli il potere culturale e pratico sull'arte e sugli artisti. Senza rendersi conto che l'artista è naturalmente critico, implicitamente critico, proprio per la sua struttura creativa."
Chiedetemi aggiornamenti dopo l'incontro con Politi in sede via Farini: uno scambio d'idee che inoltre toccherà i punti della libertà d'informazione e della vendita degli editoriali che in alcuni paesi è reato punito con la carcerazione perché in questa maniera si uccide la libertà d'opinione e si soffoca la ricerca.
Il motore è la speranza di un'evoluzione dialettica che possa dare spazio e respiro all'innovazione non-pop, non-mercificata, diversamente profit.
In ultima analisi mi vedo bisognosa di chiedere con dolcezza al mondo dell'arte di attuare una riforma quasi luterana.