Creativi Transgender. Di Igor Zanti. (il Raglio del Mulo n.1)

 

 

 

 

CREATIVI TRANSGENDER  (Il Raglio del Mulo n.01)

di Igor Zanti

 

 

Io, come tutti sanno, sono un uomo che non deve chiedere mai, che, talvolta, non ha fame ma solo bisogno di qualcosa di buono, ma pensavo, mentre tagliavo il mio tonno con un grissino e saltando come una gazzella, pur essendo in uno di quei giorni, che uno strano fenomeno si sta verificando, che strani e insoliti personaggi si stanno accalcando sull’affollato bastimento del mondo dell’arte: i direttori creativi.
Il direttore creativo è una creatura a tratti mitologica che vive  nelle grandi capitali, luoghi ideali per lo sviluppo del suo habitat naturale: l’agenzia di pubblicità internazionale. Appartiene alle specie dei creativi, di cui è un sottogenere, alla stessa specie appartengono, con caratteristiche diverse, i designer, gli architetti, gli stilisti, o creativi nell’ambito della moda.
 Per quanto sia un animale sociale che predilige il branco, si distingue a dagli altri creativi per l’utilizzo di  un linguaggio piuttosto particolare. Il direttore creativo, infatti, non fa riunioni ma brain storming, non segue gli scatti fotografici ma gli shooting,  non si occupa dell’ambiente in cui un fenomeno si sviluppa ma del contest.
La cosa particolare è che negli ultimi tempi si nota un caso piuttosto lampante di ibridazione della specie, come se vi fosse un parallelo sviluppo evolutivo che porta alcuni direttori creativi a non somigliare più ai propri consimili ma, piuttosto, ad assumere le caratteristiche tipiche dei soggetti appartenenti al genere “artista”.

(Giuseppe Mastromatteo)

 

 
Come tutti noi ben sappiamo e come ricorda Larry Shiner ne L’invenzione dell’arte, il genere artista è una recente evoluzione del genere artigiano; le due specie, infatti, prima del XVIII secolo venivano accomunate per via dell’ utilità pratica dell’arte. Possiamo affermare, seguendo il ragionamento di Shiner, che l’arte è diventata Arte nel momento in cui è diventata inutile, o meglio, non proprio inutile, ma meno praticamente utile.
Secondo questa visione evolutiva il genere creativo è una  un forma di superspecializzazione di tipo terziario del genere artigiano, e l’artista ne è invece una evoluzione.
Questo comporta che il direttore creativo sia fortemente legato da un dna comune con l’artista, condividendone le origini.
A patire dagli anni ‘80, ma con avvisaglie che si dovrebbero far risalire agli anni ’50, si afferma l’idea che la comunicazione e tutti i suoi linguaggi siano parti attive nella definizione dell’estetica contemporanea. Trovo utile ricordare, in questo senso, che uno dei maggiori artisti viventi, Damien Hirst, deve buona parte del successo dall’incontro con il collezionista Charles Saatchi, magnate di origini irachene della pubblicità e fondatore della celeberrima agenzia Saatchi & Saatchi.
Questo dato credo possa far riflettere non solo sulla comunicazione come valore estetico, ma anche su come, sapendo usare la comunicazione, si possa trasformare un promettente artista in una superstar dell’arte, con tutte le conseguenze che ne derivano.
 Se la comunicazione è l’elemento transgenico che caratterizza l’estetica contemporanea, inevitabilmente, i direttori creativi, che se ne cibano, sono destinati ad essere dei transgender in bilico tra due generi:  il pubblicitario e l’artista.
In media un direttore creativo di successo è piuttosto aggiornato sulle tendenze e sui macroflussi socio culturali che attraversano l’universo mondo ed ha una certa, se non esagerata, sensibilità sull’immagine. La pubblicità ha una vita molto ma molto breve, addirittura più breve di una capo di pret a porter, questo spinge gli addetti ai lavoro a vivere sempre sulla cresta dell’onda della novità, se a tutto ciò si aggiunge un personale e professionale interesse per l’arte ( è oramai risaputo che nelle agenzie di pubblicità si pesca a piene mani nel mondo dell’arte e che, volenti o nolenti, è quanto di più aspirazionale ci sia e l’aspirazionale fa sempre e vendere ) sul piatto ci sono tutti gli ingredienti per avere da un buon direttore creativo un buon artista.

Naturalmente tutti gli studi di antropologia o zoologia devono essere supportati dall’osservazione  diretta dei gruppi di individui a cui si fa riferimento, e fortunatamente, vivendo a Milano, si è sicuramente avvantaggiati.
Un interessante luogo  in cui iniziare l’ osservazione del fenomeno  è la galleria milanese Fabbrica Eos,  guidata, con pugno di ferro e guanto d’acciaio, dal poliedrico Giancarlo Pedrazzini - una vera e propria Casablanca per il  direttore creativo transgender - che annovera tra i suoi figli due figure di spicco di questo nuovo genere d’artista: Paolo Troilo e Giuseppe Mastromatteo.

(Paolo Troilo)

 

 
Se da un lato per definire il lavoro di Mastromatteo, direttore creativo di EuroRSCG New York, non si può che usare il termine patinato: perfetto formalmente al limite del maniacale, furbissimo nell’uso della scelta di immagini e forse un po’ troppo pubblicitario- credo che Mastromatteo stia ancora percorrendo la strada che lo porterà alla definitiva trasformazione ma, se tanto mi da tanto, dove non arriverà l’artista ci penserà il pubblicitario- dall’altro un po’ più complesso è il discorso per Paolo Troilo. Il fanciullo, tarantino classe 1972, dopo essersi fatto la ossa proprio da Saatchi&Saatchi  passa ad Arnold e si dà alla pittura.
Se le influenze del mondo di provenienza, nel caso di Mastromatteo, si tradiscono, con una certa onestà intellettuale, nella complessità del lavoro, cosa che può essere vista come una caratteristica positiva, per quanto riguarda Troilo è tutto l’insieme che fa pensare ad un ben architettato piano di comunicazione.
Per giudicare Troilo bisogna tenere presente il personaggio che sul web appare come un giovanotto appena sceso dalle passerelle di Dolce e Gabbana, a metà strada tra la fighetta e il bello e dannato-cosa che ha un ottimo posizionamento di pubblico: giovani donne e donne sui quaranta (Troilo è sostanzialmente un oggetto di desiderio sessuale), donne più avanti negli anni (Troilo è sostanzialmente l’ ultima speranza sessuale, un po’ come Ingrid Bergman e Antony Perkins in Le piace Brahms?), gay ( oggetto sessuale e icona glamour. Gli metti una parrucca bionda e ci va lui a casa di Tiziano Ferro), uomini etero (livello aspirazionale: tutti vorrebbero avere gli addominali di Troilo)- e miscelarlo con il suo particolare modo di fare arte che unisce il dripping alla Pollock con l’arte digitale -nel senso letterale del termine visto che usa le dita per stendere il colore- un po’ di narcisismo autoreferenziale alla Vezzoli, una buona dose di neofigurativismo di sapore vagamente espressionistico, un ottimo personal trainer ed anche un velato erotismo masturbatorio. Con tutti questi ingredienti il buon Paolo da Taranto prepara un cocktail molto alcolico che riscuote un certo e continuativo successo nelle migliori case italiane, anche perché un Troilo in salotto è molto chic e arreda divinamente.

(Giordano Curreri)

 

 
A questo nutrito gruppo di pupilli di Fabbrica Eos, fanno compagnia due outsider: il genovese Giordano Curreri  e il biellese Davide Mancosu.
Il  più vecchio dei due, Curreri, classe 1967, al momento direttore creativo di Ogilvy, pur avendo tutte le caratteristiche del tipico rappresentante del suo genere, tra cui una moglie bellissima e due figli che sembrano usciti da uno spot della Kinder- praticamente una famiglia da pubblicità-nasconde un animo da ultrà del Genoa, come dimostra la sua pittura dove mischia fumetti e suggestioni tardo concettuali, critica sociale e cultura popolare, il tutto con un segno acido ed a tratti splatter, insaporita da un pizzico di sano e vivificante cinismo. Nel caso di Curreri, a onor del vero, nasce un po' il dubbio se sia nato prima l'artista o l'art director. Propenderei, conoscendo la sua biografia e i suoi passati come uno dei componenti di quella felice esperienza dell'arte italiana della fine degli anni ‘90 che fu il gruppo degli  Ultrapop, per la prima ipotesi, e ritengo, di conseguenza, che l'effetto transgenico sia piuttosto inverso: un artista che si traveste e si mimetizza, per sopravvivere nella giungla metropolitana, da direttore creativo.
Il biellese Davide Mancosu, classe 1970,  è  tra i quattro quello che è riuscito a trovare l’equilibrio tra le sue due anime: più che transgenico è, forse, schizofrenico. Benché Mancosu sia praticamente avvolto da un alone di anonimato-non lo vedrete, se non raramente, nei luoghi frequentati dai suoi simili- tutti, o quasi, hanno visto almeno una delle sue  opere o navigato  in una delle campagne web che come direttore creativo di EuroRSCG4D firma ( la stessa agenzia di Mastromatteo, la ex di Curreri, viene da pensare che assumano solo direttori creativi trans gender…).

 

(Davide Mancosu)

 

 

Mancosu è uno che conosceva Murakami ancora prima che lo stesso Takashi potesse immaginare di diventare una star dell’arte internazionale, è una spugna vivente delle tendenze dell’arte, con un occhio infallibile e una conoscenza dei meandri del web che lo porta ad essere sempre e comunque informatissimo. Grande viaggiatore, lo si può trovare, con la stessa facilità, a gironzolare tra le gallerie di New York , di Shangai, di Pechino o di Tokyo, ha una passione per l’oriente tale da farlo divenire in pochissimo tempo, e prima delle mode, un interprete del pop di matrice giapponese in salsa di pomodoro, attraverso mostre/progetto, dove convivono pittura, scultura in stoffa, in resina o stampe digitali. Artista decisamente poco prolifico, ha sfruttato il suo amore per la comunicazione e la sua naturale e professionale attenzione alle dinamiche della società contemporanea, per elaborare una ricerca veramente interessante.
 
Sono quattro, ma forse sono molto di più, quattro moschettieri che hanno dato alla figura del direttore creativo un nuovo significato. I creativi transgender sono il tipico esempio di una generazione di artisti che si sta affermando nella realtà del contemporaneo. Tutto questo non è una coincidenza ma una tendenza.
Comunicate gente, comunicate…

 

 

 

 

[ Il Raglio del Mulo, la Rubrica di Igor Zanti: n.01, "Creativi transgender" pubblicato su lobodilattice il 12 - 07 - 2010 ]

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