Hanno cambiato faccia

Hanno cambiato faccia

di Corrado Farina

Italia, 1971

 

Alberto Valle, modesto dipendente della Auto Avio Motors, viene inaspettatamente convocato dall'ingegner Giovanni Nosferatu, proprietario della società. Questi, ospitatolo nella propria villa montana, gli comunica di averlo prescelto quale prossimo presidente della società: una carica di prestigio che comporta però la completa rinuncia ad ogni individualità. Sorpreso dall'allettante prospettiva, Alberto si riserva di dare una risposta definitiva, anche perché ha conosciuto una giovane hippy, Laura, la quale vorrebbe sottrarlo al suo ambiente. Successivamente, indagando sull'attività, sui programmi e sui metodi di lavoro adottati da Nosferatu, Alberto si convince di trovarsi di fronte ad un individuo privo di scrupoli, cinico e spietato. Un suo tentativo di sopprimere Nosferatu fallisce: l'ingegnere, dopo avergli dimostrato che anche l'anticonformista Laura si è lasciata facilmente integrare nel sistema, piega definitivamente ogni sua ansia di ribellione. (fonte: http://www.zonacult.com)

 

Commento

 

Quello che colpisce di più di quanto scritto finora è la dicitura: Italia, 1971.

Già, perché oggi è semplicemente impensabile immaginare la realizzazione di un film di questo genere nel Belpaese. Schiavi come siamo del realismo (Elgraeco docet), riusciamo a proporre unicamente pellicole che trattano la grigia, piatta e tangibile realtà quotidiana. Che si tratti di film ad argomento sociopolitico o di commedie più o meno azzeccate, non c'è più slancio verso il fantastico, l'allegorico, men che meno verso generi ancora più apparentemente lontani dal realismo quali la fantascienza e l'horror. I tempi moderni sembrano dar ragione a quei critici che han sempre sostenuto che l'Italia non è un paese adatto per narrare certe storie. Arruffoni, solari e mariuoli, dobbiamo dunque accontentarci di comicità – dolce o amara che sia – e di film d'amore, in tutte le sue varianti più stucchevoli.

 

Eppure c'era un tempo in cui la strada buona l'avevamo imboccata. Hanno cambiato faccia, film praticamente sconosciuto alle nuove generazioni, è una produzione più unica che rara nella storia cinematografica del nostro paese. Non è un horror di quella “serie B” gloriosa, che negli anni '80 abbiamo esportato in tutto il mondo. Non è nemmeno un thriller argentiano, né un film di Fulci.

No, la pellicola di Corrado Farina, con tutti i suoi difetti e la sua forte carica demagogica è qualcosa che trascende i generi, pescando nell'horror classico, trasformandolo in horror moderno per debordare infine nel cinema di denuncia, ma in modo grezzo, diretto e brutale.

Il parallelismo tra capitalismo e vampiri è forse uno dei più abusati di sempre ma allora, negli anni '70, aveva una sua carica potente e suggestiva. Diavolo, erano appena finiti i “mitici” Sessanta, e il paese ancora si dibatteva, vivace e violento, tra aneliti comunisti, hippy e conservatorismo cristiano. I padroni, i ricchi e gli industriali venivano visti come nemici da tutta quella generazione di giovani che, da lì a un decennio, sarebbero finiti a lavorare in banca o in assicurazione.

Quando ancora Berlusconi faceva il cantante di pianobar sulle navi da crociera il simbolo del malefico capitalista era rappresentato, in Italia, da una famiglia sola: gli Agnelli. Impossibile non identificare Adolfo Celi – straordinario nel ruolo dell'ingegner Nosferatu – in Gianni Agnelli, che aveva da poco (1966) ereditato il timone della Fiat dal nonno. Ma Nosferatu non è il male solo in quanto industriale più ricco e influente d'Italia, bensì come vero e proprio rappresentante di un potere che deborda in ogni campo, da quello tecnologico a quello dei media, passando per la Chiesa e per il consumismo massificato.

Ed è proprio in questa sua metafora troppo spudorata che Corrado Farina esagera e rovina un film che poteva essere perfetto. Ci sono scene che risultano talmente esplicite nel puntare il dito contro il “potere capitalista” da risultare quasi comiche. Perfino la vampirizzazione psicologica di Laura, il soggetto più trasgressivo e ribelle del film, lancia un messaggio fin troppo diretto allo spettatore: nessuno può sfuggire a Loro. Forse un approccio meno sfacciato al tema portante del film sarebbe risultato più inquietante e incisivo, ma il regista ha deciso altrimenti. Il risultato è quello che è, ma comunque rimane impresso nella memoria di chi, ancora oggi, vede il film.

E poi c'è la carica più horror e visionaria del film. Atmosfere che richiamano alle vecchie ambientazioni vampiresche della Hammer, ma ibridate con uno sfoggio di tecnologia che, per quei tempi, era avveniristica e quindi aliena, riservata solo all'Èlite. Degna di nota la villa di Nosferatu, immersa nella bruma simil-transilvana e sorvegliata da inquietanti Fiat 500 che sorvegliano il perimetro di casa come cani da guardia. La cripta evoca proprio i vecchi film con Christopher Lee e Peter Cushing, con tanto di incisione tombale dell'ingegner Nosferatu datata 1806, ma senza anno di morte. L'interno della villa è invece caratterizzato, come detto poc'anzi, da atmosfere asettiche e tecnologiche, quasi come se si trattasse del quartier generale di un villains di Jamesbondiana memoria, o dello studio di uno dei tanti Megapresidenti della saga di Fantozzi.

 

Hanno cambiato faccia è e rimane un film anomalo e degno di nota. Come ha detto qualcuno poteva essere l'ottimo punto di partenza per sviluppare la cinematografia di genere anche in Italia, senza dover per forza ripiegare sui trash-movie che scimmiottavano le pellicole d'oltreoceano, distorcendone titoli e trama. Così non è stato, ed è un vero peccato.

 

Film profetico

 

Al di là della critica artistica, Hanno cambiato faccia si è rivelato un film fin troppo profetico. Non era difficile prevedere che il futuro – ossia il nostro presente – si sarebbe sviluppato nel senso suggerito dalla pellicola di Corrado Farina, eppure certe intuizioni sono state azzeccate fin troppo nei dettagli. A oggi siamo tutti schiavi più o meno consapevoli della tecnologia e di quella società fatta di convenzioni, di apparenza e di solidissime gerarchie che funzionano più o meno come le caste in India. A voler ben guardare tutta questa modernità di cui ci riempiamo la bocca si specchia solo nei nuovi gingilli che ci hanno dato per trastullarci – cellulari, computer, belle macchine – ma in realtà il mondo è fermo ancora al tempo dei re, dei principi e degli imperatori. Solo che oggi si chiamano amministratore delegato, presidente, onorevole.

Hanno – solo – cambiato faccia, per l'appunto.

 

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