TESTO CRITICO DI JACQUELINE CERESOLI, REDATTO IN OCCASIONE DELLA MOSTRA:
Mihailo Karanovic – Astanti – Mc2 Gallery – Milano – 14 Settembre 2010
Chi sono gli Astanti ? Da dove arrivano e dove andranno? Come sono state create queste sculture così scure che sembrano in legno?
SONO INQUIETANTI FIGURE PRESENZE, SCARTI DELLA SOCIETà che ci interrogano sull’umanità dolente e sepolta nell’era post tecnologica, narcisista e individualista. QUESTI ASTANTI rimandano alla scultura lignea del XV-XVI secolo, ai volti drammatici dipinti da Masaccio a Santa Maria del Carmine, cappella Brancacci a Firenze, alla durezza marmorea dei corpi di Mantegna, al naturalismo espressionista di Donatello, alla solennità compositiva di Francesco del Cossa. SEMBRANO UN OMAGGIO al Compianto del Cristo morto (1469-1473) di Nicolò dell’Arca, gruppo scultoreo che ha sconvolto il Quattrocento per drammaticità, verismo e teatralità. Si tratta di sette figure straziate dal dolore per la morte del Cristo, a grandezza naturale, in terracotta, conservate in Santa Maria della Vita a Bologna. NELL’ARTE ANTICA E MODERNA LA sofferenza umana è sempre di un’attualità sconvolgente.
Karanovic si ispira all’Umanesimo per rappresentare la condizione umana contemporanea. Medita l’arte sacra, recuperando soluzioni iconografiche adottate nel genere del Lamento funebre, molto popolare nel Nord Italia ( Lombardia, Veneto, Emilia) e in Francia (Borgogna e Lorena).
Di fronte agli Astanti noi spettatori restiamo in silenzio e immobili, annichiliti per il loro crudele realismo “caravaggesco”, spaesati dalla sensibilità dell’artista nell’interpretare l’umanità sofferente, seguendo il tema iconografico del Compianto morto o della Lamentazione sul Cristo morto, che ebbero una grandissima diffusione nell’arte sacra popolare, sia nell’ambito pittorico che in quello della scultura, dando vita al tema classico della Sacra Rappresentazione.
Gli Astanti, queste sculture solenni, sono una testimonianza della permanenza del classico nell’arte del XXI secolo.
Pittore già noto per ritratti e figure neoespressioniste, Karanovic presenta per la prima volta un’installazione complessa da un dipinto e otto sculture scure, verniciate di lacca per il legno, realizzate con tonnellate di spazzatura, ferro, legno, tessuti, plastica, nylon, raccolte nell’arco di due anni, tenute insieme da nastro adesivo e uno spago fine di canapa.
Karanovic ha dato forma alla sofferenza, al dolore silenzioso, all’abbandono e alla solitudine dello scarto dell’umanità, l’altra faccia della società globale: immigrati, deboli e tutti i disagiati senza terra, senza Dio, senza identità individuale o collettiva che rappresentano un monumento al disagio fisico e morale degli emarginati di tutte le razze e religioni che non desideriamo incontrare sul nostro cammino. GLI ASTANTI CI SPIANO E vivono ai margini delle metropoli come fantasmi, considerati presenze inutili, perché non producono un reddito necessario per mantenere il ritmo accelerato e costoso della nostra era opulenta E neobarocca, SOTTO L’EGIDA dell’eccesso di tecnologia, in cui regnano narcisismo, egoismo, arroganza, cinismo e indifferenza in nome del Dio progresso.
Karanovic rappresenta l’uomo della strada. Il suo Adamo potrebbe essere un clandestino, un immigrato africano o RUMENO, Eva dal volto straziato dal dolore, macchiata dal peccato di esistere, consapevole di partorire infiniti cloni di Caino da secoli, potrebbe essere una sintesi di tutte le “Maddalene” della storia dell’arte. L’Anziana materializza l’incubo della vecchia, più temuta della morte , MENTRE l’Anticristo potremmo essere tutti noi miscredenti.
Tra le altre sculture in mostra, inquietano Astante #2, sdraiato su un lettino da obitorio con il ventre squartato, da cui fuoriesce un bonsai di Ficus Benjamin e una Venere dalla chioma di stracci, che stringe tra le mani rivolte verso l’alto un drappo rosso, metafora del sangue e della vita partorita nel dolore che poggia i piedi su una base contenente terra, edera e altre piante verdi. Queste sculture “iperrealiste” , NATE DALLA SPAZZATURA E DAGLI SCARTI DELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA , urlano la vendetta della Natura, NON ANCORA dominata dalla volontà e dalla “cattività” UMANE. Gli Astanti sono immobili e restano in attesa di sfidare l’eternità, mostrando la feroce indifferenza ai problemi umani e la vendetta della Natura che deve tornare al centro della vita dell’uomo.
Narciso si specchia in un sportello di un’automobile e la sua immagine riflessa smaterializza il volto realista, mettendo a fuoco la precarietà dell’esistenza umana e il dolore di un uomo suicida d’amore e avido di emozioni, sterile e invaghito solo di se stesso.
Gli Astanti attendono di emanciparsi dalla loro condizione di sofferenti, ci richiamano ad assumerci l’impegno di considerarli come uomini e di accoglierli nella nostra comunità “civilizzata” che ha perduto il senso della solidarietà e della responsabilità verso i deboli.
Nell’arte sacra, il dolore e l’umana sofferenza si iconizzano nel volto del Cristo in Croce, per ridestare nell’uomo qualche barlume di verità, un bagliore di fede nel Dio che secondo la tradizione cristiana, ha salvato l’uomo dall’abisso del male e dalla caducità della vita terrena, ma il dolore messo in scena da Karanovic è un’altra cosa: è angoscia di un’umanità sorda e cieca di fronte all’incommensurabile disperazione di un uomo –spazzatura, marcio nelle viscere, rottame di se stesso, mummificato nel suo egoismo. I suoi corpi immobili presentano la condizione umana, disarmata sono una metafora dell’uomo moderno, necrofilo, violento, senza tensioni spirituali e lontano anni luce da una possibile redenzione, sul baratro del nulla perché non prova più neppure la sofferenza. Sofferenza è anche pensare a chi siamo. Gli Astanti sono gli altri e noi che attendiamo non la salvezza, ma una speranza di riscatto, senza sapere quale.
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