Per poter svolgere il mio lavoro mi trovo quotidianamente a contatto con varie biblioteche locali, fonte indispensabile per poter reperire le informazioni necessarie affinché ogni dato che propongo sia documentabile e verificabile.
Mi trovo alle prese con questi enti da diversi mesi ormai, e più sono a contatto con loro, più mi convinco che vi sia una vera e propria reticenza a valorizzare, promuovere e facilitare l’accesso alla cultura in questo paese.
Non voglio proporre un excursus su come funzionano meglio le cose negli altri stati rispetto al nostro, perché penso non ci sia bisogno di infangare qualcosa già di per sé fin troppo pieno di fango, ma mi piacerebbe elucidare come funziona questo sistema ed eventualmente comprendere il perché di questo meccanismo bizzarro.
Accanto alle grandi biblioteche con milioni di volumi in catalogo esiste un sistema bibliotecario provinciale, comunale, museale, che consta di pochi ed introvabili libri di storia locale, di monografie di illustri sconosciuti, di ricerche realizzate in tempi non sospetti che hanno avuto la fortuna di vedere la luce della pubblicazione per poi essere velocemente catapultate nel dimenticatoio nazionale. Ebbene, io sono alla ricerca di quest’ultima categoria di libri, preziosi tesori di curiosità sconosciute ai più.
Ora, questi piccoli scrigni del tesoro sono praticamente inaccessibili. Generalmente, per poter consultare un volume bisogna: chiamare l’ente bibliotecario, prendere un appuntamento, sapere in anticipo l’inventario e la collocazione del volume di cui si ha bisogno, avere una settimana a disposizione per poterlo consultare -perché ti viene dato un giorno e un orario in cui poter entrare in biblioteca e avere l’onore di sfogliarne le pagine. Quando finalmente sei riuscito a mettere le mani sul volume, se stai facendo una ricerca e non stai leggendo quel libro per diletto personale, devi augurarti di avere una memoria di ferro, o di essere un dattilografo della prima ora, perché il libro non si può prendere in prestito, non si può fotocopiare, non si può nemmeno fotografare, quindi se stai facendo ricerca sono cavoli tuoi.
Io sono la prima a difendere il valore del libro e quel che rappresenta, ma questo non mi sembra un modo per tutelare i libri, ma semplicemente un modo per far si che tu ti chieda, ma ne vale la pena di fare tutta questa trafila per Quel libro? Non posso farne a meno? Io, che i libri li uso per lavoro, confesso di aver desistito più volte dal prendere un volume a fronte di una burocrazia talmente cavillosa e lenta che mi ci sarebbe voluto più tempo a consultarlo che a trovare un modo alternativo di reperire le informazioni.
A fronte di questo sistema, i giornali mi informano che più del 35% degli italiani non legge nemmeno un libro all’anno. E io mi chiedo, ma cosa fa lo stato italiano per promuovere la cultura del libro?
Certamente non tutti quelli che leggono i libri frequentano le biblioteche, ma la biblioteca in quanto “casa del libro” non dovrebbe avere il dovere di promuovere e incentivare il suo utilizzo?
Poniamo il caso di un ragazzo curioso che voglia scoprire il perché sulle cattedrali gotiche francesi vi siano spesso raffigurati degli asini con la cetra. Poniamo il caso che questo ragazzo, che non è un frequentatore delle biblioteche, trovi un volume che risponda alle sue domande in una piccola biblioteca comunale del suo minuscolo paese. Poniamo il caso che questa biblioteca, come tante che ho visto, preveda per la consultazione un iter come da sopra. Domanda: quanta curiosità deve avere questo ragazzo per non desistere dalla sua originaria missione e pensare che magari in internet con un po’ di pazienza, qualcosa troverà?
Trovo incredibile che vengano accusati i cittadini d’esser troppo ignoranti e che non venga in mente a nessuno di fornire degli strumenti utili per colmare la loro ignoranza.
Le biblioteche sono piene, anzi vuote, quasi sempre, di pochi eruditi che per esigenze accademiche o per lavoro si trovano a consultare i libri al loro interno. La biblioteca è un posto meraviglioso, dove puoi avere accesso a una quantità di informazioni immensa, dove puoi trovare cose che in internet non ci sono, o che sono spiegate meglio. Puoi avere l’opportunità di studiare, di essere curioso, di scoprire scrittori e storie che non avresti mai immaginato potessero esistere. Eppure nessuno ci va, perché nell’immaginario collettivo la biblioteca è quel posto che puzza un po’ di muffa dove ci sono signore dagli occhiali spessi che ti fanno il terzo grado prima di lasciarti mettere mano su un libro, e se lo fai, ti guardano con la coda dell’occhio di sbieco, come per dire, “so quello che potresti fare, io sono qui a controllarti e a sgridarti appena posso perché IO, sono il bibliotecario”.
Nel mondo che mi immagino le biblioteche sono posti pieni di persone, di ragazzi, adulti e vecchi, che hanno accesso liberamente al sapere, che è di tutti, non solo di chi ha la pazienza di rincorrerlo. In questo mondo i bibliotecari ti aiutano nella tua ricerca, ti danno degli spunti su letture simili o alternative, come il sistema genius per la musica. I cataloghi on line hanno un piccolo abstract per ogni libro, per farti capire se il tuo fiuto ci ha azzeccato, o se il titolo ha tradito le tue aspettative. I libri puoi prenderli in prestito, a meno che siano volumi antichi o particolarmente rovinati. Quest’ultima categoria di libri è stata digitalizzata, per fare in modo che chiunque possa leggerli senza sciuparli.
Non ci vorrebbe tanto, a promuovere la cultura. Non servono grandi rivoluzioni, servirebbe solo un po’ di buon senso e un po’ di amore per il prossimo, perché se il sapere è per tutti i custodi del sapere non sono poi molti, e sono proprio loro a rendere questo sistema così cavilloso e inaccessibile. Internet è stato un grande passo per l’umanità perché ha reso la conoscenza universale e siamo molti più di quanti crediamo a dire grazie per questo. Se anche in Italia, con tutti i problemi di alfabetizzazione e scolarizzazione, siamo riusciti a fare utilizzare a più del 70% della popolazione questo fantasmagorico mezzo virtuale, non sarebbe possibile fare la stessa cosa con i libri, strumento del sapere per eccellenza, semplicemente promuovendone l’utilizzo?