Ieri sera, presso l’Istituto Professionale “A. Fioravanti” di Bologna, Luigi Presicce (con il supporto dell’alter ego Maurizio Vierucci) ha portato in scena Il Giudizio delle ladre, ultimo atto performativo dell'artista salentino, che – come da tradizione - trae spunto dall’iconografia medievale e giottesca ed in particolare dalle Storie di Gesù affrescate nella Cappella degli Scrovegni di Padova.
All’interno di un unico tableau vivant – così come ci ha abituati – Presicce mette in scena più atti di un unico racconto: un niveo e pallido Caifa, agghindato con un copricapo di piume, quasi come un moderno sioux, siede su un nero trono, fungendo da giudice/arbitro, mentre ai lati, due piatti di una bilancia scendono dalla volta della sala. Posando la mano destra su uno dei piatti, Caifa la ripulisce poi sull’abito, riportando la memoria all’immagine di Pilato, causa della flagellazione di Cristo. Di fronte a Caifa, Giuda e Cristo, sono avvinti tra loro e stretti da un gruppo di nere figure - personificazione delle gazze - che lasciano tintinnare e stridere delle posate legate alla vita.
Al fischio di Caifa, le gazze paiono assumere la rugbystica posizione di “scrum”, bloccando all’interno della formazione Gesù e Giuda, che emergono così dalla mischia, stretti nel loro abbraccio d’amore mortale. Ad un nuovo fischio di Caifa, le gazze riprendono l’assembramento e la rumorosa stretta, mentre il pubblico è invitato ad uscire per osservare il video dell’ultimo atto, in rappresentanza della Pentecoste.
Al fischio di Caifa, le gazze paiono assumere la rugbystica posizione di “scrum”, bloccando all’interno della formazione Gesù e Giuda, che emergono così dalla mischia, stretti nel loro abbraccio d’amore mortale. Ad un nuovo fischio di Caifa, le gazze riprendono l’assembramento e la rumorosa stretta, mentre il pubblico è invitato ad uscire per osservare il video dell’ultimo atto, in rappresentanza della Pentecoste.
Le implicazioni allegoriche sono come sempre molteplici: oltre alla reinterpretazione delle giottesche storie di Cristo ed alla presenza simbolica della bilancia, quale elemento di giustizia teorica, il giudizio di Caifa si sovrappone alla presenza di un uccello popolarmente considerato presagio di morte, che – grazie anche al tintinnio delle posate - riconduce all’opera rossiniana in cui la morte sembra dover giungere inesorabile a causa proprio di una gazza ladra e del giudizio causato dalla sua indole criminale; la fusione metaforica del capo del sinedrio ebraico con l’arbitro che gestisce la formazione delle gazze, riconduce invece al luogo in cui si trovano gli affreschi di Giotto: la Cappella degli Scrovegni, infatti, nota anche come “Arena”, è costruita sul sito di un antico anfiteatro romano; la possibile interpretazione del Caifa/arbitro che diviene anche Pilato, inoltre, amplierebbe lo spettro scenico della rappresentazione, includendo anche la flagellazione.
Ancor una volta Luigi Presicce è riuscito a strappare l’anima del pubblico per trasportarla in un tempo ed in luogo altri, in cui tramite un’unica immagine, vengono aperti molteplici varchi interpretativi nei quali il passato rappresentato è in netta simbiosi con il presente vissuto.