INDAGINE SULLA MORTE DI VAN GOGH di Giuseppe Veneziano

giuseppe veneziano artista

 

 

 

 

 

INDAGINE SULLA MORTE DI VAN GOGH

di Giuseppe Veneziano

 

Sulla morte di Vincent Van Gogh persistono, ancora oggi, molti dubbi. Le testimonianze di allora accertano, con chiarezza, come sono avvenuti i fatti, eppure, se proviamo ad indagare con scrupolosità alcuni dettagli del tragico epilogo, molte domande rimarranno insolute.
Dalla ricostruire degli ultimi giorni di vita di Van Gogh, sappiamo che egli si era trasferito a Auvers-sur-Oise nel mese di maggio del 1890, sotto la tutela del dottor Gachet (un medico appassionato d’arte ed amico del fratello Théo). In quel paese di campagna francese Van Gogh trascorse gli ultimi due mesi di vita, prima di suicidarsi.

 


(Van Gogh - Ritratto del dottor Gachet, 1980, olio su tela, cm 68x57, Collezione privata)

La novità del luogo e la protezione dell’anziano dottore influirono positivamente sulla creatività dell’artista. Lo testimonia il fatto che, in pochi giorni di residenza a Auvers-sur-Oise, il pittore olandese realizzò più di 70 opere. Il dottor Gachet, fin dall’inizio, aveva mostrato interesse per l’arte di Van Gogh e, grazie alle sue conoscenze nel campo della psichiatria, si prese cura, con dedizione, anche della sua malattia. Van Gogh era ben felice di questa nuova amicizia. Lo manifestava, spesso, nell’intenso rapporto epistolare che aveva con il fratello. Solo nelle ultime lettere, prima di morire, il suo giudizio nei confronti del dottore sembrò incrinarsi. Infatti, in una di queste scrisse: “Come può un cieco curare un altro cieco?”, addebitando al medico una certa instabilità psicologica.
Cosa era successo, di tanto grave, da rovinare il rapporto tra i due nuovi amici? Si sa che il carattere di Van Gogh fosse irascibile e passionale e, quindi, possiamo immaginare l’acceso dibattito che poteva nascere nelle discussioni d’arte con il dottore. Ma non fu questo il motivo che ruppe il breve sodalizio. Nel rapporto tra i due era entrata in gioco una terza persona: Marguerite Gachet, figlia diciannovenne del dottore; ritratta in ben due opere da Van Gogh: Marguerite Gachet in giardino; Marguerite Gachet al Piano. Da fonti attendibili si è saputo che tra il pittore e la giovane ragazza fosse nata una relazione, alla quale il padre si oppose aspramente, conoscendo la malattia e i trascorsi discutibili dello sfortunato pittore. Fu, evidentemente, quest’episodio che ruppe l’idilliaco rapporto tra i due amici.
Molta solitudine e depressione di Van Gogh era dovuta anche ai continui rifiuti che aveva ricevuto dalle donne delle quali si era innamorato. Invece, in quel caso, sembra che la giovane Marguerite Gachet ricambiasse l’amore del pittore. Si può benissimo immaginare la reazione di quest’ultimo quando seppe che il padre di lei (nonostante la loro amicizia) si opponesse a tale relazione. E’ ipotizzabile che sia stata quest’ennesima delusione a influire, negativamente, sul precario equilibrio psicologico dell’artista e che lo portò a decidere di farla finita.

 

(Van Gogh - Marguerite Gachet nel giardino, 1890, olio su tela, cm 46 x 55, Musée d'Orsay di Parigi)

Il 27 Luglio del 1890 Van Gogh esce con i suoi attrezzi di lavoro e va a dipingere nelle campagne di Auvers-sur-Oise. Senza far presagire a nessuno la decisione che aveva preso, si sparò una revolverata all’addome. Non morì sul colpo, anzi, ebbe la forza di rientrare in paese e raggiungere la sua stanza in affitto. Furono i proprietari del caffé-locanda Ravoux che, non vedendolo rientrare per mangiare, lo cercarono e lo trovarono coricato sul letto, esanime. Avvisarono subito il fratello Théo e il dottor Gachet, che si recarono immediatamente alla locanda (Il fratello arrivò l’indomani mattina, dato che Parigi dista da Auvers-sur-Oise trenta chilometri) e insieme restarono al capezzale del letto del pittore moribondo. Van Gogh morì dopo 48 ore dalla grave ferita che si era procurato.
A questo punto, sorgono tante domande. Se Van Gogh avesse voluto veramente morire, vedendo che il primo colpo non era andato a segno, perché non si era sparato un'altra revolverata? Se aveva avuto la forza di camminare e rientrare alla locanda, vuol dire che il proiettile non aveva colpito organi vitali. Vuol dire anche (forse) che ci aveva ripensato e voleva salvarsi?
Se i fatti accertano questo, perché il dottor Gachet, tra i primi ad accorrere, non si era subito prodigato ad operarlo o a farlo trasferire nel più vicino ospedale? Bisognava almeno provare a fare un ultimo tentativo per salvarlo! Egli si limitò soltanto a fasciargli la ferita, dicendo che il proiettile non si poteva estrarre.

 

(Van Gogh - Marguerite Gachet al piano,1890, olio su tela, cm 102,6 x 50, Kunstmuseum di Basilea)

Le domande potrebbero continuare ancora per molte righe, ma tra le tante supposizioni c’è anche quella che al vecchio medico non dispiacesse tanto la morte del pittore. Avrebbe tolto, così, la figlia dall’impiccio in cui si era cacciata; ancora troppo giovane e ingenua per capire in quale grave situazione si sarebbe trovata se avesse continuato la sua storia d’amore con Vincent Van Gogh.

 

 

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