Luca Reffo, classe 1973. Artista dal talento indiscusso, le sue mani paiono creare voci e immagini apparentemente fuggiti da un frame di vecchio stampo.
L'amore per la pittura, l'estrema manualità tecnica e l'eleganza con cui crea le figure, lo rendono straordinario nel suo genere. Un artista che parla dei colori come di creature vive, che paiono librarsi in volo alla ricerca della giusta emozione da far provare a chi li osserva una volta imprigionati per sempre nel loro vivere come figure dall'indiscusso fascino. Ecco chi è Luca Reffo, in poche parole, un poeta della pittura.
1) Osservando le tue opere si ha l'impressione di trovarsi dinanzi a spezzoni di vita tratti da film o foto. Che rapporti hai con il cinema e i social network?
"Il cinema e la fotografia perturbano intimamente l'attuale modo di pensare, vedere e rappresentare il mondo e noi stessi. Approfondire i codici linguistici di queste arti aiuta a ripensare le arti visive al di là dei comparti storiografici. Quando facevo il proiezionista mi sono accorto di quanto anche il singolo frame fosse denso di informazioni e quanto queste fossero difficili da chiarire e spiegare. Credo nella forza potenziale dell'immagine prima che nella forza del tipo di arte che l'ha prodotta".
2) I tuoi lavori sono legati da un filo conduttore. In base a cosa scegli, dunque, i tuoi soggetti?
"I soggetti sono delle tappe di un percorso tematico, disegnano una mappa che da un lato amplifica la dimensione dialettica dell'opera e dall'altro orienta la direzione nell'orizzonte del sistema di elementi che lo specificano. Così ho sviluppato il tema dell'anima con Close to Me. Io scelgo i soggetti con parsimonia, metto piuttosto in relazione delle parti di un discorso lasciando all'immagine la facoltà di caricarsi - in maniera visibile o meno non ha molta importanza – degli elementi in gioco".
3) Nei tuoi acquerelli quello che è definito lo specchio dell'animo spesso è celato dietro piccole etichette bianche. Nonostante ciò le tue opere sono molto intime...
"Ti riferisci alla serie The Secret Week sulla storia del potere in Italia. Le immagini originali erano amatoriali, scattate dal Marchese Casati e censurate nei magazine dell'epoca. Ho voluto conservare quella sensazione di morbosità sostituendo le etichette nere con spazi di carta non acquerellati. E' grazie all'acquerello che i corpi umorali senza viso e genitali hanno riacquistato dolcezza e dignità".
4) Ogni artista è prima discepolo di un maestro. Quali sono stati i tuoi, e cosa ti hanno dato?
"Al di là di ciò che si può trarre dai grandi autori, a far arte si è sempre autodidatti. Quello che si può imparare è il coraggio dell'indipendenza unito alla permeabilità nei confronti di quello che si vede o ci viene detto. L'autorialità ha a che fare con l'autenticità, con il proprio percorso conoscitivo, piuttosto che con l'originalità che fissa un codice diventandone spesso vittima".
5) Sei un artista contemporaneo che usa quelli che sono i mezzi tradizionali, come la pittura ad olio e l'acquerello, per fare arte. Hai mai pensato di creare usando quelli che sono i mezzi contemporanei?
"Mi incanta l'immagine piatta, il fatto che sia immobile e muta. La pittura, pur nella sua complessità, mi sembra appena nata, vergine come mai prima. Quello che rende contemporanea un'opera non coincide con l'attualità dello strumento attraverso cui si manifesta. Una serie di opere realizzate con mezzi che eccedono pittura e disegno sarà esposta in Galleria Rubin il prossimo autunno".
6) Cosa ne pensi dello stato della pittura contemporanea, del dibattito attuale sul destino della pittura in Italia?
"Credo che la pittura sia sovraccaricata di schemi ed esigenze dell'arte tout court: non che ad esempio la fotografia o teatro ne siano sollevati, ma in maniera minore. Probabilmente è da ripensare il ruolo sociale della pittura e degli artisti in relazione agli attuali differenti contenuti da approfondire: questi dovrebbero tradursi in nuove sfide e rinnovata fiducia nel ruolo della rappresentazione. Se mancano idee e quindi soluzioni tecniche ed operative convincenti la pittura nel migliore dei casi continuerà a votarsi all'arbitraria incontinenza espressiva dell'autore – con il bene placido dei galleristi in generale poco propensi all'aggiornamento delle loro competenze".
7) Quale direzione credi prenderanno i tuoi lavori?
"Vorrei metter a fuoco le meccaniche visive di soggetti che maggiormente danno trasversalità al tema trattato. Desidero da un lato confermare e proseguire una ricerca pittorica votata all'amplificazione della dimensione dialettica dell'immagine; dall'altro sviluppare una ricerca artistica rivolta a differenti spazi espositivi, nuovi progetti museali ed editoriali."
Martina Adamuccio