Intervista a Claudio Vergnani

Con molto piacere vi propongo un'intervista nuova di zecca fatta con Claudio Vergnani, autore de Il 18° vampiro e Il 36° giusto.
Ritengo Claudio una delle penne più importanti tra quelle di nuova generazione, e spero che il suo successo si consolidi nel tempo.
In questa chiacchierata si parla dei suoi libri, ma si spazia anche altrove. Mi auguro che sia di vostro gradimento.
Finito il sermone iniziale, eccovi l'intervista!
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Ciao Claudio, ben ritrovato! Dunque eccoci al tuo secondo romanzo. Con quale atteggiamento affronti l'evento, rispetto alla pubblicazione de Il 18° vampiro?

 

Ciao Alex, grazie per l’attenzione che mi dedichi.

Rispetto al romanzo d’esordio sono un pochino più consapevole. Con Il 18° vampiro non sapevo assolutamente cosa attendermi, nel bene e nel male. Ora, con un briciolo di esperienza in più, e sulla scorta di tanti (che ringrazio) che hanno apprezzato e si sono divertiti leggendolo, quantomeno credo di avere una visione d’insieme – riguardo ai meccanismi editoriali e non – un pochino più chiara. Ricevere recensioni e commenti favorevoli, poi, non può che essere da un lato piacevole, e dall’altro rassicurante.

 

In questi mesi hai ricevuto molti attestati di stima dai lettori e dalla critica. Quest'onda emotiva ha in qualche modo influenzato la tua scrittura?

 

Sì. Se il primo romanzo non fosse stato accolto benissimo – e partendo dal presupposto che se pubblichi, in ogni caso, che tu lo ammetta o meno, uno degli obbiettivi principali (non l’unico, ma uno dei più importanti) rimane quello di vendere – allora avrei tentato, credo, di cambiare tutto ciò che non andava per riuscire questa volta a “convincere” il lettore. Ma nel mio piccolo con il primo è andata bene. Quindi il mio obbiettivo è stato di produrre un sequel che non fosse la fotocopia sbiadita de Il 18° vampiro ma che ne fosse all’altezza arricchito di nuovi elementi narrativi.

 

Il 36° giusto è il capitolo di mezzo di una trilogia. Hai cambiato un po' registro rispetto al 18° vampiro, denotando gran coraggio. Diciamo che c'è meno intreccio thrilleristico e più spazio tanto allo splatter quanto allo humour nero. Come mai questa scelta?

 

Ci sono libri – vedi ad esempio Jan Fleming – che funzionano proprio perché il lettore si aspetta la ripetizione, e sono belli così, intendiamoci, ma non era il caso del mio. Non avrebbe mai funzionato, e io in ogni caso non sarei riuscito a scriverlo. Morale: ho cercato di riproporre ciò che aveva funzionato, ma variando la struttura narrativa e alcuni temi, senza mai però tradire il lettore con dei salti mortali narrativi privi di senso . Ho anche pensato che alcuni personaggi avevano avuto modo di rinsaldare la conoscenza e la confidenza, e quindi potevano relazionarsi in maniera più confidenziale e profonda.

Io credo che, nel loro ambito, i personaggi principali dei due romanzi funzionino in quanto tali. Credo che non perderebbero la loro efficacia nemmeno se inseriti in uno sfondo rosa, o storico, o fantasy. Sarebbero sempre loro. Forte di questa convinzione, ho cercato di variare il contesto (e la struttura narrativa) per evitare quell’aria di “già letto, già visto, già sentito” che, nel caso di un sequel, è sempre dietro l’angolo.

 

 

Al di là delle apparenze i tuoi personaggi grondano sempre di umanità vera. Ti reputi dunque anche un po' filosofo?

 

Considerato che oggi in Italia i filosofi sono Fabio Fazio, Simona Ventura (dal pulpito de L’Isola dei famosi), Fabio Volo e – di recente – Natalia Titova, preferisco passare la mano e rimanere il buzzurro che sono. Il mio profilo è molto più basso. Va bene così.

 

I tuoi sono vampiri da odiare, ma che in fondo suscitano anche un sentimento di pietà. Una bella differenza rispetto ai succhiasangue dandy che vanno di moda oggi. A cosa ti sei ispirato nel rielaborare questa figura archetipa?

 

Tra i sentimenti umani mi ha sempre colpito molto la disperazione, soprattutto quella che nasce da una necessità. Davanti alla disperazione è impossibile mentire, a noi stessi come agli altri. Ho raccontato la storia di una lotta tra Ultimi. Di lotte tra primi della classe hanno scritto già fin troppo bene altri. E poi trovo che i cosiddetti perdenti – tanto demonizzati nella nostra società di eroi di cioccolata – abbiano uno spessore tutto loro, degno – a qualunque livello – di essere considerato e approfondito. Parafrasando Malaparte – Il valore umano dei vinti è sempre superiore a quello dei vincitori.

 


Il genere horror spopola ovunque, con riscontri di vendita che superano anche il thriller e i gialli. In Italia solo un paio di editori, tra cui Gargoyle, se ne occupano con reale professionalità.

Allora aveva ragione quel tale che diceva che l'Italia non è paese per il "fantastico"?

 

Probabilmente. I motivi li ignoro. Può essere che abbia a che fare con il fatto che noi i mostri li abbiamo al governo. In Italia oggi siamo immersi un brodo di ipocrisia e ingiustizia come non si vedeva da tempo, quindi forse è meglio leggere di orrori stranieri. Non so. Ci saranno delle ragioni. Non provo nemmeno a domandarmele, tanto non ci arriverei. Magari verrò rivalutato postumo, quando anche Susanna Tamaro scriverà di zombie.

 

La tipica domanda a uno scrittore per gli aspiranti scrittori: ci puoi dire quando scrivi, dove scrivi e se ti imponi qualche regola particolare? (tipo un tot di pagine al giorno, o altro)

 

L’altro giorno, parlando con amici, sono arrivato alla conclusione di non sentirmi uno scrittore, ma un “lettore che scrive”. La differenza è valida, a mio parere.

Accettando però di scrivere per un editore che ti deve inserire nel suo programma di uscite, devi rispettare dei tempi, per cui mi do un’organizzazione di massima. Tendo a scrivere la sera, davanti alla tv, come un vero disgraziato. Chi lo sa, può essere che presto di me si occuperanno i servizi sociali (che si dice siano all’avanguardia nella mia città).

 

Ci puoi lasciare con una piccola anticipazione sui progetti a cui stai lavorando?

 

Il 18° vampiro è stato il primo libro che ho pubblicato, ma non certo il primo che ho scritto. Ho tante cose già pronte, non necessariamente horror, che credo possano interessare e divertire. Di alcune abbiamo parlato insieme. Poi la trilogia iniziata con quei passi faticosi di Giorgio e Claudio lungo l’argine del fiume va portata a compimento. E a questo proposito era mia intenzione, già mentre scrivevo Il 36° Giusto e pensavo all’episodio conclusivo, riprendere atmosfere, situazioni e personaggi lasciati in sospeso ne Il 18° vampiro e amalgamarli con l’evolversi della storia.

Queste le intenzioni. Vedremo cosa succederà. Intanto, però, chiedo di tenere ancora un pochino di spazio nelle librerie.

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