Antonio Conte: Tutti immersi in una boccia di vetro a farsi Selfie.

Antonio Conte: Tutti immersi in una boccia di vetro a farsi Selfie.

 

Ti autodefinisci artista "popolare", questo per evidenziare anche certa impopolarità dei processi e dei linguaggi dell'arte contemporanea?

 

C’è questo aspetto ufficiale dell’arte contemporanea, il suo essere così lontano dal mondo, così maledettamente altro dalla realtà di tutti i giorni che trovo insopportabile, superato e senza senso.

L’arte dovrebbe essere soprattutto comunicazione ma con tutti e per tutti, se dobbiamo parlare solo tra noi e farci le seghe a vicenda tanto vale smettere e dedicarci all’agricoltura, del resto non siamo altro che braccia sottratte ai campi noi artisti.
          Detto questo artista popolare vuol dire tante cose per me forse diverse, forse contraddittorie non lo so, saranno gli altri a giudicare, popolare nel materiale che uso per dipingere, dalla carta da pacchi alle tavole di legno sporche vissute con segni lasciati dal tempo e dall’usura, materiali pieni di vita e storie da raccontare come le pagine dei quotidiani.
          Popolare nelle storie che racconto, nelle scene e nelle emozioni di cui (peccando sicuramente di presunzione) mi faccio portavoce di tutti  non volendo più stare chiuso nello studio e raccontare solo il mio piccolo grande mondo interiore, per quello ci sono sempre le seghe mentali (anche se poi ogni tanto il bagaglio personale esce fuori in maniera preponderante, e meno male oserei dire, vedi le contraddizioni di cui parlavo prima?).
          Popolare nel prezzo e nelle quotazioni (qualche giorno fa sentivo parlare un’ “artista” di quotazioni e punti percentuali da raggiungere come se fossimo agenti di borsa, che tristezza e che orrore soprattutto ) cercando di mantenere un contatto reale e diretto con la vita di tutti i giorni e dando il giusto valore ai miei quadri, alle mie opere, ai miei colori, ovviamente sto parlando di valore economico che è tutt'altra cosa rispetto al valore emozionale che posso dare al mio lavoro, questo deve essere molto chiaro perché non sempre è così e non sempre riesco a far passare il significato che ha per me la parola popolare (spero di centrare l’obiettivo questa volta ) che viene spesso fraintesa e associata a “poco valore”, come se il termine popolare fosse dispregiativo.

Popolare nella vita di tutti i giorni, riconosciuto per strada e famoso per quindici e più persone ormai( leggere l’ironia per piacere).

 

C'è un lato del tuo lavoro che analizza i limiti e le mutazioni dei linguaggi dell'arte contemporanea, hai ricampionato Warhol sostenendo "che in futuro tutti saranno famosi su facebook per quindici amici", sei stati denunciato dagli animalisti a p-artissima, arrivi spesso a dimostrare con il tuo lavoro che l'arte popolare può in altri contesti essere impopolare e viceversa, come te lo spieghi?

 

I social network hanno cambiato il nostro modo di rapportarci agli altri e nel bene o nel male hanno cambiato anche il nostro essere artisti e comunicare, parlare con gli altri.

Tu più di tutti mi puoi capire con il progetto della tavor art mobile anche , che ha senso a mio avviso soprattutto per i video che giri e pubblichi, ricordo anche tutte quelle foto che mettevi con la scritta “who is Mimmo”, ero all’inizio del mio percorso “virtuale”, non sono mai stato un grande amante del computer e delle tecnologie quindi arrivo sempre un attimo dopo però mi intrigava parecchio e mi incuriosiva questo strano personaggio, anzi un giorno se ti va mi spieghi quel tuo momento.
          Warhol oggi avrebbe fatto ( e credimi senza nessuna presunzione ) quello che ho fatto io con il progetto Facce, anche se sicuramente molto meglio dal punto di vista commerciale, che grande che era.
          Mi sono trovato in difficoltà qualche volta, difficoltà che non hanno fatto altro che darmi ancora più carica e avallare le mie idee, gente che si lamentava perché non l’avevo ritratta bella e attraente come qualche altra faccia, uomini che si sono risentiti perché la pancia era troppo grande e ragazze che mi hanno accusato di plagio per degli autoscatti artistici a cui avevo sottratto l’osso, ne ho sentite tante, tutti famosi si ma come piace a noi, l’egocentrismo e il narcisismo all’ennesima potenza, facebook ci dimostra ogni giorno come possiamo essere piccoli e questo non ci piace, ovviamente non piace nemmeno a me ( qualora qualcuno se lo stesse chiedendo).
          La storia del truman show e dei pesciolini rossi parte dagli stessi concetti di Facce solo che parla e comunica in maniera diversa, c’è anche un aprirsi artisticamente da parte mia alle installazioni e alle performance e quando le animaliste (che gente assurda ) hanno cominciato ad accusarmi di maltrattamento sugli animali io ero contento perché stavano arrivando al punto, stavano anche se per vie traverse arrivando alle mie stesse conclusioni, a un certo punto mi hanno chiesto di immaginarmi in una boccia e provare la sensazione di essere un pesciolino rosso sotto gli occhi di tutti bloccato in un minuscolo spazio vitale ( voglio vedere chi coglie questa citazione) ed era proprio la sensazione che volevo passare io, soprattutto quando sono stato “intrappolato” nella vetrina di Gino Ramaglia per due giorni  ed ero ( mi ripeto ) contento ma non mi hanno capito e mi hanno denunciato.

Quindi dopo tanti cappelli, necessari mi sa, per rispondere alla tua domanda non credo sia impopolare la mia arte popolare ( che bel gioco di parole) credo sia pungente , fastidiosa, ironica, e nella sua leggerezza, perché dipingere due pesciolini rossi è e deve essere leggero, amara perché vuole, non voglio dire farci perché sarebbe presuntuoso, farmi riflettere su come stiamo cambiando e come sta cambiando la percezione che abbiamo di noi stessi e degli altri, tutti immersi nella nostra boccia di vetro a farci dei selfie.

Come ti relazioni al mercato dell'arte e ai suoi "addetti ai lavori" con tutti i conflitti e i limiti di senso che quotidianamente affronti con la tua ricerca?

Domanda complicata, perché, ho sempre cercato di sottrarmi e mantenermi ai margini del mercato dell’arte ufficiale (non che questo mercato sia mai venuto a bussare alla mia porta con insistenza intendiamoci, è troppo concentrato su se stesso, sugli artisti del passato e sugli artisti che danno spettacolo) e perché trovare un giusto equilibrio tra il mio sentirmi popolare e un sistema dell’arte come quello attuale obsoleto e incravattato è difficile (scrivendo mi vengono in mente certe scene di maiali dalla fattoria degli animali).
          E’ abbastanza surreale per me rapportarsi a quotazioni, misure al centimetro quadrato e gallerie quando vorrei andare dal mio fruttivendolo e barattare con lui colori per carote e poi quelle stesse carote barattarle con ramaglia per i pennelli, tanto alla fine tutti noi dobbiamo mangiare carote quindi facciamo che tutto sia più vero e concreto.

Ovviamente non è così semplice e sto semplificando troppo e il meccanico stamattina mi ha fatto capire che la macchina è andata quindi mi serviranno tante carote per farlo contento.
          La questione di fondo è che in  un mercato dell’arte dove un mio quadro vale più dello stipendio di un operaio qualificato io proprio non ci voglio entrare (disse l’artista che un giorno varrà quanto tutta la fabbrica dove lavorava quell’operaio, leggere sempre l’ironia), non saprei nemmeno che vestito mettermi in questo mercato e non credo sia l’unico possibile e forse tanti palloni si sgonfieranno presto o tardi  e ritorneremo a parlare di arte e comunicazione e non solo di arte e quotazioni.

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Mimmo Di Caterino

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