Cristiano Cervino: “spaceescape”, nuove direzioni dell’arte contemporanea.

Cristiano Cervino: “spaceescape”, nuove direzioni dell’arte contemporanea.

Cristiano, ragioniamo un attimo su come è nata e come hai concepito la mostra “spaceescape”, hai scelto un luogo suggestivo e impegnativo per presentare una collettiva d’arte e di ricerche artistiche contemporanee, un oratorium della chiesa dell Confraternità del Purgatorio di Ostuni, come ha funzionato l’interazione tra i linguaggi dell’arte contemporanea che hai proposto, lo spazio e il pubblico?

La rassegna “spacescape” nasce dalla volontà di offrire al pubblico una maniera diversa di vivere l’arte.
Il fruitore non si limita più alla mera visione dell’opera, ma la “vive”, si immerge in essa attraverso un’atmosfera carica di emozioni creata dall’allestimento (gioco di luci) e dalla musica ambient di meanwhile.in.texas, giovane musicista che opera in ambito elettronico.
La location particolare (una chiesa dismessa) contribuisce significativamente alla creazione di un ambiente emotivamente d’impatto per i visitatori.
Devo ammettere che all’inizio ero un pò timoroso sull’effetto che tutto ciò potesse avere sugli spettatori, che invece hanno colto in pieno il senso della rassegna e si sono lasciati trasportare dall’arte che li ha coinvolti a 360°.

Gli artisti che proponi in questa mostra, sono artisti che hanno un percorso figlio più di questo secolo che del secolo passato, la loro ricerca e il profilo più che passare per l’intermediazione politica degli addetti ai lavori, filtra ed è filtrata al loro pubblico attraverso l’intermediazione del web, dei social network e della applicazioni degli smartphone, qualcuno anche in maniera fortemente critica, è stata una tua precisa volontà curatoriale mostrare questo lato processuale e di movimento dell’arte contemporanea?

Ti ringrazio per questa domanda.
Bisogna premettere anzitutto che la selezione degli artisti è avvenuta esclusivamente on line, attraverso facebook, premioceleste, equilibriarte e altri siti specializzati.
Io e miei collaboratori abbiamo pubblicato sui social la call for artists e gli artisti si sono dimostrati pienamente disponibili a mettersi in gioco inviando le loro opere (il 90% di loro non mi conosceva di persona e alcuni ancora oggi li conosco solo telefonicamente – al di là del cv artistico chiaramente) e sottoponendosi alla selezione della giuria. Direi che internet e i social dell’arte (e non solo) sono stati determinanti per la riuscita e messa in piedi di questa prima tappa della rassegna.
Di conseguenza, è chiaro che c’è la volontà da parte mia di sfruttare appieno questi nuovi mezzi e mettere indirettamente in evidenza il fatto che oggi è tutto cambiato.
Io stesso, a 32 anni, sono figlio di questa nuova generazione fortemente legate al web, che ha cambiato tutti gli aspetti della nostra vita e, di conseguenza, anche l’arte.
D’altronde, gli artisti in tutti i tempi storici sono stati i primi ad accogliere e a fare i propri i cambiamenti delle rispettive epoche.
Basti pensare ai movimenti impressionisti che, contro ogni logica del tempo, proponevano un’arte nuova e diversa, quasi di protesta.
Ovviamente noi non pensiamo neanche a questi paragoni, ma è chiaro che l’arte sta cambiando sia nelle forme che, soprattutto, nella comunicazione e questo grazie (o a causa) al web.

Dalla visione d’insieme del curatore, cosa pensi emerga dalla mostra spacescape?
Come stanno cambiando i linguaggi dell’arte contemporanea?

“Spacescape” ha mostrato, in questa sua prima tappa, una fruizione dell’arte diversa.
Ha messo gli artisti e gli spettatori insieme, su unico piano, uno di fronte all’altro.
Chi è stato presente al vernissage ha potuto vedere e vivere l’abbattimento simbolico di un muro che si interponeva fra l’artista e il fruitore: quest’ultimo, infatti, è stato coinvolto appieno in quello che era l’evento, non limitandosi più ad assistervi da spettatore passivo, ma partecipando e diventando egli stesso l’evento.
Ecco: il linguaggio dell’arte si incanala, a mio avviso, in questa direzione.

Il pubblico sempre più diverso e variegato sta diventando anch’esso elemento artistico.
Questo però deve essere anche un campanello d’allarme perché se si spinge troppo in questa direzione si rischia fra 20 anni di non distinguere più l’arte dalla propaganda E credo che questa sia la più gravosa e importante responsabilità di un curatore.

mimmo di caterino

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