Giacomo Montanaro: De Magistris? Per più di un ora si è interessato al mio lavoro.

Giacomo Montanaro: De Magistris? Per più di un ora si è interessato al mio lavoro.

 

 

Giacomo tu nasci scultore, ma nel tempo sei riuscito a fare del tuo segno plastico scultoreo, una cifra di comunicazione che con lo scorrere del tempo ha seguito i diversi media dell'arte con cui ti sei confrontato, mi spiego, ogni volta che osservo un tuo lavoro ho la sensazione di essere davanti al segno e al modo di concettualizzare di uno che vede e sente forma e materia da scultore; come sei riuscito a non farti assorbire dai media-supporti che di volta in volta utilizzi?

E’ nata quasi per caso, anche se credo poco al caso.

Nella mia vita di artista mi è sempre piaciuto provare nuove tecniche, nuove modalità di fare le stesse cose.

Prova oggi, prova domani, con un briciolo di follia e sperimentazione mi sono reso conto che potevo arrivare ad una tecnica molto personale.

In effetti, dipingere con gli acidi su carta fotografica è funzionale al mio modo di vedere e intendere la pittura e la realtà che mi circonda.

La tecnologia deve aiutare ma non devi mai farti assorbire, perché alla fine essi ci rende disumani,  io credo molto nell’essere umano questo è il ruolo dell’arte e dell’artista.

Con qualsiasi superfici ti confronti, sembri, sembri essere mosso dalla idea di scardinare, scorticare e incidere la materia, danzi ti muovi, giri in tondo alla superficie, come se non fossi per niente interessato all'illusione della realtà, ma solo dalla volontà di sondare la tua realtà e quella dei materiali con i quali ti confronti, addirittura dai forma e usi come colore il dentifricio; quanto il tuo rapporto e la tua visione dell'arte e del mondo entra in conflitto con un mondo sempre più bidimensionale per colpa o merito di smartphone, media integrati e social network, come il tuo lavoro affronta questo passaggio storico?

Io considero ciò che sto facendo come un viaggio.

È un percorso lungo una vita.

Ha origine nel profondo, dentro di me, in un luogo del quale non ho il controllo.

È un dono.

Io so che sarò in viaggio lungo questo percorso fino al giorno in cui morirò, o almeno finché la voce interiore non mi abbandonerà.

Questa verità mi dà forza.

È l’essenza di ciò che faccio, di chi sono.

Si basa su una combinazione di certezze e di mistero.

Si basa anche sull’onestà, onestà nei confronti di me stesso e degli altri, nella forma e nell’essenza del lavoro, onestà nei confronti dell’ispirazione che mi ha guidato, benché a volte io non riesca ad arrivarci.
Faccio semplicemente ciò che la mia voce interiore, la mia anima mi dice di fare.

A questo passaggio delicato la mente cosciente non prende parte.

Intendo ciò che ho detto letteralmente.

Questo aspetto di intelligenza razionale è utile solo più tardi, quando la visione, l’idea interiore è al sicuro e i dettagli tecnici o concettuali devono venire affinati.

Il tutto enfatizza il lavoro concettuale che spesso manca della potenza dell’intuizione e della forza emozionale che sorge spontaneamente, al di fuori dei contesti formali e direttamente nella persona che lo riceve.

Ecco perché il mio lavoro   in parte si integra con i social network, solo per dare voce alle mie immagini e alla pubblicizzazione dei miei eventi.

 

Qual'è il rapporto che le istituzioni napoletane e la classe Dirigente ha con l'arte contemporanea?

Io a suo tempo sono scappato su un'isola, mi sembrava tutto una pantomima, uno scambio di cortesie che mai è diventato progettazione per altre possibilità di progettazione di un territorio e una comunità che sappia tutelare, coltivare e proporre le ricerche dei suoi artisti, senza passare per i privati, le gallerie e gli addetti ai lavori, qualcosa è cambiato?

il tuo lavoro attraverso quali canali cerca il contatto diretto con il pubblico, quando il Sindaco De Magistris è venuto a visitare la tua mostra al Pan, ti è sembrato attento e interessato al tuo linguaggio e alla tua ricerca o si è trattato di una visita istituzionale di circostanza?

Io penso che l’arte contemporanea sia un forte mezzo di grande comunicazione non sempre capito,  in parte anche dalle istituzioni in generale.

Perché l’arte contemporanea è un vissuto di tante anime artistiche- culturali diverse.

Certo il nostro territorio difficilmente riesce ha tutelare gli artisti ma questo è un male generalizzato in tutta Italia, penso che l’artista per esprimersi al meglio dovrebbe vivere una realtà diversa dall’Italia.

Per quanto riguarda il Sindaco De Magistris, quando è stato al Pan si è molto interessato alla mostra anzi ha voluto che io gli spiegassi opera per opera, questo mi ha lasciato un buon ricordo di una istituzione, che per oltre un’ora si è interessato solo alla mia arte .

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