Gianluca Floris: Il modello culturale di riferimento per Cagliari? Matera.

Gianluca Floris: Il modello di riferimento culturale e artistico per Cagliari? Matera.

 

 

Gianluca Floris è il presidente del Conservatorio di Cagliari, nominato il 20 settembre scorso nato a Cagliari nel 1964.

Vincitore delle selezioni nazionale, europea e mondiale del Luciano Pavarotti International Voice Competition, dal 1991 svolge intensa attività continuativa come tenore solista nelle produzioni di tutte e 14 le Fondazioni Lirico Sinfoniche italiane e dei più importanti teatri di tradizione.

Come regista inizia la sua attività nel settore radiofonico e audiovisivo in numerose produzioni di carattere naturalistico, scientifico, tecnologico e sociale.

Autore di romanzi, di sceneggiature e di pièce radiofoniche e teatrali, inizia l’attività di autore nel circuito delle “Radio di Paese Sera” (Radio Flash Cagliari).

Nel 2011 è stato l’organizzatore di “Laboratorio 5″, un forum cittadino di elaborazione di proposta e di confronto per le politiche culturali del territorio che ha riunito tutte le identità professionali e associative che operano in città di Cagliari e provincia.

 

Gianluca, sta facendo scalpore e diventata virale, una lettera istituzionale che il Conservatorio di Cagliari, nella tua figura di presidente e quella del Direttore Elisabetta Porrà, ha inviato idealmente al Comune di Cagliari, che cosa è successo? In fondo solo una settimana fa a Cagliari si attendeva spasmodicamente il risultato della candidatura a capitale europea della cultura?

 

La Commissione Pari Opportunità ha organizzato una giornata contro la violenza sulle donne e che, per tale occasione, ha fatto emanare, dalla dirigente comunale competente, una determina per la collaborazione con "artisti e artigiani senza oneri del comune", cioè gratis o anche peggio, visto che alcuni oneri di legge dovrebbero ricadere su artisti e artigiani.

La determina diceva anche che "in cambio dell'attività, il Comune avrebbe veicolato il nome dei partecipanti".

Insomma, il sapore era quello di un datore di lavoro rampante degli anni ottanta, di quelli che ti facevano lavorare gratis "così ti fai conoscere".
È successo che io, presidente, e Elisabetta Porrà, direttore, abbiamo fatto uscire una posizione ufficiale della nostra istituzione Conservatorio di Cagliari dove stigmatizzavamo che una amministrazione pubblica potesse ufficialmente considerare il lavoro degli artisti come oggetto di baratto "in cambio di visibilità".

Lo abbiamo fatto perché tale richiesta non sarebbe mai stata formulata se, anziché di artisti, si fosse trattato di dentisti, architetti o di altri professionisti.

Dal nostro Conservatorio escono per immettersi nel mercato mondiale del professionismo artistico e musicale, tanti allievi ogni anno e nei loro confronti sentiamo il dovere di difendere il ruolo dell'artista nella società.

Il senso del nostro intervento è stato quello di sottolineare come, anche in una Amministrazione a noi vicina, si può cadere vittime della vulgata che vede gli artisti non come professionisti ma come persone da poter utilizzare gratis "in cambio di visibilità".

 

Quello che turba in questa vicenda è il fatto che due istituzioni simbolo della città, come il Comune e il Conservatorio entrino in aperto e dichiarato conflitto, il fatto ha una sua gravità e mi sembra un inedito assoluto (non solo in Italia), come si è potuto arrivare a tanto? Il problema è realmente costituito solo dal bando o si vuole porre più in generale l'attenzione, su una scarsa attenzione nei confronti dei linguaggi dell'arte e della cultura radicata nel proprio territorio, da parte di questa amministrazione?

 No. Il Conservatorio e il Comune non sono in conflitto fra loro.

Sono convinto che questa storia sia nata dalla Commissione Pari Opportunità senza interpellare né sindaco né assessore alla cultura.

Quindi non è nostra intenzione aprire una vertenza su ampia scala, ma limitarci a stigmatizzare questo "passo falso" e magari contribuire a correggerlo.

Per quanto riguarda la scarsa attenzione verso la cultura in generale, credo si tratti di un problema nazionale, non certo a carattere solo locale.

Gli amministratori sono persone che vivono nel nostro tempo e assorbono dal nostro tempo le istanze e le urgenze, e sono oramai decenni che la cultura artistica e delle performing arts è vista in Italia come hobbistica e riservata a momenti di diletto. C'è da fare molto, nel nostro Paese.

Non solo nelle Amministrazioni Comunali.

 

Un passaggio colpisce in particolare modo nella vostra lettera, quello dove si compara la figura del libero professionista architetto e/o ingegnere agli artisti che il conservatorio forma, la metafora, presumo sia figlia anche di una città trasformata urbanisticamente in un cantiere a cielo aperto che un reale laboratorio per l'arte e la cultura non lo è mai stata e che forse in tal senso non si è mai ancora progettata o rappresentata, esagero?

Parlando da cagliaritano, mi piace pensare che, dopo tanta attenzione per le infrastrutture, adesso si possa finalmente aprire i cantieri della cultura. Intendo dei veri cantieri: mi piacerebbe riportare il Festival Jazz a Cagliari, dopo che è stato costretto a andarsene via, mi piacerebbe che si aprisse un cantiere internazionale di scienze architettoniche e ingegnieristiche, sulla traccia del FestArch che ci siamo lasciati sfuggire, mi piacerebbe che si riportassero in città le esperienze e le competenze di coloro che hanno fatto grande la Cagliari dell'arte e della cultura a cavallo degli anni ottanta e novanta.

Possiamo certo crescere se solo iniziamo a pensare ai professionisti delle arti e della cultura come delle risorse da utilizzare, e non come questuanti o come dei nullafacenti privilegiati.
Matera ci ha insegnato quello che ci mancava:

Fare di Cagliari un vero laboratorio di progettazione al quale tutto il territorio poteva partecipare e partecipava davvero. A Matera, la notte della nomina della capitale della cultura europea c'erano in piazza diecimila persone.

Un sesto dei suoi abitanti. Questo è il segno del livello di partecipazione e di coinvolgimento del quale una città ha bisogno, se vuole progettare il suo ruolo culturale futuro.

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Mimmo Di Caterino

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