L'artista che si mangia la sua anca per farci riflettere.

Lui è un artista norvegese di solo 25 anni, ma con un suo progetto per una scuola d'arte, si è ritrovato in prima pagina su Time, Huffington Post, Indipendent, Mirror, Telegraph e Die Welt, quasi in contemporanea.

Non c'è riuscito tramite i classici canali del sistema dell'arte, allineati al gusto di mercato imposto e determinato dalle case d'aste; ma la sua marcia in più è stata l'idea di mangiare un pezzo del proprio corpo.

L'autore di questa operazione al confine tra il primitivo rituale apotropaico e l'arteterapia è Alexander Selvik Wengshoel, la sua è stata una vita determinata dalla sua deformazione all'anca; dolore, carrozzina e morfina, quattro anni fa la proposta di rimpiazzare l'anca malformata con una protesi metallica.

Lui, artista con una interconnessione permanente tra l'arte e la vita come operazione artistica, ha filmato tutta l'operazione e conservato l'osso malformato, che al termine dell'operazione ha poi mangiato la carne attaccata all'osso con patate al gratin e del buon vino.

" Ho pianto per alcuni minuti, ma poi all'improvviso mi è sembrata una cosa molto naturale e ho smesso di pensare che stavo mangiando carne umana. Così ho continuato a far bollire l'osso e a staccarne la carne. Ho tirato fuori del chili e dell'aglio e l'ho passata in padella. Ho aggiunto un po' di sale e pepe e ho tirato fuori una bottiglia di buon vino. Poi ho acceso delle candele e preparato delle patate al gratin. Alla fine mi sono seduto e ho mangiato tutto quanto—era diventata una sorta di cerimonia, un rituale. Per me quello che ho fatto non è cannibalismo. Il cannibalismo si basa sull'idea di uccidere qualcuno per mangiarlo, spesso crudo. Preferisco paragonare ciò che ho fatto all'atto di mangiare la propria placenta dopo aver partorito. È parte del tuo corpo. Puoi chiamarlo cannibalismo se vuoi, ma non penso sia la stessa cosa. 

Il sostegno che ho ricevuto da ogni parte del mondo è stato incredibile. Molti erano curiosi, altri disgustati. Ma penso che questi ultimi non abbiano capito il mio progetto. Non l'ho fatto per ricevere attenzione. Questa è la mia storia, e non voglio che nessuno provi compassione per me. La mia vita è bellissima. Sono felice e sorrido sempre.

Il mio obiettivo è far riflettere gli spettatori. La vita è breve e le persone sono abituate a fuggire dal dolore. Prendono gli antidolorifici perché si tagliano con la carta. Il dolore non è un fatto fisico—è una cosa mentale, e puoi imparare a gestirlo. Non dev'essere per forza una cosa negativa. Tutto ciò che voglio è che il pubblico rifletta su cos'è la vita e su cosa significa per noi il nostro corpo. Per l'anno prossimo ho in mente di trasferirmi in Italia e aprire una galleria d'arte specializzata in body art. Per il futuro, non so. Anche i miei tatuaggi fanno parte di The Body Project. Voglio ricoprirmi di tatuaggi, e quando morirò non voglio essere cremato: voglio che il mio cadavere venga scuoiato e che la pelle venga tesa come una tela. Voglio che il mio corpo venga trasformato in una sorta di scultura. Con la mia anca in una mano e i pantaloni slacciati, così che si veda la protesi di titanio. Sarà la mia ultima opera. Ne sto parlando con varie persone, in Germania e in Polonia. Si tratta di un procedimento molto costoso, ma che cazzo—voglio sacrificare tutta la mia vita all'altare dell'arte. Non ho altro che il mio corpo e le mie storie". 

Alexander Selvik Wengshoel

Cosa posso aggiungere? Che delle volte ho la sensazione che degli artisti, piuttosto che vivere e ricercare la propria essenza di vita attraverso i linguaggi dell'arte, antepongano la spettacolarizzazione mediatica del sé e del proprio vissuto, fino a deformare il loro linguaggio artistico e farne la loro vita; questo tipo di processo che seduce i media e allontana dalla comprensione del fare arte contemporanea, non mi seduce e lo trovo così personalistico da finire, per non avere nulla in comune con l'intimismo, la melanconia e la perseveranza; che realmente determina simbolicamente un codice linguistico e una propria grammatica del fare arte; l'arte è uno dei tanti ingredienti della complessità della vita, ma non è esclusivamente la vita, senza vita non c'è arte e viceversa, in casi come questo, non so dire se queste operazioni siano arte e neanche se siano realmente vita. Non si elimina il proprio dolore mangiandone la causa, ma ci si può convivere rappresentandoselo e ironizzandolo, ma so che Alexander non è d'accordo con me, non abbiamo gli stessi riferimenti culturali, i suoi artisti di riferimento non sono i miei, sentite un pochino come è nata la sua idea, non ci crederete, ma durante un laboratorio di animazione dove si studiava arte contemporanea, forse senza una giusta critica ludica e con troppa enfasi, quando si dice il valore delle istituzioni culturali:

"Nel 2010, quando studiavo animazione. Il mio professore mi aveva mostrato le opere di Hermann Nitsch fatte con il sangue, mi hanno ipnotizzato e ispirato. In più, il sangue mi affascina. Più o meno in quel periodo ho ricevuto la notizia che avrei subito l'ultima operazione all'anca. L'operazione avrebbe liberato la mia vita dal dolore e l'avrebbe resa vivibile. Il professore diceva che la mia storia era molto forte, e che non era fatta per essere documentata e usata in ambito artistico. È stato allora che ho avuto l'idea di filmare l'operazione e di portarmi a casa l'osso estratto". 

Mimmo Di Caterino

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