È chiaro che il “Ritratto di Musico”, custodito alla Pinacoteca Ambrosiana, sia la riproduzione di un viso maschile e appare lezioso chiedersi se davvero d’un essere umano si tratta, ma possiamo chiederci cosa volesse ritrarre Leonardo: difatti quasi subito ci si accorge che sia lo sguardo quanto l’espressione del volto in generale non sembrano rispondere a stimoli reali, il distacco eccede, si fa perfezione. Proprio perché gli riesce bene rispondere alla geometria data dal chiaroscuro, ed al numero che permette ( e premette) ogni geometria, non può sfuggirci come il soggetto guardando altrove sembri non guardar nulla, ma con una pienezza ed un concerto totale d’emozioni che in questo nulla pare esserci un invidiabile tutto.
Che la figura dipinta sulla tela oltrepassi la natura del modello è alla fine la cifra costante di Leonardo pittore, la natura è per lui la pietra sulla quale costruire tutta l’ingegneria della perfezione: il soggetto finale è un insieme che nella più aderente e sviscerata verosomiglianza non ha più alcunché di umano, non è qui il suo mondo.
Come che sia ora ci viene reso un musicista, uno che suona, o almeno così la pensano gli studiosi dato che afferra, con mani dipinte poi, uno spartito musicale. Pur rapito nel suo universo di perfezione, nella sua sovra-natura, al Musico è stato dato il compito di eseguire un pezzo e, visto che strumenti non ne imbraccia, attende ancora oggi con il cartiglio davanti a se. Che sia giunta l'ora di chiedergli d'ascoltare davvero qualcosa, magari la melodia che più desideriamo? Perchè no, ma possiamo star certi che se mai attaccasse le prime note non lo vedremmo certo sussultare dal torpore della sua dammar, resterebbe lì con quello sguardo, dato che la sua essenza è altrove.
Solo un pedante, invece di dargli il comando, chiederà dov’è la sua anima. Si chiede dov’è l’anima all’ iPod? Non si è tenuti neanche a sapere com'è fatto a dircela tutta, al massimo tenere lo scontrino, per garanzia.
E allora diamogli lo spartito che ci aggrada affinché suoni, il Musico di Leonardo, che ci dia la parvenza di pace delle alte sfere o la perfezione di quei mondi verso cui volge il suo sguardo, pace e perfezione impossibili da vivere quaggiù, ridotte per noi mortali a prurito, a tentativo di fuga dal quel nonsense al fondo dell’esistenza: ascoltalo suonare quando "il mondo ti confonde, non lo capisci più, se nulla ti soddisfa, ti annoi sempre più”.
Vorremmo ma si sa, non possiamo seguirlo là dove sta guardando, non in questa vita, qui possiamo tenercelo accanto e adoperarlo come farebbe Alberto Camerini con il suo Rock‘n’Roll Robot.