Che cosa dire di un libro che contiene già in sé la sua recensione? In La sposa giovane, Baricco si permette ogni tipo di virtuosismo stilistico e “narratologico” per poi annotarlo con ferrata, quasi baldanzosa, consapevolezza, nel quadro di una cornice metaletteraria.
Per leggere questo romanzo bisogna allora lasciarsi andare all’ascolto, non tentare di tenere il filo. “C’era una volta” una Sposa giovane, giunta dall’Argentina per unirsi al suo promesso; il Figlio però non c’è, e la Famiglia accoglie la Sposa giovane, in attesa del suo ritorno. Il tempo trascorre all’insegna di curiose ritualità e inattese rivelazioni: ogni componente della Famiglia custodisce un’identità eccezionale.
La detta storia tuttavia non ha di per sé importanza, si rivela subito come pretesto affabulatorio e terapeutico. Il libro è piuttosto un lungo monologo dello scrittore Baricco che dà prova della propria raffinata abilità narrativa, per, a sua volta, riflettere sul rapporto che s’instaura tra vita e penna.
Il racconto della Sposa giovane procede allora ondeggiante, seguendo le “bizze” dell’autore che lo strapazza a suo piacimento: indici, digressioni, improvvisi mutamenti della voce narrante (addirittura all’interno della stessa frase), ripetute interruzioni della narrazione per far spazio alla voce dello scrittore. Ciò nonostante la favola non perde d’incanto.
Il maggiordomo Modesto, ineccepibile e composto nel suo ruolo di vestale, il Padre, la Madre, la Figlia e lo Zio, a cui è affidata, nelle ultime pagine del romanzo, quasi in forma di morale, la singolare teoria del “tradimento delle cose”, di sapore vagamente nabokoviano. E naturalmente la Sposa giovane, contemporaneamente spettatrice ed attante, tenace e risoluta nell’assolvimento del proprio destino.
Con stile impeccabile Baricco dipinge i suoi personaggi, emblematici e favolosi nelle loro solenni stravaganze e ci regala il prodigio di una fiaba il cui significato ultimo appare unicamente riposto nell’esercizio di stile, ma, nel contempo, piena di fascino e poesia.