La vitalità di Oscar Wilde

La Bellezza è l'unica cosa contro cui la forza del tempo sia vana. Le filosofie si disgregano come la sabbia, le credenze si succedono l'una sull'altra, ma ciò che è bello è una gioia per tutte le stagioni, ed un possesso per tutta l'eternità. 

 

Questo aforisma di Oscar Wilde (1854-1900), il re degli aforismi e dei paradossi, rivela pienamente la mentalità del suo autore. Wilde, irlandese di Dublino (allora l’Irlanda era sotto la corona inglese), crebbe in una famiglia culturalmente molto preparata. Il padre William era un noto oftalmologo, fondatore di un ospedale. La madre Jane era un’apprezzata poetessa. Wilde, dopo gli studi a casa sino ai 9 anni, frequentò corsi regolari – non senza fatica per via del suo carattere ribelle – eccellendo nella conoscenza dei lirici greci. I suoi insegnanti affermavano che il ragazzo aveva una intelligenza prodigiosa, ma che non stava per niente alle regole.

Oscar Wilde cominciò a scrivere poesie giovanissimo. Allo stesso tempo iniziò a tenere conferenze. Era apprezzato per la sua brillantezza e la per sua acutezza di giudizio. Diventerà presto un collaboratore di riviste culturali, recensendo specialmente le nuove opere poetiche. Ma anche qui non aveva alcun rispetto per le regole redazionali. Sarà così per tutto l’arco della sua vita: genio e sregolatezza.

Va detto che l’elevazione a genialità avveniva allora con una certa disinvoltura. Il momento era critico per la cultura a causa dell’avanzamento implacabile dell’industria. Si succedevano in continuazione rivoluzioni industriali, particolarmente in Inghilterra. L’industrialismo pareva imbattibile. Le stesse crisi bancarie, causate dalla superproduzione, venivano superate con ingegnerie finanziarie, a dimostrazione della infallibilità del materialismo. Persino la crisi all’inizio della Belle Epoque, che pareva decretare la fine del capitalismo, fu sventata con un sovrappiù di fantasia da parte della finanza, ormai padrona del sistema.

Tutto ciò significava che c’era poco spazio per la produzione spirituale e quindi che quel poco spazio doveva essere riempito a dovere, per evitare la caduta verticale dello spirito. Questa caduta era minacciata dal fenomeno denominato “Decadentismo”, termine che suggerisce una resa da parte degli intellettuali alla protervia materiale. Contro questo suggerimento, si moltiplicavano ovunque in Europa reazioni che volevano essere significative, che intendevano opporsi al corso delle cose. Nasce da qui il genio ottocentesco, sorge da qui il titano, il Prometeo moderno.

Oscar Wilde ha scritto moltissimo: commedie, poesie, saggi, aforismi (mai da lui riuniti in volume), dimostrando la sua bravura nella scioltezza del linguaggio e nella semplicità delle storie, sostenute però da una particolare brillantezza e arguzia. La riuscita pare dovuta all’esigenza da parte dell’autore di comporre divertendosi, riuscendo a trasmettere questa gioia – che è gioia di vita interpretata – al fruitore, nel rispetto di un estetismo personalizzato, così come predicava il suo mentore Walter Pater, guru del concetto “l’arte per l’arte” (in pratica una creazione che aveva lo scopo di farsi ammirare per forza, esaltando così la bellezza del comporre e di perdersi, per così dire, nella contemplazione relativa).

Chiaro che l’estetismo di Pater intendeva liberare le forze intellettuali e sentimentali emarginate dalla civiltà industriale (anche se poi quest’ultima riuscirà a commercializzare, in maniera per lo più grossolana,  anche l’arte) : ritroveremo le sue idee nel Simbolismo, movimento al quale lo stesso Wilde appartiene in modo particolarmente vivo. A questo punto, siamo alla vivacità incontenibile del personaggio, siamo alla sua voglia di vivere nel timore che il tempo passi su di lui. Da qui la sua esistenza irrequieta, il suo vagare da Londra a Parigi, a Roma, di nuovo a Londra, di nuovo a Parigi, sempre alla ricerca di soldi, di tanti soldi, per soddisfare la sua fame di vita. Wilde si dimostra inaffidabile. Non mette la testa a posto neppure dopo il matrimonio con la paziente e dolce Constance Lloyd, neppure dopo la nascita di due figli.

La sua irrequietezza, la sua incontentabilità lo portano ad esaltare l’irrazionalità, l’istinto: Wilde raccatta amanti femminili e maschili (specie i secondi) per poi pentirsene (dirà: “Non avrei fatto così se mio padre avesse accettato che divenissi cattolico”). Lo scrittore verrà scoperto e condannato a due anni per omosessualità: sarà l’inizio della sua fine. La vita gli sfuggirà di mano, il suo talento si spegnerà, egli sarà vittima di se stesso, del suo dandismo, della sua titanicità esteriore, nominale, della sua figura sopra le righe alla quale (come sarà per D’Annunzio) tutto deve essere concesso. Un autoinganno che gli costerà caro. Wilde morirà a soli 46 anni, probabilmente per un otite non diagnosticata a tempo, aggravata dalla sifilide. Inoltre, fumo, alcol, oppio l’avevano debilitato da tempo.  

Fra i molti testi, due appaiono emblematici per quanto riguarda il suo modo di pensare e di scrivere (le due cose, nel suo caso, non vanno di pari passi: la seconda prevale infatti sulla prima, non potendo, Wilde, esimersi dall’estetica e dall’incisività della parola): il romanzo “Il ritratto di Dorian Gray” e la commedia “L’importanza di chiamarsi Ernesto”. Il romanzo, in origine brevissimo (fu arricchito su insistenza dell’editore e semi-rovinato), rispecchia il timore dell’invecchiamento, ovvero della propria nullificazione, e si conclude in tragedia. È una tragedia annunciata che sino all’ultimo viene tenuta in sospeso, come per un colpo di magia che pare poter funzionare eternamente (un’illusione di cui, infine,. Wilde si capacita). La commedia, piena di equivoci condotti con notevole abilità, mette alla berlina il perbenismo vittoriano pur non condannando del tutto la forma. Wilde è in fondo un  conservatore, ma si picca di esserlo in maniera illuminata.

Oscar Wilde s’impone nelle composizioni brevi, gli aforismi appunto, dove la profondità di pensiero è risolta con sentenze eleganti e pungenti, frutto di un’intelligenza per così dire immediata e immediatamente completa: preambolo, sviluppo e morale. Wilde le coordina alla perfezione, invitandoci garbatamente, quanto fermamente, a riflettere sui nostri atteggiamenti e comportamenti, spingendoci a vivere con maggiore consapevolezza e dignità intellettuale.

 

      

Dario Lodi

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